Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 999 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. III, 20/01/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 20/01/2021), n.999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. Dell’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28106-2019 proposto da:

F.S., elettivamente domiciliato in Milano, via Bertieri,

n. 1, presso l’avv. LEONARDO BARDI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO COMMISSIONE TERRITORIALE DI MONZA PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza del TRIBUNALE di MILANO, depositata il

15/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, F.S., è cittadino del (OMISSIS). Dichiara di essere fuggito dal suo Paese a seguito di una vicenda personale: egli era andato a ripulire un terreno di famiglia dalle sterpaglie, appiccandovi fuoco, che però ha invaso il campo di anacardi dei vicini, i quali lo hanno aggredito e minacciato, costringendolo a fuggire.

Ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, la protezione sussidiaria, quella umanitaria.

La Commissione territoriale ha negato ogni pretesa, e nello stesso senso ha deciso il Tribunale.

Il ricorrente propone tre motivi di ricorso. Non v’è costituzione del Ministero dell’Interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della sentenza impugnata.

Il Tribunale ritiene intanto inverosimile il racconto del ricorrente, specialmente quanto alla aggressione da parte dei vicini di terreno, svoltasi proprio mentre lo aiutavano a sedare l’incendio.

Ad ogni modo, ritiene che tale vicenda non manifesti una persecuzione rilevante per poter concedere lo status di rifugiato, che allo stesso modo difettano i presupposti della protezione sussidiaria, non essendovi pericolo di pena di morte o di torture per il reato, eventuale, di incendio colposo, e che al più il ricorrente rischierebbe una condanna per un reato comune, che però non è un rischio da cui è imposto che sia protetto; nè essendovi in (OMISSIS) una situazione di conflitto armato generalizzato, tale da costituire pericolo per i civili; infine la protezione umanitaria è negata in ragione della insussistenza di un quadro generale di pericolo in caso di rimpatrio.

Il ricorrente contesta queste rationes decidendi con tre motivi.

2.- Con il primo motivo denuncia violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis.

Si duole del fatto che, pur non avendo a disposizione la videoregistrazione dell’audizione fatta davanti alla Commissione, il Tribunale non abbia disposto un’audizione propria, e nemmeno una udienza apposita.

Il motivo è infondato.

Va ribadito che nel giudizio d’impugnazione, innanzi all’autorità giudiziaria, della decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza, non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purchè sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla Commissione territoriale o, se necessario, innanzi al Tribunale. Ne deriva che il Giudice può respingere una domanda di protezione internazionale solo se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione dello straniero (Cass. 5973/2019; Cass. 2817/2019).

Risulta (p.2) che il Tribunale ha proceduto a fissare udienza di comparizione, dando atto comunque delle ragioni che l’hanno indotta a non procedere a nuova audizione del ricorrente.

3.- Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Secondo il ricorrente, la corte non avrebbe tenuto conto della effettiva situazione che ha indotto il ricorrente a fuggire, e che si ripresenta egualmente pericolosa in caso di rimpatrio, costituita sia dalle minacce dei familiari, che dalla esistenza, in (OMISSIS) di un conflitto armato generalizzato.

Il motivo è infondato.

Le ragioni su cui è fondato sono duplici: da un lato, le minacce rivolte al ricorrente dai familiari, e dall’altro, la situazione di conflitto generalizzato esistente in (OMISSIS).

Quanto alla prima condizione, si tratta di un fatto indimostrato e nuovo; il Tribunale non riferisce di minacce dei familiari, ma semmai, conformemente al racconto dello stesso ricorrente, di minacce dei vicini di terreno; ed anche ad ammettere che si tratti di un refuso, le ragioni per cui quelle minacce non sono idonee a riconoscere una protezione a favore del ricorrente sono state adeguatamente motivate dal Tribunale che ha evidenziato il carattere personale della vicenda, nella quale, a parte la credibilità del ricorrente, costui non rischia situazioni di grave pericolo, come indicate nel D.Lgs. n. 25 del 2007, art. 14 ossia pena di morte, o tortura, o trattamenti disumani e degradanti; restando fermo il fatto che non v’è prova che egli si sia rivolto alla polizia e che quest’ultima abbia rifiutato il suo intervento.

Quanto alla situazione del (OMISSIS), e alla inesistenza, affermata dal tribunale, di un conflitto armato generalizzato, va ribadito che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rimpatriato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 18306 /2019).

Detto accertamento deve essere contestato dal ricorrente non solo smentendo l’attendibilità delle fonti cui ha fatto ricorso il Tribunale, bensì proponendone altre di maggiore affidamento, ossia: ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/ 2019).

4.- Il terzo motivo denuncia omesso esame di un fatto controverso e rilevante, ma è del tutto inammissibile in quanto non indica quale sia tale fatto e perchè è rilevante. In sostanza, il ricorrente ha articolato un’unica argomentazione dopo avere indicato i motivi di ricorso, e dall’unico discorso da lui fatto, unico per tutti e tre i motivi, se è dato evincere la violazione di legge contestata nei primi due motivi, non è dato individuare quale sia il fato controverso il cui esame è stato omesso dalla corte.

Il ricorso va dunque rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso, nulla spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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