Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10008 del 27/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 10008 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PESTRICHELLA FRANCESCO N. IL 13/01/1948
avverso la sentenza n. 135/2013 CORTE APPELLO di BARI, del
06/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Bari ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale
dì Bari, con la quale – per quanto qui rileva – l’imputato odierno ricorrente era stato
condannato, riconosciuta la continuazione, alla pena di mesi nove di arresto ed euro
18.000,00 di ammenda, per i seguenti reati: a) art. 44, comma 1, lettera b) , del d.P.R.
n. 380 del 2001 per avere, in qualità di proprietario e committente, realizzato senza il
permesso di costruire un edificio formato da un piano seminterrato e un piano rialzato

d.P.R. n. 380 del 2001, per avere edificato il manufatto senza il progetto esecutivo
redatto da un tecnico abilitato; d) artt. 64 e 71 del d.P.R. n. 380 del 2001, per avere
costruito il manufatto senza la direzione dei lavori affidata a un tecnico abilitato (il 16
aprile 2009). La Corte d’appello ha assolto l’imputato dal reato di cui al capo b) e ha
rideterminato la pena per le residue imputazioni, previa concessione delle circostanze
attenuanti generiche, in mesi cinque di arresto ed euro 11.000,00 di ammenda,
confermando nel resto la sentenza impugnata.
2.

— L’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione,

deducendo, in primo luogo, la nullità della sentenza per l’omessa citazione dell’imputato
stesso nel giudizio di primo grado, sul rilievo che il decreto di citazione a giudizio sarebbe
stato notificato al difensore d’ufficio e che l’imputato avrebbe comunque avuto
conoscenza del procedimento, ma solo con la comunicazione successiva inviata alla
moglie.
In secondo luogo, si deduce l’erronea applicazione dell’articolo 81 cod. pen., sul
rilievo che l’imputato avrebbe dovuto essere condannato per il solo fatto dì cui al capo
a), avendo violato un solo precetto penale e, comunque, in mancanza dell’elemento
soggettivo.
In terzo luogo, si lamenta il mancato accertamento dell’intervenuta prescrizione
dei reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
La prima censura è inammissibile, in quanto non proposta in primo grado né in
grado di appello, ma solo con il ricorso per cassazione. Si tratta, infatti, di questione di
nullità della notificazione, che deve considerarsi preclusa se non è dedotta
tempestivamente, in quanto essa è soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184,
comma 1, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui
all’art. 182, oltre che ai termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen

(ex

in cemento armato; b) artt. 65 e 72 del d.P.R. n. 380 del 2001; c) artt. 64 e 71 del

plurimis, sez. 4, 1° aprile 2015, n. 18098, rv. 263753; sez. 3, 18 luglio 2014, n. 44880,
rv. 260606).
Il secondo motivo di doglianza è manifestamente infondato, perché i precetti
penali delle disposizioni incriminatrici sono distinti e lo stesso imputato non ha
sostanzialmente contestato di averli violati, essendosi limitato a generiche asserzioni
circa la pretesa mancanza del dolo.
Né può essere in questa sede dichiarata la prescrizione dei reati, che sarebbe

un ricorso inammissibile, quale quello in esame, trova infatti applicazione il principio,
costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità
di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen.,
ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione,
anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente
il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n.
42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

maturata, dopo la pronuncia della sentenza d’appello, il 16 aprile 2009. In presenza di

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA