Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9987 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9987 Anno 2014
Presidente: AMATUCCI ALFONSO
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 17409-2008 proposto da:
MACCARONE ANGELO MCCNGL47A23C091Y,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI 11, presso lo
studio dell’avvocato DE BONIS MARCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato FRANCO DOMENICO giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente
contro

UNICREDITO BANCA SPA nuova denominazione assunta dal
CREDITO EMILIANO SPA 12931320159 in persona della
Dott.ssa

NORMA

RITA

BORSARI,

elettivamente

Data pubblicazione: 08/05/2014

domiciliata in ROMA, V.LE B.BUOZZI 77, presso lo
studio dell’avvocato TORNABUONI FILIPPO,
rappresentata e difesa dall’avvocato LATERZA PAOLO
giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –

CREDIT FACTORING INTERNATIONAL SPA , DEL VECCHIO
CARMELA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1350/2007 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 28/12/2007, R.G.N.
1621/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/03/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato DOMENICO FRANCO;
udito l’Avvocato FILIPPO TORNABUONI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

nonchè contro

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

Svolgimento del giudizio.

Nel maggio 1992 il Credito Italiano spa conveniva in giudizio,
avanti al tribunale di Trani, Carmela Del Vecchio ed Angelo
Maccarone, chiedendo che venisse dichiarato simulato, o comunque
inefficace nei suoi confronti ex articolo 2901 cod.civ., l’atto 23

volontaria, su tutti gli immobili di sua proprietà, a favore del
secondo (suo cognato). Ciò sul presupposto di essere creditore nei
confronti della Del Vecchio (fideiubente del marito Luigi
Battaglia) per l’importo di lire 1.297.621.653, come portato da
due decreti ingiuntivi del 10 gennaio e del 6 febbraio ’92
(quest’ultimo provvisoriamente esecutivo).
Nella costituzione in giudizio dei convenuti

e previo

intervento volontario di Unicredit Factoring spa che si associava
alle domande della banca attrice, in quanto anch’essa creditrice
nei confronti della Del Vecchio per l’ulteriore importo di lire
860 milioni, portato da decreto ingiuntivo 29 luglio ’92 – veniva
emessa la sentenza n. 780 del 25 maggio 2001 con la quale il
tribunale di Trani accoglieva la domanda di revocatoria ordinaria,
dichiarando l’inefficacia nei confronti dei creditori procedenti
dell’atto notarile di costituzione di ipoteca intercorso tra la
Del Vecchio ed il Maccarone il 23 gennaio ’92.
Interposto gravame, veniva emessa la sentenza n.

1350 del 28/

dicembre 2007, con la quale la corte di appello di Bari confermava
la decisione del primo giudice in ordine alla inefficacia ex
art.2901 cod.civ. dell’atto in questione.
3

gennaio ’92 con il quale la prima aveva concesso ipoteca

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

Avverso tale sentenza viene dal Maccarone proposto ricorso per
cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resiste con
controricorso Unicredit Banca spa (nuova denominazione del Credito
Italiano spa). Gli intimati Unicredit Factoring spa e Del Vecchio
non hanno svolto attività difensiva. E’ stata depositata memoria

Motivi della decisione.
§ 1.1

Con il primo motivo di ricorso, il Maccarone deduce

violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 cod.proc.civ.,
nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia

(art.360,

l^ co.,

nn.3)

e 5)

cod.proc.civ.). Ciò perché la corte di appello, dopo aver
rigettato la sua eccezione di nullità dell’atto introduttivo del
giudizio per indeterminatezza dell’oggetto della domanda di
revoca, aveva confermato la revoca stessa con riguardo all’atto
costitutivo di ipoteca volontaria, nonostante che quest’ultimo
atto non fosse mai stato contemplato nella domanda attorea.
§ 1.2 n motivo è infondato.
Nelle conclusioni dell’atto di citazione, il Credito Italiano
aveva chiesto la dichiarazione di nullità, ovvero di inefficacia
ex articolo 2901 cod.civ., delle iscrizioni ipotecarie eseguite
sulla base degli atti menzionati in narrativa. Nella narrativa del
medesimo atto introduttivo, la banca richiamava appunto non già
l’iscrizione ipotecaria in quanto tale, bensì l’atto notarile 23
gennaio ’92 con il quale la Del Vecchio aveva costituito ipoteca
volontaria sui propri beni immobili. Come precisato dalla corte di
4

ex art.378 cod.proc.civ. da parte del ricorrente.

