Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10023 del 27/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 10023 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PALMA GIUSEPPE N. IL 06/01/1964
avverso la sentenza n. 541/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
08/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Napoli ha confermato, quanto alla responsabilità penale,
la sentenza del Tribunale di Napoli, con la quale l’imputato era stato condannato alla
pena di due anni e due mesi di reclusione ed euro 2.800,00 di multa, per i reati di cui
agli artt. 171-ter, comma 1, lettere b) e c), comma 2, della legge n. 633 del 1941, 648
cod. pen., per avere messo in commercio sulla pubblica via 121 CD musicali, 9 DVD
cinematografici, 19 DVD per playstation contenenti opere protette da diritto d’autore,

terzi tali supporti abusivamente duplicati al fine di trarne profitto. La Corte territoriale
ha diminuito la pena ad un anno di reclusione ed euro 200,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, in primo luogo, la manifesta illogicità della motivazione, sul
rilievo che la Corte d’appello avrebbe testualmente affermato: «per quanto riguarda il
diritto di cui al capo a) […], osserva la Corte che le censure difensive siano meritevoli
di integrale accoglimento». La stessa Corte non avrebbe però tratto da tale affermazione
la logica conseguenza, avendo confermato la condanna di primo grado anche quanto al
reato di cui al capo a), riferito alla messa in vendita di supporti illecitamente riprodotti.
Con un secondo motivo di doglianza, si lamenta che l’abusiva duplicazione dei
supporti sarebbe stata desunta dalla sola mancanza del contrassegno Siae sugli stessi,
in assenza di puntuali verifiche sul loro contenuto. Lamenta, di conseguenza, la mancata
applicazione alla fattispecie della sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia delle
Comunità europee.
Con un terzo motivo di doglianza, la difesa sostiene che, venendo meno il reato
presupposto, dovrebbe essere ritenuta non sussistente anche la ricettazione. Si
deducono, inoltre, vizi della motivazione quanto alla prova della ricezione da terzi dei
supporti in ipotesi abusivamente riprodotti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
3.1. – Il primo motivo di doglianza è formulato in modo specifico. Dalla lettura
della sentenza impugnata non emerge affatto che la Corte d’appello abbia inteso
ritenere insussistente il reato di cui al capo a), avendo questa semplicemente affermato
che le censure difensive relative a tale capo erano meritevoli di accoglimento ed avendo
anzi precisato, nell’ambito dello stesso passaggio motivazionale, che vi era stato un
esame a campione dei supporti sequestrati, da cui era emerso che questi erano
abusivamente duplicati. Del resto, la difesa del ricorrente non indica neanche con il

abusivamente duplicati, in numero superiore a cinquanta, nonché per avere ricevuto da

ricorso per cassazione quale fosse il contenuto della doglianza che era stata mossa con
l’appello relativamente al capo a) dell’imputazione; con la conseguenza che questa
Corte non è messa in grado di sindacare compiutamente la tenuta logica della
motivazione della sentenza impugnata sul punto.
Il secondo motivo è manifestamente infondato. La condotta contestata nel caso
di specie è quella di cui all’art. 171-ter, comma 1, lettera c), della legge n. 633 del
1941, avendo rilievo non già la semplice mancanza, sui supporti trovati in possesso

«abusivamente riprodotti». Sui profili di fatto di tale abusiva riproduzione la difesa nulla
ha dedotto di specifico, al fine di contrastare la motivazione della sentenza impugnata,
nella quale si dà conto del fatto che i supporti in questione erano stati verificati a
campione. Non trova, dunque, applicazione la sentenza della Corte di giustizia europea
dell’8 novembre 2007 (Schwibbert), in forza della quale la semplice mancanza del
contrassegno Siae non può essere ritenuta sufficiente a integrare l’illecito penale. Nel
caso in esame, infatti, si controverte dell’abusiva duplicazione dei supporti sequestrati.
3.2. – Manifestamente infondato è, di conseguenza, anche il terzo motivo di
doglianza, perché lo stesso si basa sul dato, smentito dagli atti, dell’insussistenza del
reato presupposto. Quanto, poi, alla doglianza relativa alla prova della ricezione da terzi
dei supporti, la stessa risulta formulata in modo generico, in mancanza di qualsivoglia
deduzione, sia nell’atto d’appello sia nel ricorso per cassazione, relativamente alla
abusiva riproduzione in proprio dei supporti sequestrati e all’effettivo possesso
dell’attrezzatura necessaria da parte dell’imputato.
4. – Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

dell’imputato, del prescritto contrassegno Síae, ma il fatto che i supporti stessi fossero

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