Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 10006 del 27/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 10006 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TOSKA ARTUR N. IL 21/06/1976
avverso la sentenza n. 1726/2014 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
03/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 27/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 3 ottobre 2014, la Corte d’appello di Brescia ha confermato,
quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Tribunale di Brescia del 13 febbraio
2014, emessa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato era stato
condannato alla pena di due anni di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, concesse le
circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza, per il reato di cui agli artt.
81, secondo comma, cod. pen., 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per

La Corte distrettuale, preso atto delle modifiche alla disposizione incriminatrice
introdotte dalla legge di conversione n. 79 del 2014 del decreto-legge n. 36 del 2014,
ha rideterminato la pena in un anno, sette mesi e dieci giorni di reclusione ed euro
4.000,00 di multa.
2. – Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, lamentando la mancanza di motivazione quanto alla disapplicazione della
recidiva e al riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza formulata in modo
non specifico. La difesa non prende in considerazione, neanche a fini di critica, la
motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi a mere asserzioni circa la
modestia del fatto e circa il buon comportamento processuale.
In ogni caso, la la sentenza risulta coerentemente e correttamente motivata,
perché evidenzia che la recidiva non può essere esclusa e le circostanze attenuanti
generiche non possono essere ritenute prevalenti, trattandosi di un soggetto irregolare
sul territorio italiano, gravato da numerosi precedenti specifici, che svolgeva l’attività di
spaccio nel domicilio nel quale aveva scontato gli arresti domiciliari per analogo reato
poco tempo prima; cosicché egli aveva sviluppato una pericolosità sociale crescente nel
tempo, non avendo tratto alcun monito dalle precedenti condanne e applicazioni di
misure cautelari, e continuando a trarre la fonte del proprio sostentamento
esclusivamente dallo spaccio di stupefacenti.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.

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detenzione e spaccio di cocaina; con la recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale.

pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2015.

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