Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 998 del 20/01/2021

Cassazione civile sez. III, 20/01/2021, (ud. 10/09/2020, dep. 20/01/2021), n.998

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. Dell’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27917-2019 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 239, presso lo studio dell’avvocato VALENTINA VALERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIACOMO CAINARCA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 11/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/09/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il ricorrente, O.E., cittadino (OMISSIS), della regione dell'(OMISSIS).

Racconta di essere fuggito dal suo paese, in seguito ad un episodio delittuoso di cui è stata vittima la sua famiglia: non volendo cedere un terreno di proprietà, i suoi genitori sono stati uccisi mentre erano a bordo dell’auto, e lui ed i suoi fratelli hanno subito un’aggressione armata.

Giunto in Italia, il ricorrente ha chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, nonchè la protezione sussidiaria e quella umanitaria.

La Commissione territoriale ha rigettato la domanda questa decisione è stata confermata dal Tribunale di Milano.

O. ricorre con due motivi. V’è controricorso del Ministero dell’Interno, che chiede il rigetto.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- La ratio della decisione impugnata. Il Tribunale ritiene innanzitutto non credibile la versione dei fatti fornita dal ricorrente, che pure nel suo nucleo essenziale parrebbe riportata dal un quotidiano locale. Tuttavia, nonostante ciò, il Tribunale esclude che il ricorrente possa ritenersi perseguitato per motivi razziali o religiosi o politici, e dunque esclude il diritto allo status di rifugiato; ritiene, altresì il Tribunale che non essendovi una situazione di conflitto armato nella regione dell'(OMISSIS), non possa neanche prospettarsi una protezione sussidiaria; che, infine, quanto alla protezione umanitaria, a parte la situazione esistente in (OMISSIS), che non sarebbe di completo o comunque serio ostacolo al godimento dei diritti fondamentali, il ricorrente non allega alcunchè a dimostrazione della integrazione in Italia.

Il ricorrente propone ricorso con due motivi.

2.- Il Ministero dell’Interno ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile in quanto mirante ad ottenere una diversa valutazione dei fatti, piuttosto che a denunciare una violazione di legge.

3.- Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art.5.

Egli ritiene che i seri motivi per concedere la protezione umanitaria vadano valutati tenendo conto dei rischi che il ricorrente corre in caso di rimpatrio non solo quanto al godimento, che potrebbe essere pregiudicato, dei diritti fondamentali, ma altresì per quanto riguarda la situazione di emergenza da cui egli fugge.

In sostanza, la protezione umanitaria copre dal rischio di rimpatrio difronte ad emergenze umanitarie determinate, non solo da guerre, ma da situazioni economiche e da disastri ambientali.

La corte avrebbe invece ristretto il parametro di valutazione al pericolo per il godimento dei diritti civili fondamentali.

Il motivo è infondato.

In astratto non v’è dubbio che la protezione umanitaria è concessa contro rischi, in caso di rimpatrio, derivanti da una situazione di emergenza, che può essere sanitaria, naturale (Cass. 2563/2020), oltre che da una situazione di negazione dei diritti fondamentali.

E tuttavia, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, il rischio deve essere individualizzato o comunque relativo al richiedente, non potendosi prospettare una situazione astratta legata alla situazione del paese di origine.

Tra l’altro il ricorrente non dimostra che nella sua regione si verificano condizioni come quella da lui in astratto denunciate. Egli ammette che non rilevano nè la povertà nè l’analfabetismo (p. 9), ma ritiene che si tratti di condizioni che, unitamente ad altre, possono incidere sul bisogno di protezione, salvo a riconoscere che la fuga è avvenuta per ragioni di difficoltà economica (p. 10).

In sostanza, va ribadito che il giudizio circa la sussistenza dei seri motivi umanitari deve tenere conto, oltre che della situazione del paese di origine quanto al livello di godimento dei diritti fondamentali, altresì del livello di integrazione raggiunto dal ricorrente in Italia, parametro indispensabile per valutare se, in caso di rimpatrio, il ricorrente può perdere la condizione di vita acquisita qui.

Sotto tale aspetto, il ricorrente non ha dimostrato alcunchè circa la sua integrazione in Italia, nè con il ricorso ha contestato il giudizio negativo (su tale integrazione) fornito dal tribunale.

4.- Con il secondo motivo invece il ricorrente denuncia violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 1.

Ritiene che vi fossero le condizioni per riconoscere la protezione sussidiaria relativamente ai pericoli derivanti dalla situazione di conflitto armato generalizzato.

La corte di merito non avrebbe adeguatamente valutato la situazione sia della regione che dell’intera nazione (OMISSIS), avendo negato che vi potessero essere condizioni di pericolo per i civili in quanto tali, invece ampiamente dimostrati dalle fonti internazionali di conoscenza.

Il motivo è infondato.

Va ribadito che ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C, la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12), deve essere interpretata nel senso che il conflitto armato interno rileva solo se, eccezionalmente, possa ritenersi che gli scontri tra le forze governative di uno Stato e uno o più gruppi armati, o tra due o più gruppi armati, siano all’origine di una minaccia grave individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria. Il grado di violenza indiscriminata deve aver pertanto raggiunto un livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. 18306 /2019).

A tale fine, la censura del ricorrente deve essere precisa, con indicazione delle fonti alternative di conoscenza e della inadeguatezza di quella cui ha fatto riferimento il giudice di merito. Infatti, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non può procedersi alla mera prospettazione, in termini generici, di una situazione complessiva del Paese di origine del richiedente diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento fonti internazionali alternative successive a quelle utilizzate dal giudice e risultanti dal provvedimento decisorio, ma occorre che la censura dia atto in modo specifico degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, dovendo la censura contenere precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 26728/2019).

Invece, il ricorrente si limita a contestare l’accertamento fatto dal Tribunale ma senza proporre una diversa ricostruzione della situazione del paese di origine con riferimento a diversa (da quella assunte dal tribunale) fonti di conoscenza qualificate.

Il ricorso va pertanto rigettato.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2021

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