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

appello con affermazione non specificamente censurata sul punto
(sent.pag.7), l’oggetto della domanda era chiaramente identificato
anche con riguardo alle produzioni di parte attrice, dal momento
che l’atto costitutivo di ipoteca menzionato in citazione
risultava

“come da documento n.2) dell’elenco riportato nel

sottoscrizione del competente cancelliere ed il timbro di deposito
in data 9 giugno ’92”.

Non viene d’altra parte dedotto dal

ricorrente che il contraddittorio nei giudizi di merito sia stato
inficiato – seppur in minima parte, ovvero in via anche soltanto
potenziale – dalla dedotta incertezza sull’oggetto della domanda,
invece univocamente enucleabile per

causa petendi

e petitum.

Il

che induce a senz’altro escludere che i convenuti abbiano potuto
subire, sotto questo profilo, qualsivoglia menomazione del proprio
diritto di difesa; avendo del resto essi ampiamente interloquito,
in fatto ed in diritto, sui presupposti di revoca dell’atto
costitutivo di ipoteca rettamente ed immediatamente individuato.
Ciò esclude, al contempo, sia il dedotto vizio di nullità
dell’atto di citazione, essendosi ben lontani dall’ assoluta
incertezza dell’oggetto della domanda ex articoli 163 nn.3 e 4 164 cod.proc.civ. (Cass.15.5.13 n.11751; 28.8.09 n.18783; 7.3.06
n.4818 ed altre); sia la lamentata ultrapetizione, essendo di
immediata evidenza, sul piano logico-giuridico e su quello della,
valutazione sostanziale del risultato pratico perseguito dalla
parte, che in tanto le

‘iscrizioni’ ipotecarie potevano risultare

inefficaci, in quanto fossero venuti meno, in forza della
5

fascicolo di parte di primo grado, in calce al quale vi è la

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

richiesta pronuncia, gli effetti dell”atto

costitutivo’

del

quale esse costituivano mera emanazione attuativa.
§ 2.1

Con il secondo motivo di ricorso, il Maccarone lamenta

violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901, l” co. n.2)
cod.civ., nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un

aveva omesso di accertare la conoscenza in capo ad esso ricorrente
del pregiudizio asseritamente arrecato dall’atto ai creditori
della Del Vecchio. Accertamento reso necessario dal fatto che
l’atto costitutivo di ipoteca in oggetto, posto in essere dalla
Del Vecchio a fronte di una congrua dilazione del debito cambiario
di quest’ultima nei suoi confronti, doveva reputarsi a titolo
oneroso per gli effetti di cui al n.2) del primo comma
dell’articolo 2901 cit..
2.2 Anche questa censura è infondata.
Dallo stesso motivo di ricorso emerge (pag.9) che il Maccarone
sostenne l’onerosità dell’atto – con conseguente necessità di
prova del suo stato soggettivo – soltanto

“a pag.6 e 7 della

comparsa conclusionale in appello del 12 settembre 2006”;

il che

spiega perché la corte di appello, sul presupposto della pacifica
gratuità dell’atto, si sia soffermata unicamente sulla
consapevolezza del pregiudizio in capo alla Del Vecchio, non anche
al ricorrente.
In ogni caso, la valutazione della fattispecie da parte de
giudice di merito in termini di atto a titolo gratuito e,
conseguentemente, la sussunzione della fattispecie concreta nel
6

punto decisivo della controversia, poiché la corte di appello

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

rispondente regime probatorio ex art.2901 cod.civ. di indifferenza
dello stato soggettivo del terzo, deve ritenersi corretta; dal
momento che l’ipoteca volontaria venne dalla Del Vecchio
costituita non contestualmente, ma successivamente, al sorgere del
suo debito cambiario nei confronti del Maccarone (con conseguente

