Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9973 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9973 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 24161-2010 proposto da:
FALLIMENTO STAMPAGGIO LAMIERA SANMARCOEVANGELISTA SLS
SRL in persona del Curatore, elettivamente
domiciliato

in ROMA VIA CIVITAVECCHIA 7, presso lo

studio dell’avvocato PIERPAOLO BAGNASCO,
rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE
2015

CIARAMELLA giusta delega a margine;
– ricorrente –

1318
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente

domiciliate

in ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLCN

Data pubblicazione: 15/05/2015

STATO, che lo,rappresenta e difende;
– contropcorrente –

avverso la sentenza n. 475/2009 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LATINA, depositata il
02/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/04/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato CIARAMELLA che si
riporta al ricorso e chiede l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato FIORENTINO
che si riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per il

Pi
rigetto dei motivi dal l° al 15 0 ,tlaccoglimento dei
restanti.

,

RITENUTO IN FATTO
A) Ritenuta l’omessa presentazione della dichiarazione per l’anno
d’imposta 2000, il Fisco accertava induttivamente ricavi di gestione della
società Stampaggio Lamiera Sanmarcoevangelista e recuperava C
655.612,08 per Irpeg, C 249.817,43 per Irap ed C 2.846.653,78 per Iva,
oltre agli interessi e ad ulteriori C 4.505.653,78

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per sanzioni. L’atto

impositivo era opposto dalla contribuente che, tra l’altro, rivendicava

sosteneva l’intervenuto perfezionamento del condono tombale e
denunciava l’illegittimità della ricostruzione dei ricavi.
B) Il ricorso era rigettato in prime cure con sentenza confermata in
appello dalla sezione di Latina della Commissione tributaria regionale del
Lazio con pronunzia nella quale dichiarava di “fa(re) proprie le
argomentazioni esposte dall’Ufficio”. Seguiva un testo che riproduceva
pedissequamente il contenuto grafico delle difese spiegate in appello
dall’Agenzia. Esso, in estrema sintesi, si articolava su cinque piani:
(1)

La dichiarazione presentata nel 2001 per l’anno d’imposta 2000

doveva intendersi omessa perché nulla, essendo stata (a) redatta sul
modello Unico 2000 (e non su modello Unico 2001), (b) spedita per
posta (e non inviata telematicamente o tramite intermediario), (c)
firmata da soggetto diverso dal legale rappresentante della società.
(2) Indi, stante l’assenza di una valida dichiarazione, anche il condono
fiscale fatto dall’interessata era inefficace, perché i versamenti erano
insufficienti per non essere stati parametrati all’ipotesi dell’omessa
dichiarazione, senza che, peraltro, ricorresse alcun errore scusabile.
(3) Inoltre, a fronte dell’omessa dichiarazione, per due volte l’Ufficio si
era inutilmente attivato con appositi questionari a richiedere notizie alla
contribuente, la quale invece si era limitata a sollecitare una
ingiustificata proroga dei termini.
(4) Pertanto, era legittimo ricorrere all’accertamento induttivo, eseguito
in concreto ricostruendo i ricavi della gestione ordinaria sulla base dei
costi diretti di produzione (costo del venduto più costi del personale), di
altre componenti negative forfetarie (13%) e dell’incidenza media dei
costi diretti di produzione sui ricavi del 2000 desunta da dati riferiti
all’anno precedente e all’anno successivo.
(5) Infine, la sentenza d’appello condannava la appellante alle spese del
doppio grado compensate in prime cure.
C) La Curatela della società contribuente ha proposto ricorso per
cassazione affidato a ventuno motivi (il primo per nullità assoluta della

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l’avvenuta presentazione della dichiarazione in formato cartaceo,

sentenza avente motivazione copiata dalle avverse difese e gli altri per
censurare sotto vari profili — omessa pronuncia, violazione di legge e
vizio di motivazione — il contenuto della decisione così confezionata);
l’Agenzia delle entrate si è difesa con controricorso.
D) La sezione tributaria della Corte, all’esito dell’udienza pubblica del 9
dicembre 2013, ha emesso ordinanza interlocutoria con la quale ha
rimesso la risoluzione del primo motivo di ricorso alle sezioni unite che

torna, quindi all’esame della sezione tributaria per la decisione sugli altri
venti motivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
E) Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei sensi sotto indicati;
la numerazione dei paragrafi segue quella dei motivi di ricorso.
(1) Il primo motivo è stato rigettato dalle sezioni unite della Corte con la
sentenza n. 642 del 16 gennaio 2015 (Rv. 634091).
(2)

Il secondo motivo va trattato unitamente ai quarto per la

correlazione logica e giuridica dei due mezzi.
(3) Col terzo motivo la ricorrente censura la sentenza d’appello laddove
ha ritenuto che la presentazione della dichiarazione su modello reiativo
all’anno precedente avesse conseguenze di ordine sostanziale, perché
non sarebbe stati recepiti i cambiamenti della normativa tributaria,
senza chiarire però quali fossero i cambiamenti non recepiti. Il motivo,
addotto per vizio d’insufficiente motivazione, è inammissibile perché non
denuncia alcun errore di giustificazione della decisione di merito sul
fatto, ma una questione giuridica. Invece, l’articolo 360 n. 5, cod. proc.
civ., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs.
40/2006, prevede l’insufficiente motivazione, come riferita ad “un fatto
controverso e decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o
una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile
in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano
irrilevanti, con conseguente inammissibilità della censura irritualmente
formulata. (Sez.,5, Sentenza n. 21152 del 08/10/2014, Rv. 632989).
(4) Il secondo e il quarto motivo, denunciando violazioni di norme di
diritto sostanziali, censurano la sentenza d’appello laddove ritiene
omessa la dichiarazione fiscale in caso di utilizzo di modalità di
presentazione non ammesse. I mezzi non sono fondati. Il primo periodo
del primo comma dell’articolo 1 dei d.p.r. 322/1998 stabilisce che “le
dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli
approvati” e il comma 3-bis dell’articolo 2 stabilisce che i modelli di
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l’hanno rigettato con sentenza n. 642 del 16 gennaio 2015. Il ricorso

dichiarazione per la trasmissione telematica sono resi disponibili, in
formato elettronico dall’Agenzia delle entrate, entro il 15 febbraio
dell’anno successivo a quello d’imposta di riferimento. Nella specie la
società contribuente, tenuta alla trasmissione telematica col modello
Unico 2001, disponibile dal 15 febbraio 2001 per l’anno d’imposta, ha
inviato il 12 febbraio 2001 la dichiarazione mediante modello Unico 2000
e con l’ausilio di Poste Italiane S.p.A.. Le disposizioni dettate

modalità di presentazione della dichiarazione. Tali modalità sono
vincolanti per i contribuenti, con la conseguenza che non può
essere considerata validamente presentata la dichiarazione resa
secondo modalità diverse da quelle prescritte per la

categoria

soggettiva di appartenenza del contribuente. Ne consegue che la
dichiarazione presentata tramite banca o posta, in presenza
dell’obbligo di presentazione in via telematica, utilizzando pertanto
un modello diverso da quella prescritto, è da ritenersi nulla ai sensi
del disposto di cui al precedente articolo 1, comma 1, secondo cui “le
dichiarazioni sono redatte, a pena di nullità, su modelli conformi a
quelli approvati”. Dunque, per i contribuenti tenuti a utilizzare il servizio
telematico, l’obbligo di presentazione della dichiarazione deve ritenersi
assolto solo a seguito della corretta e tempestiva ricezione
telematica della dichiarazione da parte dell’Agenzia delle entrate. In tal
caso, la prova dell’avvenuta presentazione della dichiarazione é data,
ai sensi dell’articolo 3, comma 10, dalla comunicazione dell’Agenzia
attestante l’avvenuta ricezione e non dalla ricevuta della banca o posta
cui sia stato erroneamente consegnato il modello cartaceo. E’ vero che
la dichiarazione resa secondo modalità diversa da quella prescritta é
da ritenersi sanzionata in minor misura ai sensi dell’articolo 8 del d.lgs.
471/1997, in quanto la dichiarazione non è redatta in conformità al

modello approvato, ma ciò accade solo se l’imponibile indicato non
risulta di ammontare inferiore a quello accertato, cioè, per legge, “fuori
dei casi previsti negli articolo 1, 2 e 5” (ossia se le violazioni non
incidono sul contenuto essenziale della dichiarazione e non si risolva nel
caso di dichiarazione infedele). Si tratta di scelta legislativa di minor
rigore che non mette in discussione la nullità della dichiarazione
comminata espressamentlo 1, comma 1, del d.p.r. 322/1998. Ne
deriva che, essendo la dichiarazione nulla, essa non può produrre effetti
e, dunque, si rientra nella fattispecie della mancata presentazione della
dichiarazione annuale che abilita l’Ufficio ad accertare induttivamente la

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dall’articolo 3 del d.p.r. 322/1998 individuano in modo tassativo le

posizione fiscale della parte contribuente ai sensi degli articoli 37 e 55,
comma 1, del d.p.r. 633/1972 e dell’articolo 39, comma 2, del d.p.r.
600/1973 (v. in generale sugli effetti delle dichiarazioni irregolari, Sez.
5, Sentenza n. 2463 del 05/02/2007, Rv. 595948).
(5) Col quinto motivo, la ricorrente, denunciando violazione del comma
4 dell’articolo 1 del d.p.r. 322/1998, censura la sentenza d’appello
laddove ritiene irrimediabilmente nulla la dichiarazione fiscale perché

contribuente, senza considerare che la sottoscrizione avrebbe potuto
essere regolarizzata successivamente a seguito dell’invito previsto dalla
legge ma omesso dal Fisco, ovvero in sede processuale. Il motivo è
assorbito dalle pregiudiziali ragioni di nullità della dichiarazione di cui ai
motivi 2 e 4.
(6) Il sesto motivo, denunciando omessa pronuncia sul mancato invito
alla regolarizzazione della sottoscrizione della dichiarazione, resta pure
assorbito.
(7) Col settimo motivo, la ricorrente, denunciando violazione di norme di
diritto sostanziali, censura la sentenza d’appello laddove non trae le
dovute conseguenze dall’invocato condono tombale di cui agli articoli 8 e
9 della legge 289/2002 e, in particolare, nega che il fisco fosse tenuto
all’emissione di uno specifico provvedimento di diniego. La doglianza
non è fondata, atteso che tale provvedimento è previsto solo per il
diniego di chiusura delle liti pendenti ex articolo 16 della legge di
condono, bastando negli altri casi il “contrarius actus” rappresentato
dall’emissione dell’avviso di accertamento.
(8)

Con l’ottavo motivo, la ricorrente, denunciando insufficiente e/o

illogica motivazione, censura la sentenza d’appello laddove ritiene non
perfezionata l’adesione alla sanatoria sul presupposto dell’omessa
presentazione della dichiarazione annuale. Il motivo è assorbito dalla
pronunzia sub 2 e 4 ed è, comunque, inammissibile perché non
prospetta un errore di giustificazione della decisione di merito sul fatto,
ma la questione di diritto sul se, come e quando la dichiarazione della
contribuente possa dirsi presentata in senso giuridico e non storiconaturalistico.
(9) Con il nono motivo, la ricorrente, denunciando insufficiente e/o
illogica motivazione, censura la sentenza d’appello laddove afferma che
il condono non precludeva all’amministrazione l’azione di accertamento.
Ancora una volta il vizio motivazionale non è riferito a un fatto quale
accadimento In senso storico-naturalistico, ma a una questione giuridica,
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4

firmata da persona diversa dal legale rappresentante della società

-

il che comporta l’inammissibilità della censura come irritualmente
formulata.
(10)

Con il decimo motivo, la ricorrente, denunciando violazione

dell’articolo 9 della legge 289/2002, censura la sentenza d’appello
iaddove trascura che il condono tombale espletato ai sensi dell’invocata
disposizione impediva al fisco ogni accertamento in relazione alle
imposte dirette. Il motivo non è fondato, essendo pacifico che i

regolare presentazione della dichiarazione annuale, risultata invece nulla
e improduttiva di effetti; sicché la procedura condonistica avrebbe
dovuto seguire le diverse modalità previste per la mancata
presentazione della dichiarazione annuale.
(11)

