Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10071 del 26/02/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10071 Anno 2016
Presidente: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LO SCHIAVO MARCO N. IL 16/06/1974
avverso l’ordinanza n. 261/2014 TRIBUNALE di TERAMO, del
17/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;
Data Udienza: 26/02/2016
RILEVATO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Teramo, quale giudice
dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da Marco Loschiavo, finalizzata a
ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen., in relazione alle sei sentenze irrevocabili presupposte, ritenendo
ostative all’applicazione della continuazione invocata l’eterogeneità delle
condotte illecite commesse dal condannato, l’ampiezza dell’arco temporale
tossicod i pendenza .
Avverso questa ordinanza il Loschiavo ricorreva personalmente per
cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva
tenuto conto della correlazione tipologica e temporale dei fatti illeciti valutati
dalle sentenze presupposte e della condizione di tossicodipendente del
ricorrente, attestata, in tempi diversi, dai SE.R.T. di Teramo e di Giulianova.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, risultando fondato su motivi manifestamente
infondati.
Occorre, innanzitutto, esaminare le censure inerenti alla dedotta
continuazione, rilevando che il ricorso proposto nell’interesse del Lo Schiavo, più
che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a
censura giurisdizionale, tende a provocare una nuova, non consentita,
valutazione delle circostanze di fatto già correttamente vagliate dal Tribunale di
Teramo.
L’ordinanza impugnata, invero, ha correttamente valutato il contenuto delle
condotte illecite presupposte, escludendo che tali reati si connotassero per
l’unitarietà del programma sottostante che non deve essere confuso con la
sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine, anche tenuto conto
del fatto che le numerose attività illecite di cui si assumeva la continuazione
erano palesemente eterogenee e non riconducibili, neppure astrattamente, a una
preordinazione criminosa, tenuto conto dell’eterogeneità delle condotte
delittuose presupposte – tra l’altro comprendenti i reati di furto, invasione di
edifici, spaccio di sostanze stupefacenti – e dell’ampiezza dell’arco temporale
pluriennale considerato, compreso tra il 2005 e il 2010.
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esaminato e l’assenza di elementi sintomatici e unificanti della sua condizione di
A tutto questo occorre aggiungere che la reiterazione della condotta
criminosa non può essere espressione di un programma di vita improntata al
crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento, venendo sanzionata da
istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a
delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso
all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (cfr. Sez. 5, n. 10917 del
12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950).
Il giudice dell’esecuzione, infine, valutava correttamente la condizione di
prodotte le certificazioni rilasciate dai SE.R.T. di Teramo e Giulianova. Si
evidenziava, in particolare, che i reati presupposti, per le modalità esecutive, non
potevano ritenersi espressione di un disegno criminoso unitario e influenzato da
tale condizione soggettiva, in assenza di elementi concreti e specifici,
esprimendo un giudizio che appare rispettoso dei parametri giurisprudenziali
elaborati da questa Corte, rispetto ai quali le certificazioni prodotte risultavano
connotate da genericità (cfr. Sez. 5, n. 10797 del 19/03/2010, Riolfo, Rv.
246373).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da Marco Loschiavo deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 26 febbraio 2016.
tossicodipendenza dedotta dal Loschiavo, in relazione alla quale venivano