Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9983 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9983 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 18268-2008 proposto da:
PL GROUP DI PICHINELLI LUIGI DITTA 01032230672, in
persona del suo titolare e legale rappresentante Sig.
LUIGI PICHINELLI, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA PAOLO EMILIO 28, presso lo studio dell’avvocato
RECCHI ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato
PANI’ COVELLI MARCELLO giusta procura in calce al
ricorso;
– ricorrente contro

CENTRO AUTORIPARAZIONI DI FRATTAROLI V & SCHIAVONI D

Data pubblicazione: 08/05/2014

SNC

00468940671,

in

persona

dei

suoi

legali

rappresentanti VINCENZINO FRATTAROLI e DARIO
SCHIAVONI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI
VILLA BETANIA

4,

presso lo studio dell’avvocato

SILVIA VILARDO, rappresentata e difesa dall’avvocato

controricorso;

avverso la sentenza n.

297/2008

controricorrente

del TRIBUNALE di

TERAMO, depositata il 17/04/2008 R.G.N. 1004/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/03/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato MARIA ANTONIETTA PERILLI;
udito l’Avvocato VINICIO SABATINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’inammissibilita’ del ricorso.

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SABATINI VINICIO giusta procura a margine del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.11 Centro Autoriparazioni snc, sulla base di fattura emessa per la
riparazione della autovettura Audi, acquistata da Cristiano Rocchetti dalla
ditta P.L. Group di Pichinelli Luigi, ottenne decreto ingiuntivo (per
l’importo di euro 1.870,00, oltre accessori) in danno della ditta venditrice
dell’autovettura.
La ditta intimata propose opposizione, deducendo, tra l’altro, di essere

al committente dei lavori. Il Centro Autoriparazioni opposto sostenne di
aver ricevuto la richiesta di riparazioni dalla P.L. Group.
Espletata l’istruttoria, comprensiva della testimonianza dell’acquirente
Cristiano Rocchetti, il Giudice di Pace rigettò l’opposizione e confermò il
decreto ingiuntivo.
Il Tribunale di Teramo rigettò l’impugnazione proposta dalla ditta
soccombente (sentenza del 17 aprile 2008).
2. Avverso la suddetta sentenza, la ditta P.L. Group di Pichinelli Luigi
propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, tra i quali la
violazione dell’art. 246 cod. proc. civ., in riferimento alla testimonianza di
Cristiano Rocchetti, che invece sarebbe incapace a testimoniare.
Resiste con controricorso il Centro Autoriparazioni, che, preliminarmente
eccepisce la rinuncia della controparte a far valere l’incapacità a
testimoniare del Rocchetti, non avendo richiesto, in sede di precisazioni di
conclusioni in primo grado, la revoca dell’ordinanza che aveva respinto la
sussistenza della incapacità.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.11 Tribunale, nel riferire la censura avanzata in appello dalla P.L. Group,
secondo la quale il Rocchetti era incapace a testimoniare, per essere
acquirente dell’auto riparata e committente dei lavori di riparazione,
espone che era stata in tal modo impugnata la decisione di primo grado
che aveva escluso l’incapacità a testimoniare del Rocchetti.
Esclude poi, di poter ravvisare tale incapacità. Argomentando da una
decisione della Cassazione (12 maggio 2006, n. 11034), sostiene che,
dovendosi ritenere esclusa l’incapacità a testimoniare anche per l’ipotesi
in cui il Rocchetti fosse stato convenuto dalla creditrice in un altro
processo per lo stesso pagamento, a maggior ragione doveva escludersi
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estranea alla pretesa di pagamento, che avrebbe dovuto essere richiesto

l’incapacità nella specie in cui tale processo non esisteva. Di
conseguenza, il Tribunale ritiene di dover valutare solo l’attendibilità del
teste alla luce degli altri riscontri.
2.Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione dell’art. 246 cod.
proc. civ., sostenendo che è incapace a testimoniare il soggetto che
avrebbe potuto citare o intervenire in giudizio nei confronti di una delle
parti in causa per far valere la garanzia per vizi della cosa acquistata, o

