Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9985 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9985 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 8726-2012 proposto da:
MUNAFO’ FELICE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
VALLE CORTENO 41, presso lo studio dell’avvocato
MONTANI SILVIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
CARROCCIO BENEDETTO giusta procura a margine del
ricorso;
1
– ricorrente –

2014
647

contro

MARCHESE GIUSEPPE in proprio e nella qualità di legale
rappresentante pro tempore della MARCHESE GIUSEPPE E
KARRA GIUSEPPE SNC, elettivamente domiciliati in ROMA,

1

Data pubblicazione: 08/05/2014

V.CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato COSTANZO
STEFANIA NICOLETTA, rappresentati e difesi
dall’avvocato MARIA ANGELA CAPUTO giusta procura a
margine del controricorso;
– controricorrente –

DELLA VALLE AMEDEO, KARRA GIUSEPPE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 470/2011 della CORTE D’APPELLO
di MESSINA, depositata il 19/10/2011, R.G.N. 1259/04 +
571 e 573/07;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/03/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato BENEDETTO CARROCCIO;
udito l’Avvocato FABRIZIO DE’ MARSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

2

nonchè contro

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

Svolgimento del giudizio.
Nel giugno ’96 Felice Munafò conveniva in giudizio, avanti al
tribunale di Patti, la Marchese Giuseppe & Karra Giuseppe snc,
nonché i due soci in proprio, chiedendo che venisse dichiarata la
risoluzione per grave inadempimento dei convenuti – con pronunce

preliminare di permuta stipulato il 21 novembre ’90 tra, da una
parte, esso attore ed il cognato Della Valle Amedeo (poi chiamato
in causa) e, dall’altra, la società convenuta; contratto con
riguardo al quale i soci di quest’ultima avevano funto, in
proprio, quali terzi datori di ipoteca. Esponeva, in particolare,
che tale contratto preliminare di permuta prevedeva il
trasferimento da parte di esso attore e del Della Valle di un
terreno edificabile in loro proprietà, a fronte dell’attribuzione
a loro favore di alcune unità immobiliari che la società
promissaria vi avrebbe realizzato; attribuzione poi rimasta
inadempiuta.
Nella costituzione dei convenuti, che deducevano in via
riconvenzionale domanda di trasferimento del terreno ex articolo
2932 cod.civ. ovvero, in subordine, domanda di risoluzione per
grave inadempimento dei promittenti i quali avevano dedotto in
permuta un terreno che era poi risultato gravato da varie
iscrizioni pregiudizievoli, tra cui l’ipoteca giudiziale 10.7.91,
interveniva sentenza non definitiva n. 741 del 23 ottobre 2003 con
la quale il tribunale: rigettava la domanda di risoluzione/
proposta dal Munafò, nonché la domanda riconvenzionale ex articolo
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consequenziali di danni e retrocessione del contratto

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

2932 codice civile proposta dai convenuti;

accoglieva la

riconvenzionale subordinata di questi ultimi e dichiarava risolto
il contratto preliminare di permuta per grave inadempimento dei
promittenti, attesa l’effettiva insistenza dell’ipoteca giudiziale
su una particella oggetto del preliminare medesimo; – ordinava ai

disponeva per la prosecuzione del giudizio in ordine alla
determinazione, tramite ctu, del quantum risarcitorio spettante a
questi ultimi.
Con sentenza definitiva n. 129 del 30 aprile 2007, il tribunale
condannava il Munafò ed il Della Valle, tra loro in solido, al
pagamento in favore della società convenuta e dei soci in proprio,
a titolo di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale,
della somma di euro 202.413,15 oltre accessori e spese.
Interposti da tutte le parti gravami principali ed incidentali
avverso entrambe tali sentenze – poi riuniti – interveniva la
sentenza n. 470 del 19 ottobre 2011 con la quale la corte di
appello di Messina: – confermava le decisioni di primo grado;
poneva le spese del grado a carico del Munafò in ragione della
metà, con compensazione della metà residua.
Avverso tale sentenza viene dal Munafò proposto ricorso per
cassazione sulla base di quattro motivi, ai quali resiste con
controricorso il Marchese Giuseppe in proprio ed in qualità di
legale rappresentante della Marchese Giuseppe e Karra Giuseppe
snc. E’ stata depositata memoria ex art.378 cod.proc.civ. da parte,
del Munafò.
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convenuti la restituzione degli immobili oggetto di permuta;

