Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9990 del 15/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 9990 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: MANCINO ROSSANA

SENTENZA
sul ricorso 19820-2013 proposto da:
quale incorporante SANPAOLO IMI SPA, in persona del legale
rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA
TAMAJO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
PAOLO TOSI giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro
FILIPPONI GINA, EUTIZI MARIA TERESA, eredi di Guglielmo
Eutizi, ZARCONE CARLO, ZARCONE MARIA ANTONIETTA,
eredi di Tommaso Zarcone elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 15/05/2015

FLAMINIA 195, presso lo studio dell’avvocato SERGIO VACIRCA,
rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE FERRARO giusta
procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrenti –

RUGGIERO RAFFAELLA, RUGGIERO EMANUELA,
RUGGIERO SILVIA quali eredi di Ruggiero Antonio;
– intimate avverso la sentenza n. 3326/2012 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI del 24/05/2012, depositata il 22/08/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
12/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito l’Avvocato Luigi Fiorillo (delega avvocato Paolo Tosi) difensore
della ricorrente che si riporta agli scritti;
udito l’Avvocato Giuseppe Ferraro difensore dei controricorrenti che
si riporta agli scritti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 3326/2012 del 22 agosto 2012, la Corte di appello
di Napoli, accoglieva l’impugnazione proposta da Filipponi Gina ed altri
litisconsorti in epigrafe indicati, nei confronti della Intesa Sanpaolo
(quale incorporante della Sanpaolo IMI) S.p.A., avverso la sentenza del
Tribunale di Napoli con la quale era stata rigettata la domanda proposta
dai predetti, tutti ex dipendenti del Banco di Napoli e collocati in
quiescenza con decorrenza anteriore al 31/12/1990, intesa ad ottenere
l’incremento del trattamento pensionistico per effetto del perdurante
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-2-

nonchè contro

meccanismo perequativo aziendale di cui alla delibera dell’Istituto del
17/1/1983. La Corte di appello, in riforma della sentenza di primo
grado, condannava la Intesa San Paolo al pagamento in favore degli
originari ricorrenti delle differenze economiche sul trattamento
pensionistico per i periodi e gli importi indicati in ricorso e fino al dì del

precedente sentenza del Pretore del lavoro di Napoli, che aveva loro
riconosciuto il diritto di conservare il sistema di perequazione
automatica delle pensioni, come disciplinato anteriormente all’entrata in
vigore del d.lgs. 30/12/1992, n. 503. La suddetta sentenza era stata
confermata in grado di appello dal Tribunale di Napoli; successivamente
le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 9024/2001, avevano
cassato con rinvio la sentenza di appello, riconoscendo tuttavia il diritto
dei pensionati al mantenimento del regime perequativo aziendale, ove
cessati dal servizio prima del 31 dicembre 1990 e limitatamente al
periodo 1°.1.1994-26.7.1996. La Corte di appello di Napoli, nel giudizio
di rinvio, aveva riconosciuto il diritto dei pensionati (tra cui gli odierni
intimati o i loro danti causa) a conservare il suddetto regime perequativo
aziendale relativamente al periodo 1°.1.1994-26.7.1996, condannando
per l’effetto la Sanpaolo Imi S.p.A. (incorporante del Banco di Napoli
S.p.A.) alla corresponsione dei relativi aumenti di pensione. La
pronuncia era stata confermata da questa Corte con sentenza n. 19937
del 19 maggio 2004 – 6 ottobre 2004 (che si era limitata ad una modifica
della statuizione solo nella sola parte concernente il regime degli
accessori), con conseguente formazione del giudicato. Riteneva la Corte
territoriale, nella decisione ora impugnata, irrilevante ai fini della
regolamentazione dei rapporti tra le parti lo ius superveniens costituito
dall’art. 1 comma 55 della legge n. 243/2004 in ragione dell’intervenuto
giudicato ed escludeva, altresì, che la base di computo delle prestazioni
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-3-

decesso dei danti causa. La pretesa dei danti causa traeva titolo da una

per il periodo successivo potesse essere depurata degli incrementi
erogati in virtù del regime perequativo poi abrogato, ciò sulla base del
criterio di calcolo definitivamente accertato con riguardo agli anni
1994/1996, il cui risultato era destinato a stabilizzarsi anche per gli anni
successivi.

