Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9977 del 09/04/2019

Cassazione civile sez. VI, 09/04/2019, (ud. 22/01/2019, dep. 09/04/2019), n.9977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18552-2017 proposto da:

F.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

BALDUINA 66, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SPAGNUOLO, che

la rappresenta e difende;

(Ammessa P.S.S. con delibera 28/7/2017 cons. ord. Avv. Salerno)

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO, VINCENZO STUMPO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 433/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 19/06/2017

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIA

ESPOSITO.

Fatto

RILEVATO

che la Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza di primo grado che, rilevata l’esistenza di un giudicato riguardo al rapporto di lavoro relativo all’anno 2005, aveva dichiarato il diritto di F.G. alla iscrizione nell’elenco nominativo dei lavoratori agricoli del Comune di residenza per 102 giornate lavorative relativamente all’anno 2004, compensando le spese processuali, condannava l’Istituto al pagamento della metà delle spese relative al giudizio di primo grado, oltre al pagamento delle spese del grado;

che avverso la sentenza propone ricorso per cassazione F.G. sulla base di due motivi, illustrati con memoria;

che l’Inps ha resistito con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che con il primo motivo la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 91,92,93,112,115,116,132 c.p.c., dell’art. 156c.p.c., comma 2, dell’art. 439c.p.c., dell’art. 118 disp att c.p.c., dell’art. 111Cost., della L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, della L. n. 669 del 2009, del D.M. n. 55 del 2014) in merito alla compensazione delle spese processuali e dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 624 c.p.c., in merito al giudicato, oltre a omessa motivazione (o solo apparente) e omesso esame di fatto decisivo per il giudizio circa le ragioni gravi ed eccezionali che possono giustificare la compensazione delle spese processuali e la riduzione della nota spese. Osserva che la corte salernitana pur riconoscendo che la lavoratrice agricola era stata totalmente vittoriosa in primo grado, aveva ritenuto sussistenti i presupposti per la compensazione atteso che la richiesta di ripetizione dell’Istituto si era fondata sull’accertata (in sede amministrativa) insussistenza del rapporto di lavoro, circostanza inidonea a giustificare la compensazione delle spese per gravi ed eccezionali ragioni, soprattutto in presenza di un giudicato che era intervenuto sui dedotti rapporti;

che con il secondo motivo deduce violazione dei compensi minimi indicati nella nota spese per entrambi i gradi del giudizio;

che il primo motivo è fondato, poichè l’art. 92 c.p.c., comma 2 (nella formulazione introdotta dalla L. n. 263 del 2005 e poi modificata dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile in quanto il ricorso introduttivo di primo grado è stato proposto successivamente all’entrata in vigore di quest’ultima legge) legittima la compensazione delle spese di giudizio, ove non sussista reciproca soccombenza, solo in presenza di “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”;

che la richiamata disposizione costituisce “una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili “a priori”, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche”(Cass.2883/2014). Pertanto, nell’ipotesi in cui il decidente, come nella specie, abbia esplicitato in motivazione le ragioni della propria statuizione, è comunque necessario che non siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge (Cass. 12893/2011, Cass. 11222/2016);

che nella fattispecie in esame le ragioni che la Corte d’appello ha esplicitamente indicato in sentenza a giustificazione dell’operata compensazione, sostanzialmente evidenziando la legittima iniziativa dell’Inps di disconoscere i rapporti di lavoro in ragione degli esiti dell’accertamento in sede amministrativa, sono palesemente illogiche ed erronee, attribuendo rilevanza a una sorta di prognosi ex ante circa l’esito del giudizio, in contrasto con la funzione di accertamento e verifica propria di quest’ultimo;

che anche il secondo motivo è fondato, in presenza di liquidazione palesemente al di fuori dei minimi tariffari, in difetto di motivazione al riguardo (si veda, ex plurimis, Cass. n. 30286 del 15/12/2017: “In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non sussistendo più il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica “standard” del valore della prestazione professionale; pertanto, il giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione”;

che, pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza cassata limitatamente alla statuizione relativa spese, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, che, attenendosi ai principi di diritto enunciati, provvederà a liquidare le spese di tutte le fasi processuali, compreso il presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione relativa alle spese di giudizio, e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Napoli.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2019

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