Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9977 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. I, 05/05/2011, (ud. 21/02/2011, dep. 05/05/2011), n.9977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

P.I. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA BASSANO DEL GRAPPA 24, presso l’avvocato

COSTA MICHELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

DANTINI SILVIA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1081/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 07/07/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/02/2011 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato LUCA GRAZIANI, per delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per il rigetto del primo motivo; per

l’accoglimento del secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con due distinti atti di citazione, P.I., già concessionario di aree demaniali in forza di concessione non rinnovata alla scadenza, proponeva al Tribunale di Venezia due opposizioni avverso intimazioni di pagamento emesse nell’aprile 1996 e nel giugno 1997 dall’Amministrazione Finanziaria per ottenere il ristoro della occupazione abusiva dal 1 gennaio 1979 al 31 dicembre 1996. Eccepiva fra l’altro l’opponente la prescrizione dell’azione fino a febbraio 1991, quanto alle intimazioni notificate nel 1996, e fino al giugno 1992 quanto alla intimazione notificata nel 1997. Il Ministero delle Finanze, costituendosi, chiedeva il rigetto delle opposizioni e formulava domanda riconvenzionale per la condanna dell’opponente al rilascio dei beni in questione e per il pagamento, a titolo di indebito arricchimento o in subordine risarcitorio, di un’indennità commisurata al valore di mercato per l’utilizzo dei beni, contestando la prescrizione quinquennale eccepita ex adverso, dovendosi applicare la prescrizione decennale dell’azione di ingiustificato arricchimento. Il Tribunale, riunite le cause, in parziale accoglimento della riconvenzionale del Ministero condannava il P. al rilascio dei beni ed al risarcimento del danno quantificato nella somma di L. 17.917.200, corrispondente al valore locativo dal 1 gennaio 1991 al 31 dicembre 1997. Rilevava che l’azione non poteva essere qualificata come ingiustificato arricchimento bensì come illecito extracontrattuale, per cui doveva applicarsi la prescrizione quinquennale e quindi ritenersi estinto il credito risarcitorio maturato nel periodo anteriore al 1991.

2. L’appello proposto dal Ministero delle Finanze, il quale si doleva della ritenuta prescrizione quinquennale in luogo della decennale sostenendo che l’azione doveva essere qualificata come di ingiustificato arricchimento e lamentava inoltre l’erronea determinazione del quantum dovuto, veniva definito dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza depositata in data 7 luglio 2004, con la quale rigettava l’appello. Osservava la Corte di merito, per quanto qui ancora rileva, che merita condivisione l’orientamento, espresso da questa Corte Suprema, secondo cui l’art. 1591 cod. civ. costituisce espressione di un principio generale applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione di un bene dietro corrispettivo, per le ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto. Si che, configurandosi la fattispecie regolata dall’art. 1591 cod. civ. come di illecito contrattuale – la cui ricorrenza esclude il ricorso all’azione residuale prevista dall’art. 2041 cod. civ.-, l’appello proposto sul punto andava disatteso.

3. Avverso tale sentenza il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha proposto ricorso a questa Corte con atto notificato in data 6 ottobre 2005, basato su unico articolato motivo. Resiste il P. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il Ministero ricorrente si duole innanzitutto della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Sostiene che, essendo l’appello impostato in termini di alternativa tra prescrizione quinquennale ex art. 2043 cod. civ. e decennale ex art. 2041 cod. civ., quindi sulla durata del termine di prescrizione, la Corte d’appello avrebbe violato i limiti della devoluzione affermando l’inammissibilità del ricorso all’azione prevista dall’art. 2041 cod. civ. e statuendo essere invece applicabile nella specie il rimedio previsto dall’art. 1591 cod. civ., al quale essa appellante non aveva fatto alcun riferimento.

2. Denunzia inoltre che, con tale statuizione, la Corte avrebbe violato o falsamente applicato, da un lato, il combinato disposto dell’art. 2041 cod. civ. e dell’art. 1591 cod. civ. (quest’ultimo non sarebbe applicabile in tema di rapporto di concessione demaniale, ed in ogni caso riguarderebbe il criterio di liquidazione del danno da ritardo nella restituzione della cosa, non già la durata della prescrizione), dall’altro il disposto dell’art. 2948 cod. civ., comma 1, n. 3 (l’inquadramento della fattispecie in termini di azione ex art. 1591 cod. civ., non condurrebbe alla prescrizione quinquennale, bensì decennale, trattandosi di responsabilità contrattuale).

3. La prima doglianza è infondata. In primo luogo, la Corte di merito non ha dichiarato inammissibile la domanda proposta dall’odierno ricorrente: si è limitata a diversamente qualificarla in diritto, ai soli fini della soluzione della questione, sulla quale verteva il motivo di gravame, concernente l’individuazione del termine prescrizionale applicabile nella specie. Nè può ritenersi che violi il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato il giudice che pervenga ad una qualificazione in diritto dei fatti allegati dalle parti diversa da quella espressa dalle parti stesse, atteso che non a queste ultime, bensì al giudice, compete in via esclusiva la qualificazione giuridica dei fatti dedotti (cfr. ex multis Cass. n. 15925/2007).

4. Parimenti infondata è la doglianza concernente la ritenuta qualificazione della domanda risarcitoria proposta dal ricorrente in termini di azione ex art. 1591 cod. civ. Merita invero condivisione l’orientamento, già più volte espresso da questa Corte (v. Cass. n. 15301/2000; n. 3067/1977; n. 4310/1974) e richiamato più di recente dalle Sezione Unite (n. 9652/2001), secondo cui l’applicazione analogica nella specie dell’art. 1591 cod. civ. si giustifica costituendo tale norma espressione di un principio applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo, per l’ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto senza averne più titolo.

5. Fondata è invece la doglianza concernente la conclusione alla quale la Corte è pervenuta sulla base della qualificazione della domanda ai sensi dell’art. 1591 cod. civ., atteso che tale inquadramento non giustifica affatto la applicazione del termine quinquennale di prescrizione. E in effetti, esclusa l’applicabilità nella specie dell’art. 2947 cod. civ., comma 1 stante la natura contrattuale della responsabilità prevista dall’art. 1591 cod. civ. per la mora nell’adempimento dell’obbligo di riconsegna, non può neppure applicarsi l’art. 2948 cod. civ., comma 1, n. 3, che si riferisce ai corrispettivi del godimento della cosa, non già al risarcimento dei danni provocati dall’inadempimento suddetto. Si che non può non pervenirsi alla conclusione che il termine prescrizionale da applicare all’azione risarcitoria in esame sia quello ordinario decennale di cui all’art. 2946 cod. civ. (cfr. ex multis Cass. n. 14243/1999; n. 3183/2006).

6. La sentenza impugnata è pertanto cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, la quale provvedere sulla domanda. di risarcimento danni proposta dal ricorrente uniformandosi al principio di diritto sopra esposto. Il Giudice di rinvio si pronunzierà anche sulle spese di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 febbraio 2011 Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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