Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9972 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9972 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 8512-2010 proposto da:
AERO CLUB ITALIA in persona del Presidente in carica,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente contro
ESSO ITALIANA SPA ih persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliatg in ROMA VIALE
GORIZIA 25-C, presso lo studio dell’avvocato RODOLFO
RADIUS, che

lck

rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIORGIO FALINI giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 15/05/2015

- controricorrente

avverso la sentenza n. 461/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 02/02/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/04/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE

udito per il ricorrente l’Avvocato RUSSO che si
riporta agli scritti;
udito per il controricorrente l’Avvocato FALINI che ha
chiesto il rigetto;
udito il

P.M.

in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

CIRILLO;

FATI”) E DIRITTO
1. Il 4 dicembre 1997, l’Aero Club d’Italia, ente con personalità giuridica
di diritto pubblico (legge 340/1954), notificava alla Soc. Esso Italiana
ingiunzione ex r.d. 639/1910 per il pagamento di odierni 188.175,12
euro a titolo mancata restituzione dell’accisa su carburanti e lubrificanti
acquistati in tre annualità (1988, 1989, 1992) in regime di esenzione
fiscale (legge 181/1950) e non consegnati per gli usi previsti dalla

2. Il 31 dicembre 1997 la Soc. Esso Italiana proponeva opposizione
eccependo l’inammissibilità della procedura per abrogazione della
relativa normativa, nonché il difetto di motivazione dell’ingiunzione
opposta, la carenza di certezza, liquidità e prova del credito ingiunto e la
prescrizione dello stesso.
3. Nel contraddittorio dell’Aero Club d’Italia, il tribunale di Roma
dichiarava l’inammissibilità della procedura di riscossione promossa con
l’opposta ingiunzione. Il primo giudice rilevava che il credito fatto valere
dall’ente traeva origine dall’esonero dall’imposta di fabbricazione per i
carburanti e i lubrificanti impiegati nelle scuole civili di pilotaggio aereo
istituite presso la parte appellante e gli aero club affiliati, destinati
esclusivamente al funzionamento degli aeromobili impiegati ai fini
dell’insegnamento. Osservava che l’art. 4 del d.p.r. 306/1958 rendeva
Mero Club d’Italia garante e responsabile verso il fisco del regolare
impiego dei carburanti e dei lubrificanti, vietando qualsiasi diverso
utilizzo; sicché il convenuto era l’unico soggetto tenuto al pagamento dei
tributi qualora fossero stati fatti usi differenti. Da ciò il tribunale traeva,
d’ufficio, una prima conclusione, cioè che la pretesa azionata con
l’ingiunzione fiscale era da qualificarsi come “rivalsa” e che l’ente
ingiungente non agiva quale longa manus della RA. ma al di fuori del
rapporto tributario / per cui non era ammesso il ricorso alle forme di
riscossione previste dal r.d. 639/1910. In secondo luogo, il tribunale
rilevava che, pure se l’Aero Club d’Italia agisse per il recupero di un
credito fiscale, non avrebbe mai potuto ricorrere alla riscossione ex r.d.
639/1910, essendo invece prescritte le diverse forme del d.p.r. 43/1988.
4. Per la riforma di tale decisione, l’Aero Club d’Italia ha proposto
appello, rigettato dalla Corte territoriale con sentenza del 2 febbraio
2009. Il giudice di secondo grado, premesso che l’ente non ha
impugnato la prima rado decidendi, ha osservato che il gravame si è
basato su due censure, entrambe infondate. La prima, tendente a
negare l’intervenuta abrogazione della procedura in esame ex art. 130
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normativa di settore.

del d.p.r. 43/1988, e la seconda, mirante a sostenere l’obbligo per il
giudice di pronunziare comunque sul merito della pretesa azionata
nonostante l’invalidazione del titolo giustificativo, sono state ritenute
entrambe in contrasto con la giurisprudenza di legittimità (Cass.
21561/2005 e 6471/1996). In particolare, ha rilevato che “il giudice di
primo grado ha ritenuto la carenza di potere dell’Aero Club d’Italia di
espletare la procedura di cui alla legge 639/1910, di talché la

impositivo, con efficacia accertativa delle pretesa erariale, idoneo ad
introdurre un giudizio sulla debenza dell’imposta”. Contestualmente, la
Corte territoriale ha rigettato l’appello incidentale sulla compensazione
delle spese di primo grado.
5. Per la cassazione delle sentenza d’appello, l’Aero Club d’Italia propone
ricorso, al quale la Soc. Esso Italiana resiste con controricorso e
memoria. Con l’unico motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., il ricorrente interroga la Corte
di legittimità chiedendo “se possa il giudice, davanti alla prospettazione
di vizi afferenti al procedimento ingiunzionale ex r.d. 639/1910, esimersi
dal pronunciarsi nel merito delle opposte pretese, pur in presenza di
concomitanti domande ed eccezioni, e del relativo contraddittorio di
merito delle opposte pretese’.
6. Il mezzo è inammissibile, così come eccepito dalla difesa della Soc.
controcorrente. Esso trascura che, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc.
civ., il quesito inerente a una censura in diritto – dovendo assolvere alla
funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso
specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può
essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella
fattispecie concreta, per mettere la Corte in grado di poter comprendere
dalla sua sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di
merito e la regola applicabile. Ne consegue che esso non può consistere
nel mero interpello della Corte sulla fondatezza della propugnata
petizione di principio o della censura così come illustrata nello
svolgimento del motivo. (ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 3530 del
07/03/2012, Rv. 622000).
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono

liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

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ingiunzione stessa non è in grado di conservare la funzione di atto

•■■•-.`

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio
di legittimità liquidate in € 7290 per compensi e C 200 per borsuali, oltre
agli oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 1° aprile 2015.

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