Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9973 del 20/04/2017


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Cassazione civile, sez. I, 20/04/2017, (ud. 19/01/2017, dep.20/04/2017),  n. 9973

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria C. – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22477/2014 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via della Giuliana

n. 35, presso l’avvocato Ledda Franco, che lo rappresenta e difende,

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

V.A., elettivamente domiciliata in Roma, Viale Parioli n. 74,

presso l’avvocato Ciciarelli Alessandro, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5353/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Cons. MARIA ACIERNO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato LEDDA FRANCO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato CICIARELLI ALESSANDRO che

ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

IMMACOLATA ZENO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudice di primo grado ha ritenuto inammissibili le domande proposte da F.L. nei confronti dell’ex coniuge V.A., riguardanti la ripetizione di somme relative a spese sostenute su un immobile in comunione. Ha affermato il tribunale che la medesima domanda era stata già dichiarata inammissibile per genericità, mancata indicazione dei titoli di spesa, e omessa quantificazione del petitum e, pertanto, che l’accertamento negativo del diritto azionato fosse coperto da giudicato.

La Corte d’Appello ha confermato tale assunto, rilevando che la prima pronuncia d’inammissibilità dovesse ritenersi un rigetto in senso tecnico e, conseguentemente, fosse impeditiva del riesame di merito della medesima domanda, questa volta sostenuta dalla documentazione delle spese sostenute, in virtù dell’avvenuta formazione del giudicato.

Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione F. affidato a sei motivi. Ha resistito con controricorso la V..

Nel primo motivo è stato contestato ex art. 360 c.p.c., n. 3, che da una pronuncia d’inammissibilità dovuta all’accertamento della nullità della domanda per indeterminatezza della domanda potesse scaturire giudicato sul merito, trattandosi di pronuncia in rito. L’esame testuale del titolo giudiziale avrebbe dovuto condurre alla soluzione opposta. L’interpretazione della formula utilizzata dal Tribunale nel primo giudizio non lasciava spazio a dubbi interpretativi, dovendosi escludere che l’inammissibilità dichiarata fosse da ritenere una pronuncia di merito.

Nel secondo motivo viene dedotta l’elusione dell’obbligo di motivazione, in violazione dell’art. 132 c.p.c., in ordine all’interpretazione della prima pronuncia d’inammissibilità come una pronuncia sul merito.

Nel terzo motivo viene dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, avendo la Corte territoriale eluso totalmente l’esame dei motivi di ricorso, in particolare quello nel quale si riconduceva la pronuncia d’inammissibilità nell’alveo della nullità ex art. 164 c.p.c., comma 4, non avendo il F. omesso di provare i fatti, ma d’indicarli specificamente. La trasformazione di una pronuncia d’inammissibilità in una di rigetto risulta del tutto immotivata.

Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 2909 c.c., in articolare per aver ritenuto coperta da giudicato anche la domanda di rimborso Irpef ed Ici dovute personalmente al fisco dalla V..

Nel quinto motivo la medesima censura è formulata sotto il profilo della violazione dell’art. 132 c.p.c., ovvero come elusione dell’obbligo di motivazione.

Nel sesto motivo la medesima censura viene prospettata sotto il profilo del vizio di motivazione, le imposte non erano spese relative a miglioramenti nell’immobile ma avevano carattere di novità e diversità, sulla quale è mancata la giustificazione motivazionale.

I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente avendo tutti ad oggetto la censura relativa all’errata qualificazione giuridica della prima decisione assunta sulla domanda di ripetizione formulata dal F. che ne ha dichiarato la genericità.

La Corte d’Appello ha accertato che la sanzione d’inammissibilità contenuta nella prima decisione del Tribunale non aveva ad oggetto la genericità della domanda ex art. 163 c.p.c., n. 3, per indeterminatezza dell’oggetto o della sua formulazione sotto il profilo del petitum (ripetizione spese anticipate dall’attore) ma per difetto di allegazione dei fatti costitutivi consistenti nei titoli di spesa e nella determinazione del quantum. (pag. 3 della sentenza impugnata). Tale omissione, ove non rilevata ex art. 164, n. 4 (e non n. 3, ipotesi alla quale esclusivamente si riferisce Cass. 13785 del 2004 citata dal ricorrente) officiosamente dal giudice nelle verifiche preliminari da eseguirsi ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 1, può essere colmata dalla parte nell’udienza di trattazione vera e propria (art. 183 c.p.c., comma 5, nella versione ratione temporis applicabile) destinata ex lege alla definizione e puntualizzazione del thema decidendum mediante la precisazione dei fatti allegati a sostegno della domanda proposta. Il mancato rilievo officioso del deficit allegativo, sia nella prima (art. 164 c.p.c., n. 4) che nella seconda ipotesi determina a carico della parte, l’onere d’integrare tale lacuna, a pena di decadenza entro il segmento processuale, determinato dall’art. 183 c.p.c., comma 5. L’accertamento compiuto dalla Corte d’Appello con la sentenza impugnata in ordine al deficit allegativo, non sanato all’interno del procedimento nel quale il vizio si è determinato, conduce a ritenere del tutto corretta la qualificazione giuridica di sostanziale rigetto nel merito adottata dalla Corte d’Appello con la sentenza impugnata, con conseguente rigetto dei primi tre motivi. Anche le altre tre censure possono essere trattate unitariamente ed essere dichiarate inammissibili. Con esse si richiede, in sede di giudizio di legittimità un esame e valutazione dei fatti insindacabilmente rimesso al giudice del merito che ne ha anche fornito adeguata motivazione. Nella sentenza impugnata, a pag. 3 è indicato che la richiesta di rimborso ICI e IRPEF “non può che rientrare” nella domanda già formulata, in quanto da dedurre, allegare e provare in quel giudizio in ossequio al principio secondo il quale il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. La Corte d’Appello, al riguardo, ha ritenuto il nesso eziologico di tali domande con il petitum e causa petendi principale fondate su un rilievo di fatto non sindacabile in sede di legittimità.

Al rigetto del ricorso segue l’applicazione del principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente da liquidarsi in Euro 3000 per compensi ed Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge.

Ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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