convento originario, e/o il soggetto da cui il convenuto originario avrebbe
potuto pretendere di essere manlevato o garantito.
2.1. La società controricorrente eccepisce l’inammissibilità del motivo di
ricorso.
Sostiene che, non avendo la ditta venditrice riproposto l’eccezione di
incapacità a testimoniare, in sede di precisazione di conclusioni in primo
grado, dopo che la stessa eccezione era stata respinta con ordinanza dal
primo giudice, non avrebbe potuto impugnare sul punto la sentenza di
primo grado.
L’eccezione è fondata e il motivo inammissibile.
2.2. Dal controllo degli atti processuali, puntualmente richiamati e indicati
dalla controricorrente, (sentenza primo grado che rinvia alle conclusioni
in atti, e note conclusionali del 20 novembre 2006, dove si richiamano le
conclusioni in sede di opposizione) risulta che la ditta venditrice, non ha
riproposto l’eccezione di incapacità a testimoniare in sede di precisazione
di conclusioni in primo grado.
Di recente, le Sez. Un. hanno ribadito che la nullità della testimonianza
resa da persona incapace, ai sensi dell’art. 246 cod. proc. civ., essendo
posta a tutela dell’interesse delle parti, è configurabile come nullità
relativa e, in quanto tale, deve essere eccepita subito dopo l’assunzione
della prova, rimanendo altrimenti sanata ai sensi dell’art. 157, secondo
comma, cod. proc. civ., e che qualora detta eccezione venga respinta,
l’interessato ha l’onere di riproporla in sede di precisazione delle
conclusioni e nei successivi atti di impugnazione, dovendosi altrimenti
ritenere rinunciata, con conseguente sanatoria della nullità per
acquiescenza, rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del
processo. (Sez. Un. 23 settembre 2013, n. 21670).
4

che avrebbe potuto essere citato alternativamente o solidalmente con il

In applicazione del suddetto principio, è fondata l’eccezione di intervenuta
sanatoria prospettata dalla controricorrente; non avendo la parte
interessata (ditta Pichinelli) riproposto l’eccezione di incapacità a
testimoniare in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, la
nullità relativa era già sanata per acquiescenza. Per effetto della
sanatoria intervenuta, è divenuta irrilevante la pronuncia del giudice (di
primo e ) secondo grado sulla incapacità, sia pure per escluderla.

l’incapacità a testimoniare, consegue, l’inammissibilità del motivo di
ricorso volto a sostenere l’incapacità a deporre del teste che la sentenza
ha ritenuto capace.
3. Con il secondo e terzo motivo vengono dedotti tutti i vizi motivazionali
senza che sia neanche formulato il c.d. quesito di fatto, richiesto dall’art.
366 bis. cod. proc. civ., applicabile ratione temporis.
Invece, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, il ricorrente che
denunci un vizio di motivazione della sentenza impugnata è tenuto – nel
confezionamento del relativo motivo – a formulare in riferimento alla
anzidetta censura, un c.d. quesito di fatto, e cioè indicare chiaramente, in
modo sintetico, evidente e autonomo, il fatto controverso rispetto al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, così come le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
inidonea a giustificare la decisione. A tale fine, secondo la Corte, è
necessaria la enucleazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico
passaggio espositivo del ricorso nel quale tutto ciò risalti in modo non
equivoco. Tale requisito, infine, non può ritenersi rispettato allorquando
solo la completa lettura della illustrazione del motivo – all’esito di una
interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte
ricorrente – consenta di comprendere il contenuto e il significato delle
censure, atteso che la Corte, in ragione del carattere vincolato della
critica che può essere rivolta alla sentenza impugnata, deve essere posta
in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito di fatto, quale
sia l’errore commesso dal giudice del merito.
Entrambi i motivi sono, pertanto, inammissibili.

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Dalla sanatoria per acquiescenza della parte interessata a far valere

4. Con il quarto motivo si deduce violazione degli artt. 2697 cod. civ. e
dell’art. 116 cod. proc. civ. con rinvio alla questi() facti di cui ai motivi
secondo e terzo.
Anche prescindendo dalla adeguatezza dei plurimi quesiti formulati (pag.
25 del ricorso), l’inammissibilità del motivo deriva dalla pronunciata
inammissibilità dei motivi sul difetto di motivazione che precedono.
Deducendo una violazione nel riparto dell’onere della prova, la ricorrente,

valutate dal giudice nel contesto del riscontro di attendibilità del
testimone ritenuto capace.
In definitiva, la doglianza articolata con la censura della ricorrente si
risolve nella messa in discussione dell’accertamento e della valutazione
degli elementi di fatto del caso concreto compiuti dal giudice del merito,
senza evidenziare difetti di coerenza logico – formale delle
argomentazioni che sostengono la sentenza impugnata, e finisce con il
chiedere a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito
attraverso una rinnovata valutazione delle risultanze di causa.
5. Consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, sulla base dei
parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, a favore della società
controricorrente.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in
favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di
cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2014

Il consigliere estensore

in realtà, prospetta diverse valutazioni delle risultanze probatorie già

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