Quanto all’elemento di onerosità-corrispettività asseritamente
individuabile nella dilazione di pagamento del debito cambiario in
questione, deve affermarsi che la pattuizione di tale dilazione
(quand’anche provata) non attingerebbe la causa dell’accordo di
garanzia, ma unicamente un motivo di esso; come tale irrilevante
al fine di individuare il corrispondente regime probatorio, che
trova proprio e soltanto nella causa negoziale il proprio
discrimine.
Ricorre in particolare quanto già ritenuto (con riguardo alla
revocatoria fallimentare, ma sulla base di un ragionamento
confacente anche alla revocatoria ordinaria) da Cass. n. 2325 del
02/02/2006 e da Cass. n. 11093 del 11/06/2004; secondo cui, in
analoga fattispecie di concessione di garanzia a fronte di
dilazione, il negozio, quand’anche apparentemente oneroso quanto
al motivo, deve invece considerarsi gratuito quanto alla causa,
unico aspetto rilevante.
3.1

Con il terzo motivo di ricorso, il Maccarone deduce/

violazione e falsa applicazione dell’articolo 2901 cod.civ. nonché
insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo
per la controversia; dal momento che la corte di appello aveva
7

venir meno della presunzione di onerosità ex art.2901 2^ co.cc ).

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

ritenuto provata la scientia damni in capo alla Del Vecchio sulla
base di elementi indiziari

“inesistenti ed inconsistenti”,

anche

perché basati su risultanze documentali non adeguatamente
riscontrate.
motivo è inammissibile perché privo del quesito

riepilogativo, così come prescritto, appunto
inammissibilità”,

“a pena di

dall’art.366 bis cod.proc.civ., qui applicabile

ratione temporis.
In particolare, se ciò è vero per il quesito di diritto che
deve necessariamente conchiudere la censura di violazione
normativa ex articolo 360, l^ co.n.3) cod.proc.civ., lo è
altrettanto per il ‘quesito di fatto’ che deve invece condensare
la doglianza per vizio motivazionale ex articolo 360, 1^ co.n.5)
cit..
Va in proposito riaffermato (in accordo, da ultimo, con Cass.
19.11.13 n. 25903, ma sulla scorta di un ormai consolidato
indirizzo giurisprudenziale: tra le altre, Cass., 16 luglio 2007,
n. 16002; Cass., sez. un., 1” ottobre 2007, n. 20603; Cass., 30
dicembre 2009, n. 27680; Cass., 18 novembre 2011, n. 24255) che il
quesito cd. “di fatto” (o altrimenti detto “momento di sintesi”) è
volto ad indicare chiaramente, in modo sintetico, evidente ed
autonomo, il fatto controverso rispetto al quale la motivazione si
assume omessa o contraddittoria, cosi come le ragioni per le quali /
la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione. A tal fine necessita, secondo il
paradigma normativo, la enucleazione conclusiva e riassuntiva di
8

5 3.2 Il

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

uno specifico passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto ciò
risalti in modo inequivoco, tale da rendere intelligibili le
censure a prescindere dalla lettura dell’intero motivo. Con
l’ulteriore precisazione che tale sintesi conclusiva, costituente
un

quid pluris

rispetto alla illustrazione del motivo,

“non si

c.p.c., comma 1, n. 4, ma assume l’autonoma funzione volta alla
immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o
incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante,
ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al
ricorrente”.

(così Cass., 8 marzo 2013, n. 5858).