Con l’undicesimo motivo, la ricorrente, denunciando violazione

dell’articolo 8 della legge 289/2002, censura la sentenza d’appello
laddove trascura che il condono tombale espletato ai sensi dell’invocata
disposizione impediva al fisco ogni accertamento in relazione all’IVA. Il
motivo non è fondato sia per le ragioni esposte sub 10, sia alla stregua
della sentenza della Corte di giustizia del 17 luglio 2008, in causa
C-132/06 (con la quale è stata dichiarata l’incompatibilità con il diritto
comunitario, in particolare con gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva,
degli articoli 8 e 9 della medesima legge, nella parte in cui prevedono la
condonabilità dell’IVA alle condizioni ivi indicate).
(12)

Con il dodicesimo motivo, la ricorrente, denunciando insufficiente

e/o illogica motivazione, censura la sentenza d’appello laddove ha
negato l’esistenza nella specie di un errore scusabile nel
perfezionamento della pratica di condono, attesa la complessità e la
particolarità della vicenda. Il motivo non è fondato, atteso che esso mira
a una rivisitazione di merito su profili neppure rilevanti, atteso che la
scusabilità dell’errore è invocabile solo se l’esimente si relazioni alla
oggettiva difficoltà della conoscenza o interpretazione di una norma, non
rilevando invece una mera complessità della fattispecie. (Sez. 6 – 5,
Ordinanza n. 18023 del 24/07/2013, Rv. 627895).
(13) Con il tredicesimo motivo, la ricorrente, denunciando insufficiente
e/o illogica motivazione, censura la sentenza d’appello laddove ritiene
legittimo l’accertamento induttivo sul presupposto che la dichiarazione
annuale non fosse stata presentata. Il motivo è assorbito dalle
pregiudiziali ragioni di nullità della dichiarazione di cui ai motivi 2 e 4.
(14)

Con il quattordicesimo motivo, la ricorrente, denunciando

violazione di norme di diritto sostanziali (articoli 32, comma 1, nn. 3-4,
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versamenti prescritti sono state eseguiti sull’erroneo presupposto di una

e 39, comma 2, lett. d-bis, del d.p.r. 600/1973; articoli 51, comma 2,
nn. 3-4, e 55 del d.p.r. 633/1972) censura la sentenza d’appello laddove
ritiene legittimo l’accertamento induttivo sul presupposto che la società
contribuente non abbia risposto al questionario invitatole, mentre costei
ha comunicato l’adesione al condono e ha chiesto una proroga (non
accordata) per l’adempimento. Il motivo non è fondato poiché il
comportamento della contribuente, che, invece, ha omesso di rispondere

dietro al condono), vale di per sé solo a ingenerare un sospetto in ordine
all’attendibilità della contribuente stessa e a legittimare l’accertamento
induttivo nei suoi confronti (Sez. 5, Sentenza n. 17968 del 24/07/2013,
Rv. 628826), comunque giustificato dalle pregiudiziali ragioni di nullità
della dichiarazione di cui ai motivi 2 e 4.
(15)

Il quindicesimo motivo resta assorbito poiché la ricorrente,

denunciando insufficiente e/o illogica motivazione, censura la sentenza
d’appello sul medesimo punto disatteso sub 14.
(16) Con il sedicesimo motivo, la ricorrente, denunciando violazione di
norme di diritto sostanziali (articolo 39, comma 2, del d.p.r. 600/1973;
articolo 55 del d.p.r. 633/19,72), censura la sentenza d’appello laddove,
nel convalidare gli esiti dell’accertamento induttivo, darebbe ingresso a
elementi non conducenti, quali lo sbilanciamento tra costi e ricavi e
l’incidenza di costi in altre annualità. Il mezzo è inammissibile. Questa
Corte ha ripetutamente affermato che il giudice tributario non può
sostituirsi all’Ufficio nell’esercizio delle prerogative spettanti
all’amministrazione attiva, ma deve verificare la sussistenza o meno dei
presupposti idonei a legittimare il potere dell’Ufficio in concreto
esercitato (Sez. 5, Sentenza n. 25162 del 08/11/2013, §7 e giur. ivi
cit.); sicché spetta al giudice di merito, investito della controversia sulla
legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, di valutare gli elementi
forniti dall’Ufficio, ed il relativo giudizio è impugnabile per cassazione
non per il merito, ma solo per inadeguatezza o illogicità della
motivazione che lo sorregge, ai sensi dell’articolo 360 n. 5 c.p.c. (ult.
cit).
(17)