Antonio la Corte napoletana dava atto che le somme liquidate in
sentenza, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, erano state
effettivamente corrisposte agli aventi diritto, come documentato dalle
quietanze in atti, diversamene dagli eredi di Zarcone Tommaso e, in
conseguenza, per i primi, dichiarava cessata la materia del contendere
ma in dispositivo la declaratoria di cessazione della materia del
contendere veniva pronunciata solo nei confronti degli eredi di Eutizi,
con rigetto dell’appello nei confronti di tutti gli altri appellati.
Per la cassazione della suddetta sentenza ricorre Intesa Sanpaolo
s.p.a. (quale incorporante di Sanpaolo Imi s.p.a.), prospettando tre
motivi di ricorso.
Resistono, con controricorso Filipponi Gina, Eutizi Maria Teresa,
(quali eredi di Eutizi Guglielmo), Zarcone Carlo, Zarcone Maria
Antonietta (quali eredi di Zarcone Tommaso).
Ruggiero Raffaella, Ruggiero Emanuela, Ruggiero Silvia (quali eredi
di Ruggiero Antonio) sono rimasti intimati.
Le parti costituite hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378
cod. proc. civ..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando la
violazione degli artt. 100,329, 431 c.p.c. (art.360, n.4 c.p.c.), si duole che
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-4-

Inoltre, nei confronti degli eredi di Eutizi Guglielmo e di Ruggiero

la Corte territoriale abbia dichiarato la cessazione della materia del
contendere con riferimento agli eredi di Eutizi Guglielmo (come statuito
in motivazione e in dispositivo) e agli eredi di Ruggiero Antonio (come
peraltro statuito nella sola parte motiva della sentenza). Assume la
società che la cessazione della materia del contendere per il venir meno

da eliminare le ragioni del contrasto che hanno dato luogo al giudizio,
non può essere fondata sull’esecuzione della sentenza di primo grado,
immediatamente esecutiva, posto che la spontanea esecuzione della
sentenza di primo grado non determina alcuna acquiescenza. Osserva
inoltre che, dagli atti e documenti di causa, l’esecuzione della sentenza
risultava soltanto per gli eredi Ruggiero e non per gli eredi Eutizi e che,
per questi ultimi, aveva formulato motivo di gravame (subordinato) in
rodine all’infondatezza delle differenze perequative riconosciute anche
per il periodo successivo al decesso del dante causa.
2. Il motivo è meritevole di accoglimento nei termini di seguito
indicati.
3. La cessazione della materia del contendere costituisce una
situazione processuale della quale il giudice è investito nella definizione
della causa e, a prescindere dall’esistenza di atti dispositivi di una o di
entrambe le parti, può pronunciarsi, anche d’ufficio, quando sia
sopravvenuta una situazione riconosciuta ed ammessa dalle parti che
ne abbia eliminato le ragioni di contrasto ed abbia, perciò, fatto venire
meno, oggettivamente, la necessità della pronuncia sull’oggetto del
contendere (cfr., sul rilievo d’ufficio della cessazione della materia del
contendere, ex multis, Cass. 17815/2005).
Peraltro è necessario che la situazione sopravvenuta soddisfi in
modo pieno ed irretrattabile il diritto esercitato, così da non residuare

Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-5-

dell’interesse ad agire, e a contraddire, per la sopravvenienza di fatti tali

alcun profilo di contrasto tra le parti e alcuna utilità ad una pronuncia
di merito (v., in genere, Cass. 6909/2009).
Nella vicenda all’esame, in cui è la stessa Corte territoriale a
premettere, nello storico di lite, che il gravame della società è
incentrato, fra l’altro, sulla deduzione dell’inesistenza del diritto degli

temporale successivo al decesso del dante causa, le ragioni di contrasto
tra le parti non sono mai venute meno posto che la società, in via
subordinata, ha svolto lo specifico motivo di gravame nei termini
anzidetti (infondatezza del diritto alle differenze perequative successive
al decesso), né risulta avere rinunziato espressamente all’impugnazione
nelle forme prescritte dalla legge.
A tutto concedere, la spontanea esecuzione della pronunzia di primo
grado (anche se, per vero, la Corte parla solo di “somme
effettivamente corrisposte”) neanche sarebbe stata sintomatica di
un’acquiescenza alla sentenza, eventualmente preclusiva del gravame
(svolto, invece, dalla società), trattandosi di un comportamento che
può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare ulteriori spese
di precetto e dei successivi atti di esecuzione.
Come affermato dalle Sezioni unite della Corte, con la sentenza n.
9687 del 2013, l’acquiescenza alla sentenza impugnata, che comporta
la sopravvenuta carenza d’interesse della parte all’impugnazione
proposta, consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella
manifestazione da parte del soccombente della volontà di rinunciare
all’impugnazione, la quale può avvenire in forma – oltre che espressa anche tacita: in questo caso, tuttavia, l’acquiescenza può ritenersi
sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai
quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito
di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè quando gli
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-6-

eredi di Eutizi Guglielmo alla differenze perequative per un arco

atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi
dell’impugnazione.
Tanto premesso, il motivo deve accogliersi con riferimento agli
eredi di Eutizi Guglielmo, con la cassazione della sentenza impugnata
e, per essere necessari accertamenti in fatto sulle ragioni del contrasto

Corte d’appello, in diversa composizione.
Quanto agli eredi di Ruggiero Antonio, osserva il Collegio che la
difformità tra motivazione (nel senso della cessazione della materia del
contendere) e dispositivo (di rigetto per tutti gli appellati, ad eccezione
degli eredi Eufizi), della quale pure viene dato atto nell’illustrazione del
motivo in esame, non è stata censurata devolvendo alla Corte di
legittimità lo specifico motivo di gravame con denuncia di nullità della
sentenza, in parte qua, per difformità tra motivazione e dispositivo,
onde deve ritenersi cristallizzato il dictutn, enunciato nel dispositivo, di
rigetto del gravame proposto nei confronti dei predetti eredi.
4. Con il secondo articolato motivo la ricorrente denuncia:
“Violazione e falsa applicazione dell’art. 324 cod. proc. civ. e dell’art.
2909 cod. civ., in relazione agli artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 503/1992, come
interpretati autenticamente dall’art. 1, comma 55, della legge n. 243 del
2004 (art. 360, n. 3, cod. proc. civ.)”. Si duole del fatto che la Corte
partenopea abbia attribuito una erronea portata alla norma di
interpretazione autentica del comma 55 dell’art. 1 della citata legge n.
243 del 2004 ed ai suoi rapporti con il giudicato, rendendo il trattamento
perequativo dell’originario ricorrente, andato in pensione prima del 31
dicembre 1990, sostanzialmente indifferente alla esistenza o meno della
suddetta norma di interpretazione autentica in forza della quale, come
chiarito da consolidata giurisprudenza di legittimità, il sistema di
perequazione automatica aziendale è abrogato, per tutti i pensionati (ante
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-7-

che hanno dato luogo al giudizio, con il rinvio della causa alla stessa

e posi 31 dicembre 1990), a far data dal gennaio 1994.
Conseguentemente, in relazione al diritto di conservare,
successivamente al mese di luglio 1996, gli aumenti perequativi ottenuti
in virtù del sistema previgente, non venendo in rilievo il principio di
intangibilità del giudicato, né il divieto del ne bis in idem, la pretesa

interpretazione autentica, e non già in base alla regula juns affermata dalla
sentenza passata in giudicato, siccome sostituita

