Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10012 del 27/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 10012 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ZAGHDOUDI IMAD N. IL 13/08/1973
avverso la sentenza n. 3167/2014 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 16/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata nel giudizio di rinvio scaturito dalla sentenza della
Corte di cassazione, sez. 4, 18 giugno 2014, n. 29772, la Corte d’appello di Bologna ha
confermato, quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Gip del Tribunale di Forlì
del 9 maggio 2012, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato
condannato, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per
cessione di eroina; configurata l’ipotesi come circostanza attenuante, equivalente alla

fattispecie di cui al comma 5 richiamato come reato autonomo, ha rideterminato la pena
in un anno, un mese e dieci giorni di reclusione ed euro 2.000,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, con il quale deduce la manifesta illogicità della motivazione quanto alla
determinazione della pena, nonché la violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen.,
sul rilievo che la Corte di merito si sarebbe sensibilmente discostata dal minimo edittale,
mentre il giudice di primo grado si era, invece, attestato sul minimo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata recata una motivazione pienamente sufficiente e
logicamente coerente – e, dunque, insindacabile in sede di legittimità – circa la
determinazione della pena, perché evidenzia che la condotta è collocabile nell’ambito di
un’attività di spaccio collaudata, con modalità tipiche dei soggetti dediti a tale pratica,
quali i ripetuti contatti telefonici con gli acquirenti; evidenzia altresì che l’imputato
denota una personalità negativa, caratterizzata da precedenti penali plurimi e specifici,
sintomatici di un crescente livello di pericolosità sociale. Ed è manifestamente
insussistente la prospettata violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., perché
la fattispecie contestata, a seguito delle riforme intervenute, dapprima con il d.l. n. 146
del 2013, convertito dalla legge n. 10 del 2014, e poi con il d.l. n. 36 del 2014, convertito
dalla legge n. 79 del 2014, da circostanza attenuante che era, è divenuta reato
autonomo e comprende in sé sia le ipotesi, evidentemente meno gravi, riferibili a droghe
leggere, sia quelle, più gravi, riferiti alle droghe pesanti. Trattandosi di fattispecie
autonoma, viene anche meno l’esigenza di un suo bilanciamento con la recidiva. Ne
consegue, quanto al caso di specie, che la pena base di un anno di reclusione ed euro
1800,00 di multa, che peraltro si discosta di poco dal minimo edittale, risulta giustificata
proprio per la natura dello stupefacente. Essa risulta, comunque, di gran lunga inferiore

recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale. La Corte d’appello, configurata la

a quella di sei anni di reclusione ed euro 27.000,00 di multa di cui alla sentenza di primo
grado.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.

in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,

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