Con il diciassettesimo motivo, la ricorrente, denunciando

insufficiente e/o illogica motivazione, censura la sentenza d’appello
laddove, nel confermare l’operato dell’Ufficio, mentre si è a lungo
soffermata sull’incremento del numero dei dipendenti – cui non è
corrisposto un aumento delle commesse – ha del tutto trascurato le
argomentazioni della parte contribuente, con cui si deduceva che la

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al primo invio del questionario (e dopo il secondo invio si è trincerata

percentuale d’incidenza dei costi sui ricavi calcolata con riferimento ad
altre annualità costituisce un elemento marginale, inidoneo a
rappresentare la redditività dell’impresa, conducendo nel caso specifico
a risultati irrealistici, posto che vengono accertati ricavi per lire
31.364.379.000 e un reddito di lire 3.440.673.000, con una relativa
percentuale di ricarico dell’11%, risultati che peraltro contrastano con lo
stato di difficoltà dell’impresa / che ha risentito della contrazione delle

FIAT. Il motivo è fondato. In primo luogo si ribadisce il principio
regolativo, più volte enunciato, secondo cui l’adozione del criterio
induttivo impone all’Ufficio l’utilizzazione di dati e notizie inerenti al
medesimo periodo d’imposta al quale l’accertamento si riferisce,
escludendosi la possibilità di desumere il reddito relativo ad un’annualità
d’imposta da quello conseguito in anni precedenti, in mancanza di un
stretta inferenza logica (Sez. 5, Sentenza n. 6579 del 12/03/2008, Rv.
602737). Infatti, nell’accertamento induttivo, l’irrilevanza della fonte di
acquisizione delle notizie è cosa diversa dall’inerenza di queste ad un
determinato specifico periodo d’imposta, attesa l’autonomia di ciascun
periodo d’imposta e l’assenza della presunzione di costanza di redditività
in anni diversi (Sez. 5, Sentenza n. 27008 del 21/12/2007, Rv. 601613;
conf. Comm. trib. centr. n. 2224 del 1992 – Rass. imp. 1993, 202 – e n.
7927 del 1988 – Giur. imp. 1989, 7). Si aggiunga che lo sbilancio tra
costi e ricavi, senza dare risalto allo stato economico dell’impresa e alla
presenza di caratteristiche (stranezza, singolarità e contrasto con
elementari regole economiche e di esperienza), non è tale da renderlo
immediatamente percepibile come inattendibile secondo il senso comune
(Sez. 5, Sentenza n. 26341 del 16/12/2009, Rv. 610982). La sentenza
d’appello, acriticamente appiattitasi sulle difese dell’Agenzia, trascura del
tutto di approfondire alcuni dati pacifici quali la sofferenza derivante
dalle notorie difficoltà del maggior committente del settore (il Gruppo
Fiat) e l’infausta evoluzione del ciclo economico che ha portato in pochi
anni la società contribuente al tracollo e al fallimento. Così come
trascura, sul piano logico e circostanziale, la discesa del volume d’affari
cha passa dai 48 miliardi di lire dei 1999, anno d’imposta precedente a
quello accertato, ai 15 miliardi di lire del 2001, anno d’imposta
successivo a quello accertato, agli 11 miliardi di lire del 2002, con
reddito imponibile negativo (1999) o comunque modesto (2000/2001) e
lontanissimo da quello di oltre 3,4 miliardi di lire ca. calcolato
induttivamente per il 2000, con percentuale di redditività (11%)
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7

commesse da parte del suo più importante cliente, vale a dire il gruppo

3

lontanissima, a quanto pare, rispetto persino alla migliore performance
del quadriennio (3% nel 2001). Di contro, la commissione regionale,
appiattitasi sulle conclusioni del Fisco, ha acriticamente recepito la tesi
dell’invarianza dell’incidenza dei costi sui ricavi nelle varie annualità
senza dar conto dei fattori di crisi settoriale e di difficoltà aziendale
addotti dalla parte contribuente e idonei, se obiettivamente riscontrati, a
dar conto della sussistenza di una situazione “non normale” nell’attività

