Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9984 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/05/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 27/05/2020), n.9984

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36113-2018 proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VALADIER 53,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO ALLEGRA, rappresentato e

difeso dall’avvocato MASSIMO NAVACH;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1359/2018 del TRIBUNALE di TRANI, depositata

il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

il Tribunale di Trani, nel giudizio ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, dichiarava, in favore di R.G., la sussistenza del requisito sanitario per percepire l’assegno ordinario di invalidità, a decorrere dalla data di presentazione della domanda amministrativa, e condannava l’INPS alla rifusione delle spese processuali, liquidandole in Euro 2.500,00 oltre IVA, CPA e rimborso spese generali, con distrazione in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario;

per la cassazione della sentenza nella parte relativa alla statuizione sulle spese R.G. ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo;

l’INPS si è costituito con controricorso.

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, comma 1, del D.M. 5 ottobre 1994, n. 585 e della L. 7 novembre 1957, n. 1051; parte ricorrente assume che il Tribunale avrebbe liquidato le spese processuali in violazione dei parametri fissati dal predetto D.M. n. 55 del 2014, ratione temporis applicabile, in base al quale l’ammontare dei compensi professionali andrebbe determinato in Euro 2.225,00, per la fase di A.T.P., ed in Euro 5.135,00, per il giudizio di merito;

il motivo è fondato nei limiti di seguito illustrati;

occorre premettere che il giudice nel liquidare le spese processuali relative ad un’attività difensiva ormai esaurita deve applicare la normativa vigente al tempo in cui l’attività stessa è stata compiuta (ex plurimis, Cass. n. 6457 del 2017; Cass. n. 17405 del 2012) sicchè alla presente fattispecie va applicato, come dedotto dal ricorrente, il D.M. n. 55 del 2014 (in vigore dal 3 aprile 2014), in quanto il ricorso per ATP risulta introdotto a seguito di rigetto della domanda amministrativa del 5.8.2015, dunque in epoca ampiamente successiva all’aprile 2014;

quanto alla determinazione degli scaglioni applicabili, occorre invece tener conto della pronuncia delle Sez. Unite (sentenza n. 10455 del 2015) che – risolvendo il contrasto determinatosi in relazione al criterio per determinare il valore della causa ai sensi dell’art. 13 c.p.c., commi 1 e 2 – ha affermato il seguente principio di diritto: “Ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni assistenziali va applicato il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., comma 1, per cui, se il titolo è controverso, il valore si determina in base all’ammontare delle somme dovute per due anni”;

ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 (artt. 1 e 4), il giudice è tenuto a liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, non essendo, invece, vincolato alla determinazione, in misura media, del compenso professionale (v. ex multis, Cass. n. 2304 del 2019, in motiv., p. 7, e relativi richiami a Cass. n. 18167 del 2015, Cass. n. 253 del 2016 e Cass. n. 16225 del 2016);

applicando tali principi al caso in esame, come già chiarito da questa Corte in plurimi arresti resi in casi analoghi, (v. ex multis Cass. n. 28977 del 2018), il valore della causa va individuato tra Euro 5.200,00 ed Euro 26.000,00, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta, ed i parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70%, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4), e, trattandosi di causa inquadrabile nella tab. 4 (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442,50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50% e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del cit. D.M. n. 55 del 2014, art. 4);

la liquidazione delle spese contenuta nell’impugnata sentenza ed espressa in Euro 2.500,00 (complessivi) non è dunque adeguata alla normativa di riferimento per essere inferiore ai minimi di cui si è detto, senza che risulti indicata alcuna motivazione in ordine alla non riconoscibilità, nel caso concreto, di alcuni compensi stabiliti dal citato D.M. n. 55 del 2014, in relazione alle singole fasi processuali;

il ricorso va dunque accolto; l’impugnata sentenza va cassata nella parte relativa alla statuizione sulle spese con decisione nel merito – ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – riliquidando le spese della fase di ATP in Euro 911,00 e quelle del giudizio di opposizione, ex art. 445 bis c.p.c., comma 6, in Euro 2.251,00, così determinandosi l’importo complessivo di Euro 3.162,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, da distrarsi, ex art. 93 c.p.c., in favore del difensore;

lo scostamento, in misura esigua, rispetto ai limiti legali giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa, per quanto di ragione, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio dinanzi al Tribunale in complessivi Euro 3.162,00, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore.

Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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