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

Motivi della decisione.
§. 1.1 Con il primo motivo di ricorso, il Munafò lamenta violazione
o falsa applicazione di norme di diritto,

‘in relazione

all’art.360, 1^co., n.3), 4) e 5) cod.proc.civ.’

con riferimento

agli articoli 112, 113, 115, 116, 339 segg. cod.proc.civ., dal

confermativa della sentenza di primo grado erroneamente assumendo
– in violazione delle norme processuali di riferimento, e sulla
base di una valutazione probatoria poco ponderata ed
insufficientemente motivata che:

a.

l’ipoteca giudiziale in

oggetto insistesse effettivamente su una porzione del terreno
promesso in permuta (descritto catastalmente a fg.2, part.209,

sub

2), là dove essa insisteva invece su una porzione (part.209,

sub

l) estranea alla promessa;

b.

tale conclusione fosse dimostrata

dalla visura RRII 24 settembre 96 ottenuta da un soggetto privato
ed irritualmente prodotta nel giudizio di primo grado dai
convenuti; visura che in realtà non recava specificazione del
subalterno e trovava, in ogni caso, smentita negli atti di
provenienza del terreno da lui prodotti in giudizio, dai quali
emergeva che l’ipoteca in questione gravava su una porzione (sub
l) in $ua proprietà non oggetto di permuta e che, per contro, la
permuta aveva avuto ad oggetto una diversa porzione (sub 2) già in
proprietà del Della Valle fin dal ’63 e, come tale, insuscettibile
di essere gravata da ipoteca per debiti suoi propri.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione o falsi
applicazione di norme di diritto, ex art.360, 1^co., n.3) e 4)
5

momento che la corte di appello aveva basato la propria decisione

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

cpc,

con riferimento agli articoli 112,

113,

115 e 116

cod.proc.civ., dal momento che – per effetto del rigetto dei
motivi di appello da lui proposti contro la sentenza non
definitiva del tribunale – la corte territoriale aveva
erroneamente respinto altresì l’unico motivo di appello da lui

condanna al risarcimento dei danni da inadempimento contrattuale.
Inadempimento erroneamente posto a suo carico dal tribunale in
esito sia all’erronea e fuorviante valutazione probatoria indotta
dalla su richiamata visura RRII 24 settembre 96, sia all’erronea
comparazione di gravità tra il suo asserito inadempimento e quello
acclarato a carico dei convenuti (ritardo nell’attribuzione delle
unità immobiliari pattuite con la promessa di permuta).
§ 1.2

Questi due motivi di ricorso debbono essere trattati

unitariamente perché entrambi incentrati – sotto il profilo della
carenza motivazionale e della violazione delle norme procedurali
sulla ammissione e valutazione probatoria – sull’errata
ricostruzione fattuale della vicenda da parte del giudice di
merito. Segnatamente, con riguardo al punto decisivo della
controversia, rappresentato dall’insistenza dell’ipoteca
giudiziale su una porzione del terreno oggetto della promessa di
permuta, e dal conseguente grave inadempimento risolutorio posto
in essere dai promittenti. La connessione tra le doglianze in
esame è resa vieppiù evidente in considerazione del fatto che il
terzo motivo di ricorso (volto a contrastare la condanna al
risarcimento del danno di cui alla sentenza definitiva del
6

proposto contro la sentenza definitiva; quella recante la sua

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

tribunale) appare, nella stessa prospettazione del ricorrente,
logicamente consequenziale al primo (volto a contrastare la
valutazione probatoria in ordine alla identificazione della
porzione di terreno effettivamente gravata dall’ipoteca giudiziale
e, pertanto, all’inadempimento rilevante ai fini della risoluzione

