Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9981 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9981 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

SENTENZA
sul ricorso 21033-2008 proposto da:
MASCHER GIOVANNI BATTISTA in proprio e quale legale
rappresentante dell’AZIENDA AGRICOLA MASCHER GIOVANNI
BATTISTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato
PETRETTI ALESSIO, che la rappresenta e difende
2014
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unitamente all’avvocato ALBERTI IVAN giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

ZANETTI BRUNO ZNTBRN38P15D371R, domiciliato ex lege

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Data pubblicazione: 08/05/2014

in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati
BRIENZA LUIGI e FERRARI GUIDO giusta procura speciale
a margine del controricorso;
– controricorrente

di TRENTO, SEZIONE AGRARIA, depositata il 27/05/2008,
R.G.N. 28/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 07/03/2014 dal Consigliere Dott.
ANNAMARIA AMBROSIO;
udito

il

P.M. in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto del
ricorso;

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avverso la sentenza n. 86/2008 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel luglio 1988 Giovanni Battista Mascher in proprio e
quale procuratore della sorella Carla Mascher, concedenti, e
Bruno Zanetti coltivatore, concludevano due accordi: con il
primo, Bruno Zanetti rinunziava all’ulteriore durata del

loc. Cesura di Caneve, mentre con il secondo Giovanni Battista
Mascher dichiarava la sua disponibilità all’assunzione dello
Zanetti, quale salariato, nell’azienda florovivaistica che
intendeva realizzare.
La presente controversia si incentra sulla qualificazione
dei rapporti intercorsi tra le parti nel periodo
successivamente a tali accordi perché – pacifica la mancata
costituzione del rapporto di lavoro subordinato con l’azienda
florovivaistica, costituita negli anni successivi da Giovanni
Battista Mascher – Bruno Zanetti assume di essere rimasto
nella detenzione nella parte del fondo, non destinata a detta
azienda, in forza di un contratto di affitto stipulato
verbalmente, circostanza, questa, negata dai Mascher, secondo
cui vi fu solo un apporto di lavoro autonomo nell’azienda
florovivaistica e nella coltivazione del fondo, riconducibile
all’appalto o al contratto d’opera, fondato su un rapporto di
natura fiduciaria.
Le ragioni del contendere emersero allorchè nell’anno 2001
la COSMI s.p.a., che già nell’anno 1997 aveva acquistato buona
parte del fondo dai Mascher, senza che ciò fosse reso noto
allo Zanetti, ne pretese il rilascio, incontrando le
resistenze del coltivatore, che si qualificò affittuario del

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contratto di colonia parziaria del fondo dei Mascher in Arco

fondo e che, peraltro, dopo l’esperimento di una procedura di
urgenza da parte della società, raggiunse con quest’ultima un
accordo transattivo per il rilascio.
I

Mascher

assunsero,

quindi,

l’iniziativa

per

l’accertamento negativo del contratto di affitto.

sez. specializzata agraria – adito da Giovanni Battista
Mascher, in proprio e nella qualità di legale rappresentante
dell’Azienda Agricola Mascher, nonché da Carla Mascher, dopo
che il Tribunale ordinario si era dichiarato incompetente per
materia – rigettò le domande dei Mascher, intese
all’accertamento dell’inesistenza tra le parti di un rapporto
di natura agraria e alla cessazione di turbative e molestie da
parte dello Zanetti; accolse invece, la domanda
riconvenzionale dello Zanetti e, per l’effetto, accertò la
sussistenza di un rapporto di affitto agrario a decorrere
dall’annata agraria 1988/89 fino all’annata agraria 2003/2004
sulla base di un contratto verbale avente ad oggetto il
suddetto fondo, al netto del terreno utilizzato per l’azienda
florovivaistica, avente durata dall’annata agraria 1988/89
fino all’annata agraria 2003/2004; dichiarò risolto il
suddetto contratto a decorrere dall’annata agraria 2001/2002,
perché la superficie residua dopo la vendita a COSMI s.p.a.
era divenuta non utilmente coltivabile per fatto incolpevole
dell’affittuario; condannò quindi gli attori al pagamento
dell’indennità di C 3.000,00 per l’anticipata risoluzione del
contratto, nonché alle spese di lite.
La decisione, gravata da impugnazione di Giovanni Battista

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Con sentenza in data 04.10.2007 il Tribunale di Rovereto,

Mascher, in proprio e nella qualità di legale rappresentante
dell’Azienda Agricola Mascher, nonché da Carla Mascher, venne
confermata dalla Corte di appello di Trento, la quale con
sentenza in data 27.05.2008 rigettò l’appello con condanna
degli appellanti al pagamento delle ulteriori spese.

