Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9983 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2010, (ud. 23/02/2010, dep. 27/04/2010), n.9983

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – rel. Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 26943/2008 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1,

presso lo studio dell’avvocato MANCA BITTI Daniele, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGHE FRANCO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore Generale in carica

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

contro

COMUNE DI QUARTU S.E., in persona del Sindaco in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BARBERINI 3, presso lo studio

dell’Avvocato MARCO MARIANI, rappresentato e difeso dall’Avvocato

CARLO AUGUSTO MELIS COSTA, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di CAGLIARI del 5/03/08, depositata il 07/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. CAMILLA DI IASI;

è presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

 

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. F.C. propone ricorso per cassazione (successivamente illustrato da memoria) nei confronti dell’Agenzia del Territorio e del Comune di Quartu S. Elena (che hanno resistito con controricorso) e avverso la sentenza con la quale, in controversia concernente impugnazione di avvisi di accertamento ICI e variazione di rendita catastale, la C.T.R. Sardegna, in parziale modifica della sentenza di primo grado, dichiarava dovuta la maggiore imposta ICI per gli anni 1999/2002, con esclusione di sanzioni e interessi e dichiarava ammissibile il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia del Territorio avverso il classamento dell’immobile de quo, rigettandolo nel merito.

2. I primi due motivi di ricorso (coi quali si deduce vizio di motivazione) risultano inammissibili perchè con essi carenti in relazione all’art. 366 bis c.p.c., comma 2, a norma del quale, nell’ipotesi di censura ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione sì assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, essendo peraltro da evidenziare che, secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dal citato art. 366 bis c.p.c., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (v. Cass. n. 8897 del 2008).

Anche il terzo motivo di ricorso (col quale si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2, rilevando che la nuova rendita ai fini ICI deve ritenersi efficace a decorrere dall’anno di imposta successivo – nella specie, il 2000 – a quello nel quale le modifiche catastali sarebbero state annotate negli atti) risulta inammissibile, dovendo rilevarsi che col motivo in esame viene proposta una questione che non risulta espressamente affrontata nella sentenza impugnata (peraltro non censurata per omessa pronuncia su tale decisiva questione prospettata dalla parte) e che, secondo la giurisprudenza di legittimità, qualora una determinata questione giuridica – che, come nella specie, presupponga un accertamento in fatto – non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (nella specie non adempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, (eventualmente specificando se la questione, proposta in primo grado, è stata riproposta in appello) onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (v. tra le altre Cass. n. 28480 del 2005).

Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00, di cui Euro 2,800,00 per onorari, oltre contributo unificato, spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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