Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9978 del 20/04/2017

Cassazione civile, sez. I, 20/04/2017, (ud. 07/02/2017, dep.20/04/2017),  n. 9978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20702/2014 proposto da:

Impresa Individuale M.A., in persona dell’omonimo titolare

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Ugo De Carolis n. 31, presso l’avvocato Sola Vito, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Bozzo Mario

Alessandro, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento M.A., in persona del Curatore Dott. AGNESE CAU,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Vallisneri n. 11, presso

l’avvocato Cecere Stefano, rappresentato e difeso dall’avvocato

Fodde Gianraimondo, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 17/2014 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 14/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal cons. SCALDAFERRI ANDREA;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato VITO SOLA, con delega avv.

Bozzo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

LUIGI che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.A., titolare della omonima ditta individuale, proponeva reclamo avverso la sentenza del 31 marzo 2014 con la quale il Tribunale di Oristano ne aveva dichiarato il fallimento, su istanza proposta dal Pubblico Ministero a seguito di segnalazione pervenutagli dal giudice delegato ai fallimenti. Il quale aveva rilevato alcuni elementi sintomatici dell’insolvenza nel corso di un procedimento contro il medesimo imprenditore, promosso per un ingente credito da Unipol Banca s.p.a., e archiviato per desistenza da tale istanza. Deduceva in primo luogo il reclamante l’illegittimità della istanza del P.M. perchè l’istante si era limitato a condividere quanto comunicato dal giudice delegato; in secondo luogo censurava la ritenuta sussistenza dello stato di insolvenza.

La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza depositata il 14 luglio 2014, ha rigettato il reclamo, ritenendo che: a) rettamente il giudice delegato aveva nella specie segnalato i dati caratterizzanti la concreta fattispecie al P.M., che nella propria autonomia decisionale aveva inoltrato l’istanza di fallimento; b) lo stato (non transitorio di illiquidità bensì) di insolvenza risulta chiaramente dai quaranta protesti risultanti elevati a carico dell’imprenditore, e da una passività pacificamente ammontante ad oltre 8,5 milioni di euro a fronte di crediti illiquidi e non esigibili, comunque non superiori a complessivi Euro 6 milioni.

Avverso tale sentenza M.A. ha proposto ricorso per cassazione. Gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso si basa su tre motivi. Con il primo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 7, comma 1, n. 2, lamentando che la corte distrettuale abbia disatteso la sua censura relativa all’essersi il P.M. nella sua istanza limitato a condividere quanto segnalato dal giudice delegato remittente senza esporre alcuna motivazione sulle ragioni per le quali si dovessero ritenere sussistenti gli indici di insolvenza, che il giudice delegato non aveva accertato, nè doveva accertare. Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 162 c.p.c., in quanto la corte distrettuale ha non solo pretermesso di sanzionare la nullità della sentenza di prime cure, ma anche omesso ogni sanatoria mediante il compimento di quegli accertamenti necessari per acclarare la sussistenza o meno dell’insolvenza. Con il terzo motivo infine il ricorrente si duole, in relazione al vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dell’omesso esame da parte della corte distrettuale della suddetta nullità della sentenza dichiarativa di fallimento, dedotta con specifico motivo di gravame.

2. Tali doglianze, esaminabili congiuntamente stante la stretta connessione, non meritano accoglimento.

Premesso che, come più volte affermato da questa Corte, nella previsione contenuta nella L.Fall., art. 7, n. 2, ben può considerarsi compresa l’ipotesi della segnalazione operata dal giudice delegato nel corso di un procedimento prefallimentare concluso senza una decisione nel merito, deve senz’altro ritenersi priva di fondamento la tesi in diritto – che appare prospettata nel primo motivo – secondo la quale sarebbe invalida o inammissibile la istanza del P.M. che non sia motivata, essendo meramente ripetitiva del contenuto della segnalazione a questi pervenuta ai sensi della norma richiamata. Tale norma invero (cfr. Cass. n. 17903/2015; n. 9409/2013) si limita a prevedere la necessità di una richiesta da parte del P.M., attribuendogli dunque la relativa legittimazione e la connessa responsabilità; nulla dice sul contenuto della motivazione della richiesta, la cui eventuale inesistenza o insufficienza può rilevare ai fini non della validità bensì della fondatezza della richiesta stessa, che spetta poi al giudice valutare accertando, in concreto, la segnalata insolvenza.

Meramente assertiva poi si mostra la tesi, prospettata negli altri due motivi, secondo la quale tale accertamento dello stato di insolvenza sarebbe nella specie stato omesso, anche dal giudice del reclamo. La critica nei riguardi della motivazione del provvedimento impugnato – che, come sopra esposto, ha fatto puntuale riferimento a molteplici indici sintomatici dell’insolvenza – è infatti priva della necessaria indicazione di fatti decisivi, e discussi tra le parti, il cui esame sia stato omesso dalla Corte di merito. E in quanto tale si palesa inammissibile.

3. Si impone dunque il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente, in ragione della sua soccombenza, al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo procedimento, in Euro 8.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione prima civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA