Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9985 del 24/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9985 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso 5512-2010 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta
e difende, ope legis;
– ricorrente contro

SIMEONE RENATO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 329/12/2009 della Commissione
Tributaria Regionale di NAPOLI – Sezione Staccata di
SALERNO del 2.11.09, depositata il 27/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di

Data pubblicazione: 24/04/2013

consiglio del 27/02/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del

Dott. PASQUALE FIMIANI.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva
La CTR di Napoli ha accolto parzialmente l’appello dell’Agenzia -appello proposto
contro la sentenza n.251/07/2007 della CTP di Avellino che aveva integralmente
accolto il ricorso di Simeone Renato- ed ha così annullato il silenzio-rifiuto
sull’istanza di rimborso per IRPEF relativa agli anni 2000-2002 fondata sull’assunto
che il datore di lavoro Banco di Napoli avesse effettuato una trattenuta sulla quota di
pensione a carico del Fondo erogante prestazioni pensionistiche periodiche
complementari, quota sulla quale la base imponibile avrebbe dovuto calcolarsi nel
limite dell’87,5% del percepito.
La predetta CTR ha motivato la decisione nel senso che dovevano considerarsi
fondate le censure di parte appellante circa il difetto di documentazione a comprova
della consistenza della quota del trattamento pensionistico cui applicare la riduzione
di base imponibile. Tuttavia doveva essere respinta la censura dell’Ufficio avente ad
oggetto la decadenza dal diritto al rimborso per l’anno 2000, trattandosi di eccezione
nuova ed inammissibile ai sensi dell’art.57 del D.Lgs.546/1992. Pertanto, i rimborsi
dovevano riferirsi all’IRPEF trattenuta sui tre minori imponibili d cui alle attestazioni
della SANPAOLOIMI spa, pari ad € 1756,47 per l’anno 2000, ad € 1233,97 per
l’anno 2001 e ad € 634,28 per il 2002.
L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore, componente
della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi dell’art.375 cpc.

letti gli atti depositati

Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del combinato
disposto degli art.37 e 38 del DPR n.602/1973 e dell’art.57 del D.Lgs. 546/1992) la
parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante abbia respinto la censura —
concernente l’eccezione proposta per la prima volta in appello- afferente la tardività
dell’istanza di rimborso relativa all’anno 2000, per quanto si trattasse di questione

preclusione di cui all’art.57 dianzi citato.
Il motivo appare fondato ed accoglibile, alla luce della costante giurisprudenza di
questa Corte.
Per tutte si veda, di recente, Cass.Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1964 del 10/02/2012:”In
tema di contenzioso tributario, la decadenza dal diritto a richiedere il rimborso (nella
specie, delle ritenute effettuate dall’Amministrazione dello Stato nei confronti di
proprio dipendente) è rilevabile di ufficio anche in sede di gravame, salvo che sul
punto si sia formato il giudicato interno, in quanto sulla questione vi sia stata una
statuizione espressa non impugnata e perciò intangibile, a norma dell’art. 329, comma
2, cod. proc. civ”.
Consegue da ciò che sul punto, limitatamente alla questione del rimborso delle
imposte relative all’anno 2000, la pronuncia impugnata deve essere cassata e —
potendo la Corte provvedere nel merito, in difetto di ulteriori accertamenti di fattol’impugnazione della parte contribuente deve essere disattesa.
Con il secondo motivo di ricorso (centrato sul vizio di insufficiente motivazione della
sentenza) la parte ricorrente si duole del fatto che il giudicante non abbia “preso
posizione sulle deduzioni dell’Ufficio contenute in atto di appello” circa l’esistenza di
due trattamenti pensionistici distinti che si sono succeduti nel tempo, e perciò con
riferimento all’applicazione alla specie di causa dell’art.48 bis comma I lett D) del
TUIR: ed invero, in difetto di idonea documentazione comprovante la natura del
fondo pensionistico come previdenza complementare (tanto più in presenza di fondi
differenziati, uno esercente l’attività di “Previdenza integrativa”; l’altro esercente
attività di “Previdenza complementare”) non si sarebbe potuto valutare la spettanza

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rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e perciò non soggetta alla

del rimborso richiesto. La ritenuta sussistenza dei requisiti di legge per la fruizione
della tassazione su base imponibile ridotta avrebbe perciò necessitato di più
argomentata motivazione.
Il motivo appare inammissibilmente formulato.
Salvo avere trascritto i passi salienti dell’atto di appello nel quale si contesta il difetto

“difetto di idonea documentazione” da parte del ricorrente contribuente, la odierna
ricorrente nulla ha delucidato a proposito delle modalità con le quali si è articolato il
thema decidendum nel primo grado di giudizio, onde evidenziare la effettiva
inidoneità della prospettazione della domanda avversaria.
Ciò appare in evidente contrasto con la parte riassuntiva “in fatto” della decisione di
secondo grado, nella quale si prospetta che la parte ricorrente aveva sin dal primo
grado di giudizio palesato che si trattasse di “trattamento pensionistico
complementare”, documentandolo a mezzo della “nota dell’Amministrazione del
personale del Banco di Napoli spa”, contenente le specificazioni necessarie al fine di
intendere come era stata applicata la disciplina in discorso
In carenza di un dettaglio chiaro e rispettoso del canone di autosufficienza circa il
preciso oggetto delle questioni delineate e documentate nei pregressi gradi di
giudizio, non può che ritenersi che il motivo di ricorso sia inammissibile (cfr.
sull’onere di integrale trascrizione del contenuto dei documenti, per tutte, Cass. Sez.
6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010:”11 ricorrente che, in sede di legittimità,
denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio
o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha
l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del
documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito,
provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il
principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado
di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è

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di specificazione degli elementi necessari della domanda e salvo avere affermato il

consentito sopperire con indagini integrative”), poiché impedisce alla Corte di
effettuare la dovuta verifica della rilevanza e concludenza della censura in relazione
al tenore delle fonti documentali di prova, onde prevenire la proposizioni di motivi di
opposizione puramente dubitativi.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per

impugnazione e per inammissibilità con riferimento alla questione oggetto del
secondo motivo.
Roma, 10 ottobre 2012

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto;
che le spese di lite possono essere regolate secondo il criterio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il resto. Cassa la sentenza
impugnata in relazione a quanto accolto e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso del
contribuente avverso il provvedimento impositivo per la parte che concerne il
rimborso per l’anno 2000. Condanna parte contribuente a rifondere all’Agenzia
ricorrente la metà delle spese di lite di questo grado, liquidate per intero in € 700,00
oltre spese prenotate a debito e compensa tra le parti le spese dei gradi di merito.
Così deciso in Roma il 27 febbraio 2013.

manifesta fondatezza con riferimento alla questione oggetto del primo motivo di

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