Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9995 del 27/04/2010
Cassazione civile sez. III, 27/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 27/04/2010), n.9995
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto – Presidente –
Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 14020/2009 proposto da:
M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ALPI
30, presso lo studio dell’avvocato CAIANIELLO Salvatore, che lo
rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CONDOMINIO DI (OMISSIS);
– intimato –
avverso la sentenza n. 9518/2008 del TRIBUNALE di ROMA del 22/04/08,
depositata il 09/05/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
28/01/2010 dal Consigliere Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO
SCARDACCIONE.
Fatto
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:
“Avverso la pronunzia del Tribunale di Roma del 9/5/2008, di rigetto del gravame proposto nei confronti della pronunzia del Giudice di pace di Roma del 31/3/2005 che aveva accolto la domanda nei suoi confronti spiegata dal CONDOMINIO (OMISSIS), il sig. M.A. propone ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, con cui denunzia violazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso dovrà essere dichiarato inammissibile, avuto riguardo all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.
L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).
Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.
Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.
Cass., 11/7/2001, n. 15949).
Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal motivo di ricorso risulta nel caso formulato in termini tali da non consentire, in base alla sua sola lettura (v.
Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519;
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza che essi debbano richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064).
L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con il quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008, n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009, n. 19444).
La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Il motivo in questione si palesa pertanto privo dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo”;
atteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata al difensore della parte costituita;
rilevato che il ricorrente non ha presentato memoria nè vi è stata richiesta di audizione in Camera di consiglio;
considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;
rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella Camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;
ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;
considerato che non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010