Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9971 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 10/03/2021, dep. 15/04/2021), n.9971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30783/2019 R.G., proposto da:

il Comune di Cazzago San Martino (BS), in persona del Sindaco pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Massimiliano Battagliola,

con studio in Brescia, elettivamente domiciliato presso l’Avv.

Graziano Brugnoli, con studio in Roma, giusta procura in calce al

ricorso introduttivo del presente procedimento;

– ricorrente –

contro

la “Agro Alimentare Adriatica S.r.l.”, con sede in (OMISSIS) (TE), in

persona dell’amministratore unico pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

della Lombardia – Sezione Staccata di Brescia il 7 maggio 2019 n.

1990/26/2019, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020, n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 10 marzo 2021 dal

Dott. Giuseppe Lo Sardo.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

Il Comune di Cazzago San Martino (BS) ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia – Sezione Staccata di Brescia il 7 maggio 2019 n. 1990/26/2019, non notificata, la quale, in controversia su impugnazione di silenzio – rifiuto con riguardo ad istanza di rimborso per ICI relativa agli anni 2008, 2009, 2010 e 2011, ha rigettato l’appello proposto dal medesimo nei confronti della “Agro Alimentare Adriatica S.r.l.” avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Brescia il 29 aprile 2016 n. 389/03/2016, con compensazione delle spese giudiziali. Il giudice di appello ha confermato la decisione di primo grado sul presupposto che l’annotazione in catasto della domanda di variazione comportasse il riconoscimento retroattivo della ruralità al fabbricato in questione. La “Agro Alimentare Adriatica S.r.l.” è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis e comma 2-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che la sola presentazione della domanda di variazione catastale fosse condizione necessaria e sufficiente per conseguire il riconoscimento retroattivo della ruralità.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione o falsa interpretazione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’esenzione da ICI per i fabbricati rurali troverebbe applicazione con la sola presentazione della domanda di variazione catastale.

RITENUTO CHE:

1. Entrambi i motivi – la cui stretta ed intima connessione suggerisce l’esame congiunto – sono infondati.

1.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di I.C.I., ai fini del trattamento esonerativo rileva l’oggettiva classificazione catastale del cespite come rurale, con il conseguente onere di impugnazione del diverso classamento da parte di chi richieda il riconoscimento del requisito di ruralità, nè può ritenersi sufficiente a determinare la variazione catastale, nei limiti del quinquennio anteriore, la mera autocertificazione secondo le modalità di cui al D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, e delle norme successive, se il relativo procedimento non si sia concluso con la relativa annotazione in atti, atteso che, come sottolineato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 31 maggio 2018, n. 115), il quadro normativo, ivi comprese le disposizioni regolamentari di cui al D.M. 26 luglio 2012, porta ad escludere l’automaticità del riconoscimento della ruralità per effetto della mera autocertificazione (Cass., Sez. 6-5, 30 giugno 2017, n. 16280; Cass., Sez. 5, 9 novembre 2017, n. 26617; Cass., Sez. 5, 9 marzo 2018, n. 5769).

1.2 La D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avessero la facoltà (esercitabile entro il termine del 30 settembre 2011, poi prorogato al 30 settembre 2012) di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria “A/6” e “D/10”, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante la presenza nell’immobile dei requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, nella L. 26 novembre 1994, n. 134, e modificato dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 29 novembre 2007, n. 222, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

In seguito, il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 14-bis, convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214, ha stabilito che le domande di variazione di cui al predetto D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, nella L. 12 luglio 2011, n. 106, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”.

Ancora, il D.M. 26 luglio 2012, art. 1, ha disposto che: “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133”.

Il D.L. 31 agosto 2013, n. 102, art. 2, comma 5-ter, convertito, con modificazioni, nella L. 28 ottobre 2013, n. 124, ha stabilito che: “Ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 3, comma 14 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 7, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione negli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”.

Si tratta, infatti di disposizioni che disciplinano le modalità (di variazione-annotazione) attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione da I.C.I., sulla base di una procedura ad hoc, che non avrebbe avuto ragion d’essere qualora la natura esonerativa della ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla loro classificazione catastale conforme (Cass., Sez. 5, 30 dicembre 2020, n. 29864).

1.3 E’ evidente, quindi, che la Commissione Tributaria Regionale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati, valutando che l’annotazione in catasto della domanda di variazione (14 ottobre 2011) bastasse per il riconoscimento automatico della ruralità con efficacia estesa al quinquennio anteriore e giustificasse la ripetibilità dell’imposta indebitamente versata in tale periodo.

2. Stante l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.

3. Nulla deve essere disposto in ordine alle spese giudiziali, giacchè la parte vittoriosa è rimasta intimata.

4. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; dà atto dell’obbligo, a carico del ricorrente, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 10 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

 

 

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