Sul punto qualificante della controversia, la corte di appello
– dopo aver premesso in diritto la vigenza della garanzia per
evizione anche nella permuta, e dopo aver ritenuto corretta
l’affermazione del tribunale secondo cui la sola emersione
dell’ipoteca giudiziale aveva giustificato il ritardo
nell’andamento dei lavori di costruzione e nell’attribuzione delle
unità immobiliari permutande – ha ritenuto anch’essa che l’ipoteca
in questione gravasse effettivamente sul terreno oggetto del
preliminare.
Ha in merito osservato (sent.pag.8): “(…)

Infatti dalla visura

del 24 settembre 96 sulla quale (11 Munafò) fonda i propri gravami
non risulta affatto che l’ipoteca a suo carico fu iscritta su bene
diverso da quello promesso in permuta, dal momento che i
promittenti cedenti avevano quale parte indistinta promesso di
trasferire la particella 209 subalterno 2 e la particella 503 (ex
lb) e che l’ipoteca fu iscritta sulla particella 209 senza
indicazione di subalterni, ossia su un terreno che fu oggetto di
frazionamento catastale, ossia di un’operazione che normalmente si
compie su terreni edificati e che ha ad oggetto una consistenza
immobiliare iniziale che poi si divide nel vari subalterni senza
7

contrattuale).

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

escludere che un eventuale pregiudizio iscritto sulla consistenza
di partenza si trasferisca poi ai subalterni di risulta”.

Ha poi

aggiunto la corte che, in tale situazione, sarebbe stato onere del
Munafò confutare le risultanze in questione producendo “una visura
catastale storica che dimostrasse il proprio opposto assunto”;

ma

che l’iscrizione gravante sulla particella 209 costituisse
effettivamente

“una precisa trasgressione dell’obbligo di cedere

la particella 209 subalterno 2, promessa in permuta, libera da
pesi ed ipoteche”.
Ciò posto, i motivi di ricorso in esame appaiono per più versi
inammissibili.
Per quanto concerne il vizio di tipo motivazionale, la (prima)
doglianza si limita a menzionare il n.5) del l” co.dell’art.360
cod.proc.civ. senza enucleare i passaggi argomentativi del giudice
di merito che si assumono affetti da motivazione incongrua; e
nemmeno, anzi, viene specificato sotto quale profilo (in termini
di contraddittorietà, omissione, insufficienza) tale incongruenza
venga lamentata.
In ogni caso, il ragionamento posto dalla corte territoriale a
fondamento del proprio

decisum

risulta del tutto lineare e

completo sul piano logico-giuridico; anche là dove dà conto del
perché l’inadempimento dei promittenti dovesse risultare provato tanto più in assenza di elementi di segno contrario che costoro
avrebbero potuto agevolmente versare in giudizio attraverso la
produzione di una visura catastale storica sulla base
8

che ciò non era stato fatto, con la conseguenza di dover ritenere

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

dell’iscrizione ipotecaria risultante dalla visura 24 settembre
96. Attestante l’incidenza dell’iscrizione ipotecaria sulla intera
particella 209, così da permanere su di essa pur dopo il
frazionamento dell’area in diversi subalterni in ragione del
compendio edificato.

inammissibilità delle doglianze – il ricorrente ripropone in
questa sede,

sub specie di violazione normativa, quella che altro

non è che una nuova valutazione probatoria in ordine ad una
determinata ricostruzione fattuale della fattispecie; così come
già fatta oggetto dei motivi di appello disattesi ed integralmente
richiamati in questa sede. Nuova valutazione probatoria che – a
detta dello stesso ricorrente – si imporrebbe per porre rimedio
alla superficialità nella quale il giudice di merito sarebbe
incorso; anche attribuendo, in maniera fuorviante, maggiore
pregnanza dimostrativa ad alcuni elementi istruttori piuttosto che
ad altri.
Senonchè, è principio consolidato che la deduzione di un vizio
di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione
conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare
il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo
controllo, bensì la sola facoltà di controllare, sotto il profilo
della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le
argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta in
via esclusiva il compito di individuare le fonti del proprio
convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
9

Vero è che – e questa è la ragione fondamentale di

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a
dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così
liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge); ne

della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima,
può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di
merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o
insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia,
prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando
esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente
adottate, tale da non consentire l’identificazione del
procedimento logico-giuridico posto a base della decisione
(Cass.Sez. L, Sentenza n. 8718 del 27/04/2005, Rv. 581011; in
termini: Cass. 27 aprile 2005, n. 8718 e molte altre). Si è
inoltre stabilito (Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv.
627790) che la motivazione omessa o insufficiente è configurabile
soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come
risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale
obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa
decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel
complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo
ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo
convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità
rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul
10

consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi
delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del
convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova
pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini

Nel ragionamento logico-giuridico seguito dalla corte di
appello non sono individuabili i vizi qui rilevanti; trattandosi
di ragionamento coerente e sufficientemente chiaro nel ricostruire
la fattispecie concreta e nel ricondurla ad una determinata
disciplina normativa.
In definitiva, alla cassazione della sentenza per vizio della
motivazione può pervenirsi solo se consti che il ragionamento
del giudice di merito, come risultante dalla sentenza, sia
incompleto, incoerente ed illogico, non quando il giudice del
merito abbia semplicemente attribuito agli elementi considerati un
valore ed un significato difformi dalle aspettative e dalle
deduzioni di parte (Cass. 15 aprile 2004 n. 7/2/01; Cass. 14
febbraio 2003 n. 2222; SSUU 27 dicembre 97 n. 13045). Ne deriva
che il controllo di legittimità non può riguardare il
convincimento del giudice di merito sulla rilevanza probatoria
degli elementi considerati, ma solo che questi abbia indicato le
ragioni del proprio convincimento con una motivazione immune da
vizi logici e giuridici; come è nella specie accaduto.
§ 1.3

Per quanto concerne le dedotte doglianze di violazione o

falsa applicazione di norme sostanziali o processuali, esse non
11

del giudizio di cassazione.

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

rispondono all’onere di specificazione delle affermazioni di
diritto attraverso le quali il giudice di merito avrebbe infranto
un determinato disposto normativo:

“nel ricorso per cassazione, il

vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui
all’art. 360, primo comma n. 3, cod. proc. civ., giusta disposto

essere, a pena d’inammissibilità’, dedotto mediante la specifica
indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza
gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme
regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse
fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente
dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di
adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il
fondamento della denunziata violazione”

(Cass. n. 5076 del

05/03/2007; in termini: Cass. n. 14832 del 27/06/2007).
Risulta anzi che il Munafò non contesti in realtà nessuna delle
affermazioni in diritto recepite dalla corte dì appello e ritenute
rilevanti ai fini della decisione: non quella relativa alla
vigenza della garanzia per evizione nel preliminare di permuta; ma
nemmeno quella concernente il fatto che l’iscrizione ipotecaria in
oggetto potesse concretare di per sé, nella violazione
dell’obbligo di trasferire l’area edificanda libera da pesi e
vincoli, un’ipotesi assimilabile all’ evizione.
A ben vedere, l’unica violazione normativa dedotta riguarda
l’aver posto a fondamento della decisione una risultanza
documentale (la citata visura RRII 24 settembre 96) che si assume
12

di cui all’art. 366, primo comma n. 4, cod. proc. civ., deve

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

non essere stata prodotta ritualmente in causa perché
menzionata in atti e verbali del giudizio di primo grado”.