ab origine dalla

normativa di interpretazione autentica. Ciò in quanto il diritto alla
conservazione dell’assegno perequativo non è parte integrante del
giudicato, bensì un diritto conseguente che permane, rebus sic stantibus, al
permanere della relativa fonte costitutiva.
5. Il motivo non è fondato.
6. Deve essere data continuità – in particolare – all’indirizzo già
espresso da questa S.C. con le sentenze n. 19825/11 e n. 20975/09.
A tal fine si premetta che sul problema della perequazione
automatica delle pensioni integrative del personale del Banco di Napoli
si è formata una giurisprudenza costante, sulla base della quale i
lavoratori collocati a riposo prima del 31/12/90 conservano il diritto
all’integrazione, diritto che sopravvive alla legge n. 421/1992 ed al d.lgs.
n. 503/1992. Tale regime perequativo termina il 26/7/1996: in tal senso
cfr., ex abis, Cass. nn. 9023 e 9024 del 2001, cui la giurisprudenza
successiva si è uniformata, con giudicato formatosi anche in relazione
agli odierni intimati (il che è pacifico inter partes).
Successivamente al consolidarsi della giurisprudenza di questa S.C. è
intervenuto l’art. 1 co. 55 legge n. 243/2004, che ha stabilito che la
normativa sopra richiamata deve intendersi nel senso che la
perequazione automatica delle pensioni, come prevista dall’art. 11 d.lgs.

Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-8-

azionata avrebbe dovuto essere decisa alla luce della ridetta norma di

n. 503/1992, si applica al complessivo trattamento percepito dai
pensionati di cui all’art. 3 d.lgs. n. 357/1990.
La suddetta norma di interpretazione autentica ha superato il vaglio
di legittimità costituzionale (v. Corte cost. n. 362/2008) sotto diversi
profili sollecitato da questa stessa Corte Suprema, sicché è da escludersi

Tuttavia tale norma di interpretazione autentica non è idonea a
rimuovere gli effetti del giudicato (né essa dispone espressamente la
caducazione dei giudicati già formatisi e dei loro effetti futuri: nulla di
tutto ciò si legge nel cit. art. 1 co. 55 legge n. 243/04).
Si tenga presente che il giudicato, proprio perché destinato a fissare
la regola del caso concreto, partecipa della stessa natura dei comandi
giuridici, la cui interpretazione non si esaurisce in un giudizio di mero
fatto.
Come insegna costante giurisprudenza di questa S.C., qualora due
giudizi tra le stesse parti facciano riferimento al medesimo rapporto
giuridico ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in
giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione
giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad
un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la
premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel
dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto
accertato e risolto, pur ove il successivo giudizio abbia finalità diverse da
quelle che hanno costituito lo scopo ed ilpetitum del primo e ciò riguarda
anche i rapporti di durata (Cass. S.U. 16 giugno 2006, n. 13916; conf.
Cass. 4 dicembre 2006, n. 25681; Cass. 22 aprile 2009, n. 9512), come
quelli dedotti nell’odierna controversia.
Sempre in virtù di antica e costante giurisprudenza, in ordine ai
rapporti giuridici di durata e alle obbligazioni periodiche che ne
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-9-

una pur limitata sopravvivenza del sistema di perequazione automatica.

costituiscono il contenuto (come nel caso di specie), sui quali il giudice
pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale, ma con
conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l’autorità del
giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad
una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo.

alla propria emanazione, con l’unico limite di fatti nuovi che
modifichino il contenuto materiale del rapporto o il relativo
regolamento pattizio (cfr. Cass. 16 agosto 2004, n. 15931; Cass. n.
19426/2003; Cass. n. 16959/2003; Cass. n. 3230/2001; Cass. n.
15178/2000; Cass. n. 9548/1997).
Nel caso di specie non solo non vi è alcun fatto nuovo che abbia
modificato il contenuto materiale del rapporto o il relativo regolamento
pattizio (tale non essendo il summenzionato art. 1 co. 55 legge n.
243/04, che – proprio perché di mera interpretazione – non ha alcuna
attitudine innovativa), ma la retroattività di una norma di interpretazione
autentica incontra il limite del giudicato, limite connaturato
all’ordinamento in quanto posto a custodia di quel principio di
separazione dei poteri che costituisce cardine indefettibile di ogni
democrazia costituzionale.
Una diversa opzione ricostruttiva sarebbe costituzionalmente
impraticabile per lesione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.
(letto in chiave a quello di certezza del diritto), del principio di
separazione dei poteri (artt. 101 cpv. e 104 co. 1° Cost.) e dell’art. 117
Cost. attraverso la norma interposta dell’art. 1 prot. Protocollo
aggiuntivo n. 1 alla CEDU come interpretato dalla giurisprudenza della
Corte di Strasburgo, secondo la quale i diritti pensionistici costituiscono
un bene ai sensi, appunto, dell’art. 1 del Protocollo n. 1 aggiuntivo alla
Convenzione (si vedano, ad esempio, le sentenze della Corte EDU
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-10-

