Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9989 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 27/05/2020), n.9989

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30300-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G.A., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ANTONINO PALMERI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 263/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LIGURIA, depositata il 13/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della CTR della Liguria, di rigetto dell’appello da essa proposto avverso la sentenza della CTP di Genova, che aveva accolto il ricorso del contribuente G.G.A., ex dipendente della Banca commerciale italiana, avverso il diniego di parziale rimborso delle ritenute IRPEF operate sulla somma capitale liquidata al contribuente nell’anno 2007, in sostituzione della rendita in precedenza erogatagli dal fondo pensioni per il personale della Banca commerciale italiana; secondo i giudici di merito:

– il contribuente aveva diritto al rimborso del 4% dell’ammontare annuo delle somme versate al fondo di previdenza, quale importo dei contributi versati, non computabili nella base imponibile;

– sull’importo versato al contribuente andava applicata la ritenuta del 12,50%, trattandosi di somma capitale erogata ad un iscritto al fondo pensioni della banca commerciale italiana in luogo della rendita al medesimo in precedenza assicurata, si che la tassazione doveva essere sempre quella più favorevole riservata alle rendite.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che il contribuente ha resistito con controricorso;

che, con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del TUIR all’epoca vigente, art. 17, comma 2, e art. 48, comma 2, lett. a) (ora TUIR, artt. 19 e 51 del), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto dal 1955 al 1994 era stato vigente un accordo aziendale con la banca commerciale italiana, in forza del quale era imputato formalmente alla banca il contributo previdenziale obbligatorio gravante per legge sul lavoratore in favore dell’INPS ed era imputato formalmente al lavoratore il contributo per il programma di previdenza complementare; ora, detto accordo era stato soppresso nel 1994, si che, a partire dal gennaio 1995, il contributo al fondo di previdenza complementare era stato posto a carico della banca, mentre quello destinato all’INPS era stato posto anche formalmente a carico del lavoratore; comunque, in ogni caso, anche se non fosse stato accertato che i contributi fossero stati versati dalla banca, essi concorrevano a formare il reddito imponibile, in quanto ne erano esclusi solo quelli versati in ottemperanza di disposizioni di legge; ed i contributi versati al fondo di previdenza complementare della banca commerciale italiana non erano imposti dalla legge, ma solo da convenzioni fra le parti;

che il motivo di ricorso in esame è fondato, atteso che, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 5144 del 2018), l’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari include anche i contributi versati dal dipendente, attesa la loro natura facoltativa e non essendo essi imposti da alcuna norma di legge, concretizzandosi detti fondi in forme previdenziali complementari, destinate ad assicurare al lavoratore una prestazione in forma di rendita realizzata in modo volontario, allo scopo di integrare la pensione pubblica;

che con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1, e art. 48, comma 7 bis, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto erroneamente la sentenza impugnata aveva accolto la richiesta del contribuente di tassazione al 12,50% all’intero ammontare, invece che alla sola quota dello stesso rappresentativa del rendimento; occorreva al contrario tener presente che le somme erogate dalla banca commerciale italiana al contribuente, a titolo di liquidazione della sua partecipazione al fondo di previdenza complementare aziendale costituito dalla banca, riferite a montanti maturati fino al 31 dicembre del 2000, andava sottoposta a tassazione separata, salva l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 12,50% per la quota relativa al rendimento finanziario e cioè alle somme effettivamente investite sul mercato finanziario da parte del fondo integrativo; e nella specie il contribuente non aveva indicato se detti rendimenti fossero stati ottenuti ed in quale misura;

che anche il motivo di ricorso in esame è fondato, non avendo la CTR fatto corretta applicazione dei principi di diritto enunciati da questa Corte di legittimità, secondo i quali il contribuente era tenuto all’esatta quantificazione del rendimento derivante dall’impiego, sul mercato dei capitali, degli accantonamenti imputabili al contribuente, versati al fondo previdenziale integrativo della banca commerciale italiana; invero la tassazione agevolata del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, era riservata unicamente alle somme derivanti dalla liquidazione del c.d. “rendimento”, imputabile alla gestione sul mercato, da parte del fondo, del capitale accantonato; ed il calcolo di tale ultimi importi richiedeva l’espressa riferibilità ad autonome e specifiche operazioni sul mercato finanziario, il che non era stato accertato dalla CTR (cfr., in termini, Cass. n. 15854 del 2018; Cass. n. 12267 del 2017; Cass. n. 10285 del 2017);

che la CTR non si è in definitiva attenuto ai principi di diritto sopra enunciati;

che il ricorso va pertanto accolto; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR della Liguria in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Liguria in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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