“non
Ora –

al di là del fatto che non viene indicato se ed in quale sede
processuale tale eccezione sia stata opposta nel primo grado di
giudizio, risultando invece che già in quel grado il Munafò

documento – quest’ultimo risultava invece indicato tra i documenti
prodotti sub.n.10) della comparsa di costituzione nel giudizio in
primo grado di parte convenuta. In tale situazione, a nulla rileva
che della produzione non vi sia traccia
di causa’,

‘negli atti e nel verbali

risultando comunque che il documento fu sottoposto al

contraddittorio (che su di esso in effetti si esercitò) come da
elenco delle produzioni ab initio depositato.
Quanto poi all’assunto – dedotto dal ricorrente all’odierna
udienza – che tale elenco sarebbe stato verosimilmente
contraffatto allo scopo di far risultare una produzione mai
regolarmente avvenuta, e che esso non sarebbe conseguentemente
idoneo a dare fedelmente conto della rituale allegazione del
documento in questione agli atti di causa, basterà osservare come,
quand’anche così fosse, si verterebbe non già di errore di diritto
suscettibile di ricorso ex art.360 l^ co.nn.3) o 4) cod.proc.civ.;
bensì di errore di fatto revocatorio, ricorribile ex art.395 n.4)
cod.proc.civ.. Ciò perché l’alterazione materiale dell’elenco
avrebbe indotto il giudice di merito in un tipico errore di natura
non valutativa, ma percettiva.

13

interloquì sul contenuto dimostrativo ‘di merito’ di tale

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

§ 2.1

Con il secondo motivo di ricorso, il Munafò deduce

violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360,
1^co., n.3) e 4) cpc, con riferimento all’articolo 112
cod.proc.civ., poiché la corte territoriale non si era pronunciata
sul motivo di appello con il quale egli aveva lamentato:

l’omessa pronuncia da parte del primo giudice sulle sue domande
formulate alle lettere C, D, G, H, I ed L dell’atto introduttivo
del giudizio; – la generica pronuncia sulle sue domande formulate
alle lettere E ed F del medesimo, in ordine alle quali il
tribunale si era limitato ad ordinare ai convenuti la
retrocessione del terreno in quanto tale, non anche della quotaparte di quanto su di esso edificato, così come previsto dalla
clausola n. 13 del preliminare di permuta.
§ 2.2 n motivo è infondato perché non di omessa pronuncia si è
trattato, ma di pronuncia implicita di rigetto (v. Cass. n. 20311
del 04/10/2011; Cass. n. 16788 del 21/07/2006).
In particolare, le domande sub C) e D) riguardavano i danni di
cui il Munafò chiedeva il risarcimento in conseguenza e per
effetto della ‘grave inadempienza’ da parte dei convenuti; la
domanda sub G) riguardava l’insussistenza in capo alla Marchese
snc del diritto di ricevere indennizzi o risarcimenti per le opere
già eseguite sul terreno oggetto della richiesta di retrocessione,
vale a dire una circostanza presupponente anch’essa l’accertamento
dell’inadempimento a carico della società convenuta; le domande
sub H) ed I) riguardavano la condanna della società convenuta al ,
i

pagamento delle penali contrattuali
14

“a causa della ritardata

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

consegna

delle

unità

immobiliari

permutande,

dell’articolo 13 del preliminare di permuta”,

ai

sensi

mentre tale

ritardata consegna è stata dal giudice di merito ritenuta
giustificata dall’emersione delle iscrizioni pregiudizievoli e,
per ciò soltanto, inidonea a costituire inadempimento risolutorio

