Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10061 del 26/02/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 10061 Anno 2016
Presidente: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIELE ANTONIO N. IL 09/06/1973
avverso l’ordinanza n. 1023/2015 GIUD. SORVEGLIANZA di
ALESSANDRIA, del 23/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;

Data Udienza: 26/02/2016

RILEVATO IN FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe il Magistrato di sorveglianza di Alessandria
rigettava l’impugnazione avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di
sorveglianza di Alessandria, con cui era stata rigettata l’istanza formulata da
Antonio Viele tendente a ottenere la remissione del debito inerente alle spese
processuali ammontante a complessivi 61.978,34 euro, sul presupposto della sua
condizione economica.

cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla
ritenuta insussistenza dei presupposti applicativi della remissione del debito
richiesta, che erano stati valutati dal Magistrato di sorveglianza di Alessandria
con un percorso motivazionale contraddittorio e manifestamente illogico, che non
teneva conto delle conseguenze economiche che l’eventuale adempimento del
debito erariale avrebbe comportato per il condannato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile, essendo fondato su motivi manifestamente
infondati.
Deve, in proposito, rilevarsi che il controllo affidato al giudice di legittimità è
esteso, oltre che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e
processuale, ai vizi della motivazione, nel cui ambito devono ricondursi tutti i
casi in cui la motivazione risulti priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente, ovvero
assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice
di merito, ovvero fondata su percorsi argomentativi talmente scoordinati e
carenti dei necessari passaggi valutativi da fare rimanere oscure le ragioni che
hanno giustificato la decisione.
Alla luce di tali parametri ermeneutici, questa Corte osserva che il ricorso
del Viele, pur denunciando formalmente anche il vizio di violazione di legge, non
individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura
giurisdizionale, ma tende in realtà a provocare una nuova e non consentita
valutazione del merito dei presupposti per la concessione della remissione del
debito richiesta.
L’ordinanza impugnata, peraltro, ha correttamente valutato gli elementi
risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione
della legge penale e processuale, evidenziando che le risorse finanziarie del Viele
– tra le quali si richiamava il reddito annuo di 26.677,00 euro percepito quale
2

Avverso tale ordinanza il Viele, a mezzo del suo difensore, ricorreva per

dipendente della “Centrale del latte di Alessandria e Asti s.p.a.” – non
consentivano di ritenerlo in uno stato di in uno stato di disagio economico
legittimante la remissìone del debito richiesta, anche in considerazione del fatto
che viveva con i genitori e non versava un canone di locazione abitativa, nei
termini correttamente esplicitati nelle pagine 1 e 2 del provvedimento
impugnato.
Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Antonio Viele deve
essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al

versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 1.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00 euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 26 febbraio 2016.

pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al

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