Sentenza n. 23602 del 15/09/2008, Rv. 604439). Lo stesso rilievo,
enfatizzato dall’Ufficio e dal giudice d’appello, dell’incremento di
personale, da 125 a 143 unità e dell’incremento degli acquisti per
materie prime, etc., avrebbe dovuto essere adeguatamente valutato
nell’ambito della situazione aziendale complessiva, ben potendo trattarsi
di una scelta “anticiclica”, rivelatasi poi errata, nel tentativo di
conquistare migliori posizioni di mercato e non di un indicatore
automaticamente “patologico” di maggior reddito. Pertanto sarà compito
dei giudice di rinvio “considerare compiutamente il sistema produttivo”
dell’impresa, al fine di comparare la rappresentazione erariale, basata su
elementi di normalità, con quella ricostruita dalla curatela ricorrente,
onde “valutare quale delle due ricostruzioni presenti il maggior grado di
attendibilità nel caso concreto”. In tale giudizio, che richiede
l’approfondimento del modello economico e della concreta realtà
d’impresa, non è precluso al giudice di rinvio di avvalersi degli strumenti
d’indagine tecnica apprestati dall’articolo 7, comma 2, proc. trib..
(18) Il diciottesimo motivo, denunciando violazione di norme di diritto
sostanziali (articolo 39 del d.p.r. 600/1973; articolo 55 del d.p.r.
633/1972; articolo 2697 del cod. civ.) sui profili di prova contraria
presuntiva a favore della ricorrente, resta assorbito dell’accoglimento
della globale censura per vizio motivazionale di cui al motivo 17.
(19) Con il diciannovesimo motivo, la ricorrente, denunciando “error in
procedendo”, censura la sentenza d’appello per aver omesso di
pronunciare sull’invocata applicazione dell’articolo 55 del decreto IVA
che, ove l’ammontare imponibile complessivo e l’aliquota applicabile
siano determinati induttivamente, prevede che sono computati in
detrazione, non solo i versamenti eseguiti dal contribuente, ma pure le
imposte detraibili ai sensi dell’articolo 19 risultanti dalle dichiarazioni
periodiche. Il motivo è fondato mancando, finanche graficamente, ogni
accenno allo specifico capo d’impugnazione contenuto nel gravame della
parte contribuente a pag. 10 e seg..

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svolta dalla società nell’anno in contestazione (conf. in generale Sez. 5,

(20) Con il penultimo motivo, la ricorrente, denunciando la violazione di
norme di diritto sostanziali (articoli 44, 18, 27, 33 del d.p.r. 633/1972),
censura la sentenza d’appello laddove, implicitamente rigettando il
gravame sul punto, convalida nella sostanza l’operato dell’Ufficio che ha
computato in detrazione, non solo i versamenti eseguiti dal
contribuente, ma anche le imposte detraibili ai sensi dell’articolo 19
risultanti dalle dichiarazioni periodiche. Il motivo resta assorbito

(21)

L’ultimo motivo di ricorso, riguardante le spese di giudizio, resta

assorbito dalla cassazione della sentenza d’appello che comporta la
devoluzione al giudice del rinvio della regolamentazione delle spese
processuali.
F) In conclusione, una volta accolti i motivi sub 17 e sub 19, la sentenza
d’appello deve essere cassata in relazione ai due mezzi accolti e la causa
deve essere rinviata alla commissione regionale competente che, in
diversa composizione, procederà a nuovo, compiuto e motivato esame e
regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione,
cassa la sentenza impugnata in relazione a quanto accolto e rinvia,
anche per le spese, alla commissione tributaria regionale del Lazio (sez.
Latina) in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 1° aprile 2015.

dall’accoglimento del mezzo sub 19.

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