Quanto alle domande sub E) ed F), il giudice di merito ha
effettivamente limitato la pronuncia di retrocessione al solo
terreno conferito nel piano di edificazione, senza ricomprendervi
una quota di quanto nel frattempo edificato. Ciò è però accaduto anche in tal caso – in forza dell’esclusione di qualsivoglia
inadempimento da parte della Marchese snc, la quale è stata del
resto tenuta alla restituzione dell’area non in quanto
inadempiente, ma sulla base dell’ effetto retroattivo connaturato
della dichiarazione di risoluzione contrattuale. Sicchè anche in
proposito ci si trova di fronte ad un implicito rigetto, non già
ad omessa pronuncia, dal momento che anche le domande in esame
presupponevano il positivo riscontro dell’inadempienza dei
convenuti.
Esse risultavano in altri termini inaccoglibili in presenza come è avvenuto – di inadempienza dell’attore medesimo, il quale
non avrebbe potuto giovarsi di tutti gli effetti utili del
contratto ‘come se’ quest’ultimo fosse stato da lui regolarmente
adempiuto.
Va da ultimo altresì considerato che la valutazione della
‘gravità’

risolutiva

dell’inadempimento
15

rientra

nella

a carico della convenuta medesima.

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

discrezionalità del giudice di merito, così da non essere
sindacabile in sede di legittimità ove congruamente motivata; e
che, per altro verso, le partite economiche conseguenti alla
risoluzione contrattuale hanno trovato definizione, in esito a
ctu, nella sentenza definitiva del tribunale che – sullo specifico

convenuti – non è stata censurata.
§ 3. Con il quarto motivo di ricorso, il Munafò lamenta violazione
o falsa applicazione di norme di diritto, ex art.360, 1^co., n.3)
cpc, con riferimento agli articoli 91 e 92 cod.proc.civ., atteso
che la corte di appello aveva compensato per metà le spese del
grado, con accollo della metà residua a carico esclusivo di esso
ricorrente; nonostante che, in considerazione del fatto che anche
il Della Valle aveva proposto autonomo appello avverso le due
sentenze del tribunale, la soccombenza andasse riconosciuta anche
a carico di quest’ultimo, con la conseguenza che la restante metà
delle spese del giudizio doveva essere posta a carico suo e del
Della Valle in ragione del 50% ciascuno.
La corte di appello ha giustificato l’accollo integrale al
Munafò della metà non compensata delle spese del grado
(sent.pag.9) in ragione della parziale reciproca soccombenza e,
soprattutto, del fatto che questi era infine risultato
“soccombente quanto alla principale questione sollevata con i
motivi di appello”.

La ‘principale questione’ da lui sollevata va

individuata nell’incidenza dell’ipoteca giudiziale sull’area
promessa in permuta, così come risultante dalla visura menzionata.
16

punto della quantificazione dei danni risarcibili a favore dei

Ric.n. 8726/12 rg. – Ud. dell’11.3.2014

Ed è stata reputata tale dalla corte di appello in considerazione
del ruolo da essa rivestito – in fatto e diritto – nell’ambito
complessivo delle lite, e nel dispiego di attività defensionali da
essa imposto. Si tratta di valutazione di merito, qui
incensurabile.

il sindacato di legittimità sul regolamento delle spese da parte
del giudice di merito è limitato all’accertamento che non sia
stato violato il principio secondo il quale le spese non possono
essere poste a carico della parte vittoriosa. Sicchè esula da tale
sindacato, rientrando nel potere discrezionale del giudice di
merito, la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o
in parte le spese di lite; e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza
reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi
(Cass. n. 15030 del 15/07/2005; Cass. 14.11.2002, n. 16012; Cass.
1.10.2002, n. 14095; Cass. 11.11.1996, 9840). Tali ‘giusti motivi’
sono stati debitamente evidenziati – come detto – dalla corte
territoriale, e non possono essere qui rimessi in discussione.
Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna di parte
ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio
liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM Giustizia 20
luglio 2012 n.140.
Pqm

La Corte

rigetta il ricorso;

17

Va infatti ribadito il costante orientamento in forza del quale

Ric.n. 8726/12 rg. Ud. dell’11.3.2014

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di cassazione a favore degli intimati costituiti che
liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi; oltre
accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile

in data 11 marzo 2014.

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