Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9991 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 27/05/2020), n.9991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30854-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COLA DI

RIENZO 212, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO BRASCA,

rappresentato e difeso dall’avvocato NAZZARENO LATASSA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 893/14/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’EMILIA ROMAGNA, depositata il 27/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Emilia Romagna, che aveva dichiarato inammissibile siccome tardivo l’appello da essa proposto avverso la sentenza della CTP di Forlì, di accoglimento del ricorso proposto dal contribuente F.D., esercente attività di riparazione e sostituzione pneumatici per autoveicoli, avverso un avviso di accertamento IRPEF, IVA ed IRAP 2008.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente eccepisce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 5, e art. 38, comma 3, della L. n. 742 del 1969, art. 1, applicabile ratione temporis e dell’art. 327 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, in quanto era erronea la declaratoria di tardività e conseguente inammissibilità dell’appello dell’ufficio, atteso che era constatabile per tabulas che la spedizione dell’appello era avvenuta il 24 febbraio 2015 e quindi entro il termine di mesi 6 dalla pubblicazione della sentenza impugnata, avvenuta il 9 luglio 2014, dovendosi far riferimento, in caso di appello trasmesso a mezzo del servizio postale, al momento della spedizione del plico e dovendosi altresì tener presente che, all’epoca, i giorni di sospensione feriale erano 46;

che il contribuente si è costituito con controricorso;

che l’Agenzia delle entrate ha altresì presentato memorie;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate è fondato;

che, invero, la sentenza di primo grado era stata depositata il 9 luglio 2014 ed in assenza di sua notifica, valeva il termine lungo d’impugnazione di mesi sei, di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, e all’art. 327 c.p.c., termine al quale occorreva aggiungere giorni 46, quale termine di sospensione feriale, all’epoca vigente, prima della modifica introdotta con il D.L. n. 132 del 2014, convertito nella L. n. 162 del 2014, che ha ridotto detto periodo di sospensione dal 1 al 31 agosto e che non è applicabile alla specie in esame, valendo essa solo a decorrere dall’anno 2015;

che, pertanto, il termine d’impugnazione scadeva nella specie il 24 febbraio 2015;

che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. SS. UU. n. ri 13452 e 13453 del 2017), non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, notificati direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè in detto avviso di ricevimento la data di spedizione sia apposta dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, essendo in tal caso l’avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione;

che, nella specie in esame, la data di spedizione dell’appello, desumibile dall’avviso di ricevimento prodotto dalla ricorrente, non risulta stampigliata con modalità meccanografica ovvero con timbro datarlo, essendo stata essa apposta con mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica;

che, pertanto, la tempestività della notifica dell’appello poteva essere accertata unicamente se la ricezione del plico fosse stata certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione della sentenza (cfr. Cass. n. 13453 del 2017; Cass. n. 11559 del 2018);

che, nella specie, l’Agenzia ricorrente ha riprodotto una copia della distinta-elenco delle raccomandate consegnate all’ufficio postale il 24 febbraio 2015, la quale comprende certamente la raccomandata a.r. inviata dall’Agenzia delle entrate al contribuente F.D. ed indica altresì la data di acquisizione della medesima da parte del competente ufficio postale, data stampigliata in via meccanografica sul documento e che, ad un attento esame “de visu”, può ritenersi consistere appunto nel 24 febbraio 2015;

che, pertanto, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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