Giovanni Battista Mascher, in proprio e nella qualità di
legale rappresentante dell’Azienda Agricola Mascher, svolgendo
due motivi.
Bruno Zanetti ha resistito, depositando controricorso e
deducendo, tra l’altro, la mancata integrità del
contraddittorio, per non essere stato il ricorso proposto o
notificato a Carla Mascher.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso, avuto riguardo alla data della pronuncia
della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e
antecedente al 4 luglio 2009), è soggetto alla disciplina di
cui agli artt. 360 cod. proc. civ. e segg. come risultanti per
effetto del cit. d.Lgs. n. 40 del 2006; si applica, in
particolare, l’art. 366 bis cod. proc. civ., stante l’univoca
volontà del legislatore di assicurarne ultra-attività (ex
multis,

cfr. Cass. 27 gennaio 2012, n. 1194), atteso che la

norma resta applicabile in virtù dell’art. 27, comma 2 del
cit. d. Lgs ai ricorsi per cassazione proposti avverso le
sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere
dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo
2006, senza che rilevi la sua abrogazione, a far tempo dal 4
luglio 2009, ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47,

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Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

comma 1, lett- d), in forza della disciplina transitoria
dell’art. 58 di quest’ultima.
1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.3 cod. proc. civ. violazione o falsa
applicazione dell’art. 1362 cod. civ., nonché dell’art. 23 L.

febbraio 1990, n. 29

(rectius modificato dall’art. 45, L. 3

maggio 1982, n. 203) in relazione all’interpretazione,
validità ed efficacia della comune volontà delle parti
manifestata e dedotta negli accordi intercorsi in data
10.07.2008

(rectius 10.07.1998). Con il quesito conclusivo si

chiede: «se tra le parti intercorre un accordo (lecito chiaro
e intelligibile) relativo alla totalità di un fondo, con 11
quale il conduttore rinuncia a qualsiasi conduzione agraria
acchè il proprietario costituisca una sua nuova azienda e l’ex
colono si limita a collaborare col proprietario aiutandolo,
sempre dietro corrispettivo, nella coltivazione sulla restante
parte (residua e destinata ad essere conglobata nella nuova
azienda) del fondo totalmente rilasciato in favore del
proprietario che ne dispone anche di fatto liberamente
(abbattendo ed estirpando a proprio piacimento le colture) è
ravvisabile un contratto di affitto di azienda?»
1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia ai sensi
dell’art. 360 n.5 cod. proc. civ. omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio in ordine alla decisione di ritenere
irrilevante i comportamenti delle parti in relazione al fondo
oggetto della controversia, così come risultante dagli accordi

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11 febbraio 1971 n.11 così come sostituito dall’art. 45 L. 14

intercorsi dalla modifica del rapporto contrattuale e della
documentazione e rilievi probatori dedotti e prodotti in
giudizio.
2. Entrambi i motivi rivelano un evidente errore di
prospettiva, che necessariamente ridonda nell’aspecificità

sul contenuto degli accordi del luglio 1988, laddove la
decisione impugnata attiene all’accertamento dei rapporti
intercorsi tra le parti successivamente a quella data,
evidenziando che- pur dopo la risoluzione anticipata del
contratto di colonia parziaria – lo Zanetti continuò la
coltivazione del fondo, con l’unica variante relativa alla
riserva da parte dei proprietari di una porzione minoritaria
di terreno destinata all’attività florovivaistica intrapresa
da Giovanni Battista Mascher, inferendone, di conseguenza, la
stipula verbale di un nuovo contratto di affitto.
In particolare i giudici di appello si sono fatti carico
delle censure dell’odierno ricorrente che – muovendo
dall’esistenza dell’accordo scritto in ordine alla risoluzione
del contatto di colonia parziaria in forza del quale lo
Zanetti e la sua famiglia conducevano il fondo Cesura di
Caneve – postulavano l’inesistenza di un accordo verbale (in
tesi) difforme e contrario a quanto scritto; a tal fine hanno,
quindi, posto in evidenza come, con la cessazione anticipata
del rapporto di colonia parziaria, il Mascher avesse
conseguito il risultato di riottenere la disponibilità di
quella parte del fondo necessaria per lo svolgimento
dell’attività florovivaistica, nel contempo affidando allo

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delle censure, giacchè risultano sostanzialmente incentrati

stesso Zanetti la coltivazione del residuo fondo (oltre
all’incarico di eseguire i lavori necessari all’impianto del
vivaio); il che non avrebbe potuto fare se avesse proseguito
il contratto di colonia parziaria che aveva ad oggetto anche
quella parte del fondo destinata ad azienda florovivaistica.

attraverso argomentazioni complete ed appaganti, improntate a
corretti criteri logici e giuridici, nonchè frutto di
un’indagine accurata delle risultanze processuali,
segnatamente evidenziando vuoi l’inequivocità delle
dichiarazioni rese dal Mascher nel procedimento ex art. 700
cod. proc. civ. promosso da COSMI nei confronti dello Zanetti,
deponenti per la prosecuzione della coltivazione del fondo con
l’accordo del proprietario, vuoi la certezza della
documentazione attestante il pagamento del corrispettivo
(anche) per il fondo di Cesura di Caneve, attraverso il
sistema mezzadrile, con decurtazione delle spese dalla quota
percentuale spettante al proprietario sul ricavato della
coltivazione del fondo.
Gli argomenti di segno contrario svolti da parte ricorrente
– lungi dal denunciare l’erronea ricognizione dell’astratta
fattispecie normativa da parte dei giudici del merito predicano in realtà una diversa ricostruzione della
fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, non
consentita in sede di legittimità, peraltro eludendo il punto
centrale della decisione impugnata, laddove si mette in
evidenza come alla riconducibilità del rapporto ad un
contratto d’opera o di appalto di servizi fosse di ostacolo il

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2.1. La Corte di merito è pervenuta alla decisione

fatto incontroverso che lo Zanetti non si era limitato alla
esecuzione di alcuni interventi od operazioni agricole, ma
aveva conseguito la disponibilità del fondo degli appellanti,
sul quale aveva svolto tutte le operazioni di coltivazione,
trattenendone i frutti e corrispondendo al proprietario un

Ne risente il quesito di diritto a corredo del primo
motivo, il quale non postula l’enunciazione di una

regula

iuris basata sulla norme indicate in rubrica che sia diversa

da quella applicata dalla sentenza impugnata, né tantomeno
rivela un errore nell’interpretazione degli accordi scritti
tra le parti, ma prospetta una diversa ricostruzione del
fatto; mentre la lunga serie di interrogativi che chiude il
secondo motivo – in luogo del necessario momento di sintesi
(«la chiara indicazione» di cui all’art. 366 bis cod. proc.

civ.) – è di per sé sintomatica della genericità della critica
della motivazione.
2.3. In conclusione il ricorso va rigettato.
E’ appena il caso di aggiungere che non si è ritenuto di
provvedere in ordine all’istanza di integrazione del
contraddittorio sollecitata da parte controricorrente, in
considerazione di principio acquisito nella giurisprudenza di
• questa Corte, secondo cui il rispetto del diritto fondamentale
ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai
sensi degli artt. 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e
impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita
definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si
traducono in un inutile dispendio di attività processuali e

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corrispettivo parametrato al guadagno conseguitone.

formalità superflue perché non giustificate dalla struttura
dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto
effettivo del principio del contraddittorio, da effettive
garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al
processo in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera

Ne consegue che, in caso di ricorso per cassazione prima facie
infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i
presupposti, disporre la fissazione di un termine per
l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione
di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione
di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in
un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di
cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia
dell’effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. 17
giugno 2013, n. 15106).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in
dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 140
del 2012, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in
C 3.700,00 (di cui C 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge.
Roma 7 marzo 2014

giuridica l’atto finale è destinato a produrre i suoi effetti.

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