Pertanto, quest’ultimo produce effetti anche nel tempo successivo

Lakiéevie e altri c. Montenegro e Serbia; Grudie c. Serbia; Pej’eié c.
Serbia; Stefanetti e altri c. Italia).
Sempre avuto riguardo alla sopravvenienza di una normativa
incidente sulla disciplina in base alla quale il giudicato si è formato, deve
considerarsi che il fondamento del giudicato sostanziale – che si realizza

(art. 324 cod. proc. civ.), incide sul diritto fatto valere (art. 2909 cod.
civ.) e che risponde al generale principio della certezza del diritto – è
quello di rendere insensibili le situazioni di fatto dallo stesso considerate
(per le quali è stata individuata ed applicata la corrispondente regula jutis)
ai successivi mutamenti della normativa di riferimento, anche con
riguardo allo jus superveniens che contenga norme retroattive.
Ne consegue, con riferimento ai limiti cronologici del giudicato
sostanziale, che la sopravvenienza di una legge interpretativa che
contraddica l’interpretazione recepita nella sentenza irrevocabile la rende
“erronea”, ma non ne compromette il valore, che è indipendente
dall’esattezza della statuizione con essa resa.
Infatti un giudicato – e ciò è dirimente – per quanto in ipotesi
, ‘erroneo ” , resta pur sempre gi• __,
dicato, con tutta la propria capacità

u

espansiva nei successivi rapporti fra le medesime parti, nei limiti
oggettivi sopra ricordati.
Pertanto, sebbene l’intangibilità del giudicato riguardi solo quanto
sia stato oggetto del giudicato stesso, con esclusione di quanto non fosse
deducibile nel giudizio in cui esso si è formato, tale non deducibilità non
può ricollegarsi alla mera sopravvenienza di una norma che, senza
introdurre una nuova azione, si sia limitata ad interpretare
autenticamente una disposizione precedente (cfr, ex abis, Cass. n.
1583/2010; Cass. n. 18339/2003; Cass. n. 4630/2000; Cass. n.
12701/1995; Cass. n. 8797/1995).
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-11-

quando la decisione, oltre ad essere passata formalmente in giudicato

Del resto, l’intangibilità del giudicato sostanziale non solo prevale
sullo jus superveniens e sulle norme di interpretazione autentica, ma
impedisce la caducazione, ab origine, delle norme su cui il giudicato si
fonda per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale delle
stesse, costituendo – appunto – il giudicato, al pari di altre situazioni