Nel caso di specie, la mancanza del momento di sintesi tradisce
la natura prettamente ‘di merito’ del motivo; che mira in realtà
a puramente e semplicemente suscitare – con l’esplicito richiamo
alle categorie tipicamente delibative della inesistenza ovvero
inconsistenza indiziaria in ordine alla

scientia damni –

una

nuova valutazione probatoria del quadro fattuale, qui preclusa.
§ 4.1

Nel quarto motivo, il ricorrente lamenta contraddittoria

motivazione su un punto decisivo della controversia; dal momento
che la corte di appello aveva, da un lato, posto a suo carico
l’onere di provare l’inesistenza del requisito

dell’eventus damni

e, dall’altro, respinto la sua istanza di ctu sulla capienza del
patrimonio immobiliare complessivo della Del Vecchio.
4.2 A tale motivo – pur esso privo del momento di sintesi ex
art.366 bis cit. si addicono le stesse ragioni di
inammissibilità testè esposte con riguardo al motivo precedente.
9

identifica con il requisito di specificità del motivo ex art. 366

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

E’ peraltro il caso di chiarire come il ragionamento della
corte territoriale sia comunque del tutto condivisibile sul piano
della linearità logico-giuridica, atteso che nell’azione
revocatoria ordinaria, una volta che il creditore abbia provato
l’atto di disposizione patrimoniale a lui quantitativamente o

sottrarsi agli effetti di tale azione a dover fornire la prova
della sufficiente capienza patrimoniale residua del debitore
(Cass. n. 7767 del 29/03/2007). Quando poi l’atto da revocare
consista nella concessione d’ipoteca, che è negozio di
disposizione patrimoniale anch’esso suscettibile di determinare
una diminuzione della garanzia patrimoniale generica del debitore
ex art.2740 cc,

“incombe al beneficiario della garanzia dedurre e

provare che il patrimonio residuo del debitore è di dimensioni
tali, in rapporto all’entità della sua complessiva debitoria, da
non esporre ad apprezzabile rischio il soddisfacimento dei crediti
chirografari” (Cass. n. 19963 del 14/10/2005).
Orbene, si evince dal corretto ragionamento della corte di
appello che tale prova poteva e doveva essere fornita dal
Maccarone (mediante visure RRII; stime commerciali d’agenzia;
stime peritali di parte ecc…) indipendentemente dalla ctu; la
quale non è, del resto, mezzo di prova ma mezzo di valutazione
della prova, la cui disposizione rientra nel potere discrezionale’
del giudice di merito.
Sul punto specifico, congrua deve quindi ritenersi la
motivazione della corte territoriale la quale, dopo aver
10

qualitativamente pregiudizievole, è il convenuto che voglia

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esattamente posto la prova in questione a carico dei convenuti, ha
osservato (sent.pag.11):

“siffatta prova non risulta mai chiesta

né tantomeno offerta dalla Del Vecchio o dal Maccarone in primo
grado. E’ appena il caso di aggiungere, anzi, che i predetti
convenuti non hanno mal contestato che i beni immobili

immobiliare della Del Vecchio (nè hanno mal affermato o provato
che costei fosse proprietaria di altri immobili), per cui tale
circostanza deve ritenersi pacifica. Sicché appare del tutto
inammissibile e tardiva la richiesta di consulenza tecnica
avanzata solo con l’atto di appello, mezzo istruttorio che
peraltro, come è jus recèptum, non costituisce vero e proprio
mezzo di prova e non può essere invocato dalla parte per sottrarsi
all’onere probatorio cui essa è tenuta”.
Sicchè la doglianza in oggetto deve trovare smentita nel
costante orientamento di legittimità

(ex multis,

Cass. n. 21412

del 05/10/2006), secondo cui la consulenza tecnica d’ufficio ha
lo scopo di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto
di cognizioni tecniche che egli non possiede, e non è pertanto
alternativamente esperibile in funzione di esonero delle parti
dall’onere di provare i fatti dalle stesse dedotti e posti a base
delle rispettive istanze; fatti la cui dimostrazione in giudizio
non si sottrae ai criteri di ripartizione dell’onere della prova
previsti in via generale dall’art. 2697 cod. civ..
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio a
11

assoggettati all’ipoteca costituissero l’intero patrimonio

Ric.n. 17409/08 rg. – Ud. del 12.3.2014

favore della parte controricorrente; spese liquidate, come in
dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20 luglio 2012 n.140.
Pqm

rigetta il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del

giudizio di cassazione che liquida in euro 7.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre
accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 12 marzo 2014.

La Corte

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