giuridico riconosca idonei a produrre tale effetto, uno dei limiti che
incontra l’efficacia retroattiva della decisione di illegittimità
costituzionale (cfr., fra le numerose in tal senso, Cass. n. 4766/1999;
Cass. n. 7057/1997; Cass. n. 891/1996; Cass. n. 1860/1983; Cass. S.U.
n. 1707/1963).
L’applicazione di tali principi al caso in oggetto fa sì che la norma di
interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 55, legge n. 243/04, che
non contiene previsione alcuna di caducazione dei giudicati sostanziali
già formatisi, non è suscettibile di incidere, nel caso concreto, in
relazione alle situazioni giuridiche già oggetto di sentenza definitiva
passata in giudicato.
Né può ritenersi. che tale norma di interpretazione autentica venga
ad incidere sugli effetti futuri del giudicato sostanziale, posto che, giusta
l’interpretazione resane dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr., e
pluribus, Cass. n. 16206/2009; Cass. n. 22700/2006), la stessa non
introduce una nuova disciplina della normativa di riferimento, destinata
ad esplicare la propria efficacia sui rapporti giuridici di durata a cui si
applica; conformemente alla propria natura interpretativa, essa individua
soltanto la corretta portata precettiva della normativa già esistente, la
stessa, cioè, sulla base della quale si è formato il giudicato sostanziale.
Ne consegue che quest’ultimo ha cristallizzato il maturato
pensionistico per il periodo considerato, che resta insensibile, anche nei
suoi effetti, alla successiva norma di interpretazione autentica contenuta
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-12-

giuridiche consolidate in conseguenza di eventi che l’ordinamento

nel cit. art. 1 co. 55 legge n. 243/04 e che, pertanto, deve essere
riconosciuto nella sua entità (con le eventuali variazioni legate alla
dinamica perequativa legale, non essendo più applicabile quella
aziendale) anche per i ratei successivi.
Essendosi la sentenza impugnata conformata ai suindicati principi, il

7. Con il terzo motivo è denunciata omessa pronuncia sul motivo di
appello concernente l’eccepita infondatezza delle differenze perequative
pretese dagli eredi di Eutizi Guglielmo in ordine al periodo successivo al
decesso.
8. Il motivo è meritevole di accoglimento.
La Corte partenopea, come risulta dagli atti, ha omesso di
pronunciare sul motivo di gravame svolto dalla società per la parziale
riforma della sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto
degli eredi Eutizi alle differenze perequative anche per un periodo
successivo al decesso del dante causa (avvenuto il 25 marzo 2000),
considerando, quale data del decesso, il 25 marzo 2001, circostanza
tempestivamente contestata dalla società fin dalla costituzione in
giudizio e corroborata dalla produzione del relativo certificato di
decesso.
9. In conclusione, il primo e il terzo motivo di ricorso nei confronti
di Filipponi Gina ed Eutizi Maria Teresa, quali eredi di Eutizi
Guglielmo, vanno accolti con la cassazione della sentenza impugnata e,
per essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, con rinvio della causa
alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, che provvederà
anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
10. Il ricorso va integralmente rigettato nei confronti di Ruggiero
Raffaella, Ruggiero Emanuela, Ruggiero Silvia quali eredi di Ruggiero

Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-13-

motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

Antonio, nonché nei confronti di Zarcone Carlo, Zarcone Maria
Antonietta, quali eredi di Zarcone Tommaso.
11. Le spese a favore dei controricorrenti, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza, non dovendosi invece provvedere
per le parti rimaste intimate.

(31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (art. 1,
comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012), che ha
integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il
comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche
incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa
impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà
atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al
periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del
deposito dello stesso”.
Tuttavia essendo il ricorso in questione parzialmente respinto,
deve darsi atto dell’insussistenza dei presupposti, ex art.13,comma 1quater, d.P.R.115/2002, per il versamento di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso nei confronti di Ruggiero Raffaella,
Ruggiero Emanuela, Ruggiero Silvia quali eredi di Ruggiero Antonio,
nonché nei confronti di Zarcone Carlo, Zarcone Maria Antonietta, quali
eredi di Zarcone Tommaso; condanna la ricorrente al pagamento delle
spese, nei confronti delle parti costituite, che liquida in Euro 100,00 per
Ric. 2013 n. 19820 sez. ML – ud. 12-03-2015
-14-

12. Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella

esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di
legge e rimborso forfetario in misura del 15%; nulla spese per le parti
rimaste intimate. Accoglie il primo e terzo motivo di ricorso nei
confronti di Filipponi Gina, Eutizi Maria Teresa, quali eredi di Eutizi
Guglielmo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e

d’appello, in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in 1ma, nella Camera di consiglio, il 12 marzo 2015.

rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Corte

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA