Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9971 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9971 Anno 2014
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 26730-2010 proposto da:
GAROFALO GIUSEPPINA ANNUNZIATA GRFGPP17C65G611S,
elettivamente domiciliata in ROMA, VI CARLO DAPPORTO
6, presso lo studio dell’avvocato DRAGONE MARCELLO,
rappresentata e difesa dall’avvocato DI TOMMASO
ROBERTO giusta procura speciale a margine del
2014

ricorso;
– ricorrente –

526

contro

SPADONI BRUNO SPDBRN47A10H501R;
– intimato –

1

Data pubblicazione: 08/05/2014

Nonché da:
SPADONI

BRUNO

SPDBRN47A10H501R,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SANNIO 61, presso lo studio
dell’avvocato LA CORTE VINCENZO ANTONIO, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale in

– ricorrente incidentale contro

GAROFALO GIUSEPPINA ANNUNZIATA GRFGPP17C65G611S;
– intimata –

avverso la sentenza n. 3539/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/09/2009, R.G.N.
1011/2002;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato GIULIO BELLINI per delega;
udito l’Avvocato VINCENZO LA CORTE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine per il rigetto;

2

calce al controricorso e ricorso incidentale;

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

Svolgimento del giudizio.
Nell’aprile 1991 Giuseppina Annunziata Garofalo, rappresentata
dal suo procuratore generale Guglielmo Camardella, conveniva in
giudizio Bruno Spadoni, quale erede universale di Marcella
Mastronardi, esponendo che quest’ultima, da lei investita con

mandato di gestione di tutti i suoi beni in Roma, aveva omesso: la rendicontazione della gestione; – di rimettere a sue mani i
canoni locativi ed i prezzi di vendita di taluni immobili; – di
corrisponderle la penale di 200 milioni di lire prevista nella
citata scrittura privata del 12 maggio ’76 per l’ipotesi,
effettivamente verificatasi, della mancata offerta della
prelazione di acquisto sulle quote in comproprietà immobiliare
poste in vendita dalla Mastronardi medesima. Formulava quindi
domande consequenziali di condanna a carico dell’erede.
Nella costituzione in giudizio dello Spadoni, interveniva la
sentenza 6 luglio 2001 con la quale il tribunale di Roma
condannava quest’ultimo al pagamento di lire 66.500.000 a titolo
di mancata restituzione di canoni locativi e corrispettivi di
vendita, nonché di lire 200 milioni per la penale su indicata;
oltre accessori e spese.
Interposto gravame principale dalla Garofalo ed incidentale
dallo Spadoni, veniva emessa sentenza non definitiva n. 4321
dell’il ottobre 2005 (fatta oggetto di riserva di ricorso per
cassazione) con la quale la corte di appello di Roma:
rideterminava nel minor importo di euro 28.921,58 (lire 56
3

scritture private autenticate 12 maggio ’76 e 30 luglio ’81 del

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

milioni) il credito della Garofalo per canoni di locazione e
corrispettivi di vendita; – disponeva, per quanto concerneva la
penale, la prosecuzione del giudizio al fine di dare corso alla
verificazione della scrittura privata 12 maggio ’76, in quanto
legittimamente disconosciuta dallo Spadoni perché autenticata dal

pertanto, non assistita dal carattere di atto pubblico o scrittura
privata autenticata facente fede, ex articolo 2703 cc, fino a
querela di falso (mai dallo Spadoni proposta).
Con sentenza definitiva n. 3539 del 22 settembre 2009, la
corte di appello rigettava la domanda proposta dalla Garofalo in
ordine alla penale, atteso che la verificazione della scrittura
privata in oggetto, da lei proposta a fronte del disconoscimento
operato dallo Spadoni, non aveva potuto avere seguito per mancata
produzione da parte sua dell’originale del documento.
Avverso entrambe le sentenze – non definitiva e definitiva così rese dalla corte di appello di Roma, viene dalla Garofalo
proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, ai
quali resiste lo Spadoni con controricorso. Viene da questi
altresì proposto ricorso incidentale tardivo, articolato su
quattro motivi, assistito da memoria ex art.378 cod.proc.civ. .
Motivi della decisione.
1.

Con il primo motivo del ricorso principale, la Garofalo

lamenta violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex
articolo 360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento agli articoli 99,
189 e 345 cpc, poiché la corte di appello aveva ritenuto
4

segretario comunale in assenza del relativo potere ex 1.15/68 e,

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

ammissibile
..

il disconoscimento da parte dello Spadoni della

sottoscrizione apposta dalla sua dante causa sulla scrittura 12
maggio ’76, senza considerare che tale disconoscimento non era
stato reiterato – con conseguente presunzione di abbandono – dopo
che il giudice di primo grado, con ordinanza istruttoria 12

contro una scrittura privata autenticata facente prova fino a
querela di falso.
Il motivo è infondato.
Va in primo luogo considerato che non risulta che quella di
abbandono/rinuncia del disconoscimento sia eccezione ritualmente
opposta dalla Garofalo nel corso dei gradi di merito. Di tale
circostanza non viene dato atto dalla corte territoriale, né se ne
fornisce indicazione o riscontro alcuno nel ricorso.
In ogni caso, non può dirsi che la decisione censurata abbia
violato alcuna delle norme prese a riferimento nel motivo in
esame. Nell’ambito dell’interpretazione della volontà della parte
che spetta al giudice del merito, questi – delibando la questione
della autenticità del documento – ha con ciò correttamente escluso
che lo Spadoni avesse rinunciato al disconoscimento prestando
acquiescenza alla suddetta ordinanza istruttoria.
Ciò sul presupposto che la contestazione della attribuibilità
della scrittura alla propria dante causa – fatta oggetto di uno
specifico motivo di appello incidentale – veniva ribadita anche

nelle difese conclusive dello Spadoni in primo grado
(v.conclusionale 16.2.01). Difese dalle quali traeva conferma 5

dicembre ’92, l’aveva dichiarato inammissibile perché proposto

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

nel richiamo al disconoscimento proposto ed all’adozione dei
conseguenti provvedimenti – la volontà del convenuto di ottenere
il rigetto della domanda attorea concernente la penale
contrattuale ‘anche’ ed in primo luogo sotto il profilo della
suddetta contestazione di effettiva attribuibilità alla

In definitiva, né la mancata formale riproposizione in sede di
precisazione delle conclusioni, né la mancata proposizione da
parte dello Spadoni di

‘reclamo o impugnativa o contestazione’

avverso l’ordinanza istruttoria 12 dicembre ’92 potevano – in tale
contesto – essere univocamente interpretate quale abbandono
dell’eccezione di disconoscimento.
La decisione della corte di appello di entrare nel merito
dell’eccezione in questione ritenendola implicitamente ‘non
abbandonata’, non appare dunque in contrasto con le norme invocate
dalla ricorrenteT peraltro astrattamente idonee a fondare una
censura ex art.360 l” co. n.4) e non n.3) cod.proc.civ..
Va d’altra parte considerato che tale decisione si muove
nell’ambito dell’orientamento di legittimità in base al quale la
presunzione di abbandono di domande od eccezioni ingenerata dalla
loro mancata riproposizione nelle conclusioni definitive non ha
ragione di operare allorquando – nell’interpretazione della
effettiva volontà della parte, demandata al giudice di merito – si
ravvisino elementi sufficienti (in considerazione del rapporto
sussistente tra le domande ed eccezioni formalmente dedotte
quelle asseritamente abbandonate, ovvero del contegno processuale
6

sottoscrittrice del documento contenente l’obbligo azionato.

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

complessivamente tenuto dalla parte stessa) per ritenere che
quest’ultima abbia comunque inteso insistere nelle istanze già
proposte (Cass. n. 4794 del 06/03/2006; Cass. n. 2093 del
29/01/2013).
§ 2.

Con il secondo motivo del ricorso principale, si deduce

violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo
360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento all’articolo 110 cpc, non
avendo la corte di appello considerato che lo Spadoni aveva
chiesto “In

via gradata”

che l’eventuale responsabilità per la

violazione del mandato da parte della sua dante causa fosse
accertata “nei limiti dei beni pervenuti per successione”,

con la

conseguenza che egli non aveva interesse a formulare in appello
domanda volta ad ottenere il rigetto integrale di ogni e qualsiasi
addebito risarcitorio.
Il motivo – destituito di fondamento – è innanzitutto equivoco
nella parte in cui, richiamando l’art.110 cod.proc.civ., non
esplicita con sufficiente chiarezza e specificità in che termini
lo Spadoni dovrebbe reputarsi privo di interesse ad agire ex
art.100 cod.proc.civ. sol perché subentrato

jure successionis alla

Mastronardi nel rapporto giuridico dedotto in giudizio.
L’incongruenza del richiamo normativo posto a sostegno della
censura appare anzi tanto più evidente ove si consideri che il
convenuto ha partecipato al giudizio in quanto in esso evocato

ab

initio nella sua qualità di erede universale della debitrice e,
dunque, in forza di successione sostanziale nel rapporto giuridico/
e non di successione processuale ex art.110 cit..
7

/

(1:

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

Ciò posto, l’interesse dello Spadoni ad ottenere il rigetto
integrale di ogni avversa pretesa poggiava proprio sulla
responsabilità patrimoniale che gli derivava dall’essere succeduto
nel patrimonio della sua dante causa Mastronardi; e tale interesse
sussisteva non soltanto nell’ipotesi in cui egli fosse stato

nell’ipotesi in cui la sua responsabilità fosse stata
eventualmente affermata

‘intra vires’.

Ciò rendeva del tutto

legittima ex art.100 cit. la formulazione da parte sua gradata”,

“in via

come riconosce la stessa ricorrente – della domanda di

contenimento della sua denegata condanna nei limiti dell’eredità
beneficiata. Va del resto considerato che l’istanza di limitazione
della responsabilità è stata respinta dalla corte di appello per
difetto di prova dell’indefettibile requisito dell’accettazione
con beneficio d’inventario (sent.non def.,pag.3); sicchè tale
statuizione – passata in giudicato – rendeva una volta di più
evidente l’interesse concreto ed attuale dello Spadoni a coltivare
in sede di merito il rigetto integrale delle avversarie pretese.
Con ciò contestandole in radice nei loro presupposti di
‘quantum’;

‘an’ e di

prima ancora che nella misura del patrimonio destinato

a farvi fronte in caso di loro accoglimento.
o§ 3.

Con il terzo motivo del ricorso principale, viene dedotta

omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il
giudizio ex articolo 360, l^ co., n.5) cpc, dal momento che la
corte di appello non aveva motivato il rigetto della sua istanza
di assumere la deposizione testimoniale del funzionario comunale
8

infine chiamato a rispondere con tutto il suo patrimonio, ma anche

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

che aveva autenticato la sottoscrizione della Mastronardi;
deposizione testimoniale che sarebbe stata decisiva ai fini di una
diversa soluzione della lite, perché attestante l’effettiva
attribuzione della sottoscrizione a quest’ultima.
La censura non può trovare accoglimento.

legittima instaurazione della procedura di verificazione della
scrittura disconosciuta (nel cui ambito è effettivamente
consentito al giudice di merito di attingere il proprio
convincimento di autenticità da qualsivoglia fonte probatoria,
eventualmente anche testimoniale), mentre il

decisum

della corte

di appello (sentenza definitiva) è stato di segno esattamente
opposto. Cioè nel senso della insussistenza dei presupposti per
portare a compimento la richiesta verificazione, stante la
mancata produzione in originale della scrittura 12.5.’76 da parte
della Garofalo. Sicchè la mancata pronuncia sull’ammissione della
prova testimoniale di verificazione trae logico fondamento dalla
ritenuta preclusione della verificazione in quanto tale, perché
“impossibile in copia”

(sent.def.pag.4). Quest’ultima affermazione

della corte di appello non è stata censurata dalla Garofalo, ed
appare comunque in linea con l’orientamento di legittimità, posto
che se il disconoscimento può essere rivolto anche nei confronti
di una copia fotostatica (quanto a genuinità della sua provenienza
ed a conformità con l’originale), l’istanza di verificazione ad
opera della parte che intenda avvalersi della scrittura

9

E’ dirimente osservare che la prova pretermessa presupponeva la

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

disconosciuta presuppone la produzione di quest’ultima in
originale (Cass. n. 9869 del 27/07/2000; n. 9202 del 14/05/2004).
4.

Con il quarto motivo di ricorso principale si lamenta

violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo
360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento agli articoli 110 e 346 cpc,

un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex articolo 360,
l^ co., n.5) cod.proc.civ.. Ciò perché la sentenza non definitiva
della corte di appello aveva escluso la ripetibilità dei canoni di
locazione nonostante che lo Spadoni non avesse interesse ad
opporre la relativa eccezione, avendo egli chiesto, in sede di
precisazione delle conclusioni di primo grado, di contenere il
danno da risarcire entro il limite dei beni a lui pervenuti in
eredità, sicché nel caso di specie si verteva di domanda “volta ad
ottenere un petitum più vasto di quanto subordinatamente preteso
dall’istante”.

Inoltre, la corte di appello aveva respinto la

domanda di essa attrice sul punto senza considerare che lo Spadoni
si era limitato in appello a richiamare genericamente le
conclusioni proposte in primo grado, senza farsi carico di
formulare

“espressa dichiarazione di voler rimuovere i capi di

domanda a lui sfavorevoli e l’onere di individuarli”,

così come

stabilito dall’articolo 346 cpc.
La prima parte della doglianza va respinta per le stesse ,
considerazioni già svolte (.3 2.) in ordine al secondo motivo del
ricorso principale, evidente essendo l’interesse dello Spadoni ad
ottenere il rigetto dell’avversaria pretesa nella sua interezza; e
10

nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

ciò quand’anche egli fosse stato in ipotesi tenuto responsabile
solo intra vires.
La seconda parte della doglianza va respinta sulla base dì
quanto evincibile de plano dalle risultanze del grado di appello,
da cui emerge che lo Spadoni, andando oltre l’ onere di mera

346 cod.proc.civ., aveva impugnato (segnatamente, con il quarto
motivo di appello incidentale) la statuizione del primo giudice di
sua condanna al pagamento degli importi percepiti dalla
Mastronardi quali canoni di locazione delle unità immobiliari da
lei amministrate per conto della Garofalo.
La corte territoriale, in sede di disamina dell’appello
incidentale, ha posto in evidenza (sent.non def.pag.3) come in
esso lo Spadoni avesse contestato radicalmente la sussistenza di
prova delle asserite locazioni e della percezione di canoni da
parte della sua dante causa. Tale circostanza, riscontrabile dalla
formulazione del gravame incidentale, esclude tanto la rilevanza
nella specie dell’art.346 cod.proc.civ. – vertendosi, nella
individuazione della volontà della parte e nella considerazione
del

decisum

di condanna emesso sul punto dal giudice di primo

grado, di impugnativa diretta, e non di mera riproposizione di
domande o eccezioni non accolte – quanto la dedotta esorbitanza
della pronuncia di appello dai limiti del devoluto.
§ 5.

Con il quinto motivo di ricorso principale si deduce

violazione degli articoli 214 e 215 cpc poiché la corte di appello
aveva ritenuto ammissibile il disconoscimento da parte dello
11

riproposizione delle domande ed eccezioni non accolte ex articolo

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

Spadoni nonostante che quest’ultimo fosse stato convenuto in
giudizio nella sua qualità di erede della Mastronardi e che,
conseguentemente, non potesse ‘disconoscere’ la scrittura (non
essendone lui l’autore), ma soltanto dichiarare di ‘non conoscere’
la firma della de cujus

(art.214 co.n.2 cpc); in difetto di ciò,

La censura è infondata.
Il giudice di merito ha riscontrato che il disconoscimento
venne formulato dallo Spadoni non soltanto tempestivamente (con la
comparsa di costituzione e risposta in primo grado e nel verbale
di udienza 1^ ottobre 92), ma anche in termini inequivoci. Tale
valutazione – a fortiori nell’ambito di una censura di cassazione
che non è di vizio motivazionale ma di violazione normativa – non
può essere qui confutata, atteso che il giudizio di idoneità delle
espressioni utilizzate dalla parte a configurare un valido
disconoscimento di una scrittura privata prodotta contro di essa
costituisce giudizio di fatto riservato al giudice del merito,
incensurabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente
motivato (Cass. n. 11460 del 17/05/2007).
Il limite della presente doglianza trova poi definitiva
conferma nel fatto che l’erronea valutazione asseritamente resa
sul punto dal giudice di merito sarebbe dipesa dalla sostanziale
obliterazione della distinzione normativa tra il ‘disconoscimento’
della scrittura e la dichiarazione di ‘non conoscenza’ previs a
dall’art.214, 2^ co.cpc, per l’erede o avente causa.

12

la scrittura doveva ritenersi riconosciuta.

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

Si tratta di distinzione nella specie non influente, alla luce
del principio per cui la volontà di disconoscimento, pur dovendo
essere inequivoca, non comporta l’adozione di precostituite
formule sacramentali, ben potendo essere desunta dal contegno
della parte.

ravvisato nell’eccezione dello Spadoni una univoca volontà di
contestazione di provenienza ed autenticità della scrittura
privata, indipendentemente dal fatto che tale volontà fosse stata
esternata con una formale dichiarazione di ‘disconoscimento’
invece che di ‘non conoscenza’. Tale valutazione è stata operata
dalla corte territoriale in considerazione di tutti gli elementi
della fattispecie, che rendevano pacifica tanto l’apparente
attribuzione della scrittura alla dante causa dello Spadoni,
quanto la citazione in giudizio di quest’ultimo in qualità di
erede a cui quella scrittura si rendeva opponibile.
6.

Venendo ora al ricorso incidentale, lo Spadoni lamenta, con

il primo motivo, violazione e falsa applicazione di norme di
diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento agli
articoli 75, 77 e 100 cpc, nonché carente o contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, poiché la
corte di appello, con la sentenza non definitiva, aveva respinto
la sua eccezione di difetto di legittimazione attiva della
Garofalo la quale aveva agito in giudizio tramite un procurator/
generale, Guglielmo Camardella, la cui certa identità non era
stata provata. Ciò perché sussisteva una diversa data di nascita
13

Nel caso di specie il giudice di merito – come detto – ha

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tra il Guglielmo Camardella che aveva introdotto il giudizio (n. a
Melfi il 26 febbraio 48), ed il Guglielmo Camardella che, sempre
in qualità di procuratore generale della Garofalo, aveva
sottoscritto la diffida extragiudiziale (n. a Melfi il 4 aprile
51). Da ciò derivava sia la carenza di legittimazione
sia

l’inidoneità di quest’ultima diffida ad

interrompere la prescrizione.
Il motivo è infondato, giacchè la corte di appello (sent.n.
4321/05) ha ampiamente ed esaurientemente spiegato le ragioni per
cui l’eccezione in questione doveva essere rigettata, osservando
in particolare (pag.2) che: – l’atto di citazione introduttivo del
giudizio, come del resto quello d’appello, risultavano promossi
dal procuratore generale della Garofalo, appunto il Camardella,
tale nominato con atto del notaio Cestone di Melfi del l^ luglio
91 n.rep. 14552; – il richiamo di tale atto, nel quale erano
pienamente enunciati i dati anagrafici del procuratore Guglielmo
Camardella, nato a Melfi il 26 febbraio ’48, ne consentiva la
sicura identificazione, confermando l’identità tra questi e colui
che aveva agito in nome e per conto della Garofalo; – la tesi
dello Spadoni, secondo cui l’atto di diffida giudiziale
sottoscritto, nella qualità di procuratore della Garofalo, da
Guglielmo Camardella n. a Melfi il 4 aprile 51, comunicatogli il
15 luglio 91, sarebbe stato inefficace perché proveniente da
persona diversa da quella alla quale risultava conferita l
procura notarile sopra menzionata era infondata, dal momento c e
il richiamo a tale procura ancora una volta escludeva ogni dubbio
14

dell’attrice,

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sull’esatta identità del procuratore generale;

l’errata

indicazione della data di nascita di questi, nel 4 aprile ’51,
doveva ritenersi frutto dell’errore di chi aveva trascritto,
dall’atto notarile, invece dei dati del Camardella, quelli
relativi a Carmela Annunziata Camardella, sorella di Guglielmo, la

nominato e costituito suo procuratore il fratello.
Si tratta di una motivazione congrua con la quale la corte di
appello dà conto delle ragioni per cui si trattava di un semplice
refuso (indotto dalla erronea trascrizione della data di nascita
della sorella del Camardella) che non ingenerava alcuna reale
incertezza sulla identificazione del procuratore generale della
Garofalo (risultante dalla procura per atto notarile); e nemmeno
sulla convergenza nella stessa persona del procuratore generale,
così identificato, dei poteri rappresentativi sia sostanziali sia
processuali. In presenza di tale argomentare, la valutazione del
giudice di merito appare insindacabile tanto in ordine alla
rappresentanza processuale dell’attrice, quanto in relazione
all’efficacia interruttiva della prescrizione attribuita alla
diffida. Elementi posti in dubbio dalla doglianza in esame
sull’erroneo assunto di uno stato di oggettiva ed assoluta
incertezza identificativa del procuratore generale; viceversa da
escludersi per le indicate ragioni.
§ 7.

Nel secondo motivo di ricorso incidentale, dichiaratamente

proposto per il denegato caso di accoglimento dei motivi
d’impugnazione avversari, lo Spadoni lamenta violazione e falsa
15

quale, nello stesso atto e contestualmente alla Garofalo, aveva

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applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co., n.3) cpc,
con riferimento agli articoli 1384, 1224,732, 1701 cc nonché 141 e
215 cpc, atteso che la clausola penale di cui alla scrittura in
oggetto doveva ritenersi inefficace, e comunque essere ridotta
anche d’ufficio dal giudice ex articolo 1384 cc perché palesemente

debito di valuta, poteva dare luogo al pagamento soltanto degli
interessi non anche della rivalutazione o del maggior danno;
Si tratta di motivo assorbito dal mancato accoglimento dei
motivi di ricorso principale della Garofalo, al quale esso è
logicamente subordinato.
§ 8. Nel terzo motivo di ricorso incidentale si lamenta violazione

e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360, 1^co.,
n.3) cpc, con riferimento agli articoli 1710 segg.cc , nonché
carente o insufficiente motivazione, non avendo la corte di
appello considerato che: – il concreto svolgersi della vicenda
deponeva per l’effettiva rendicontazione da parte della
Mastronardi della sua attività di gestione, d’altra parte mai
espressamente richiesta dalla Garofalo (la quale era stata sempre
informata di tutti gli atti di amministrazione); – il mandato era
stato eseguito senza pattuizione di alcun compenso, con
conseguente attenuazione di responsabilità; – gli interessi sulle
somme ritenute a debito della Mastronardi dovevano farsi
decorrere, anche vista l’assenza di messa in mora, dalla domanda e
non dalla data considerata dalla corte di appello (ultimo atto di
vendita, 6 dicembre ’83).
16

eccessiva; in ogni caso, il pagamento della penale, in quanto

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Si tratta di motivo tutto basato sulla riconsiderazione degli
aspetti fattuali della vicenda e, dunque, volto a suscitare una
nuova valutazione di merito. Ciò è reso evidente dalla stessa
elencazione dei parametri attraverso i quali si chiede di cassare
la sentenza della corte di appello, non avendo quest’ultima tenuto

tra le parti, i seguenti fatti: – “la periodica rimessa di somme
di denaro in favore della Garofalo; – la frequente corrispondenza
epistolare intercorsa tra la mandante e la mandataria; – il tenore
testuale di tale corrispondenza; – la constatazione della omessa
comunicazione, da parte della Garofalo, durante l’ampio decorso
temporale trascorso, di contestazioni e/o lamentele di
qualsivoglia genere”.

Si tratterebbe, a dire dello Spadoni, di

elementi comprovanti – all’opposto di quanto ritenuto dal giudice
di merito – il regolare adempimento da parte della Mastronardi
degli obblighi su di lei gravanti ex artt. 1712 e 1713 cod.civ..
Senonchè, alla cassazione della sentenza per vizio della
motivazione può pervenirsi solo se risulti che il ragionamento
del giudice di merito, come emergente dalla sentenza, sia
incompleto, incoerente ed illogico; non anche quando il giudice
del merito abbia semplicemente attribuito agli elementi
considerati un valore ed un significato difformi dalle aspettative
e dalle deduzioni di parte (Cass. 15 aprile 2004 n. 7/2/01; Cass.
14 febbraio 2003 n. 2222; SSUU 27 dicembre 97 n. 13045). Ne deriva/
che il controllo di legittimità da parte della corte di cassazione
non può riguardare il convincimento del giudice di merito sulla
17

in debito conto, nella ricostruzione dello svolgimento del mandato

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

rilevanza probatoria degli elementi considerati, ma solo se questi
abbia indicato le ragioni del proprio convincimento con una
motivazione immune da vizi logici e giuridici. Nella fattispecie,
la censura si risolve in una richiesta di diversa valutazione nel
merito delle circostanze fattuali, cosa che – per le dette ragioni

Quanto alla dedotta violazione normativa in ordine alla
decorrenza degli interessi dalla data dell’ultima vendita, la
corte di appello ha fatto applicazione, nell’ambito di un rapporto
qualificato in termini di ‘mandato di durata’, dell’articolo 1714
cod.civ. (sent.pag.4); norma che fa obbligo al mandatario di
rimettere al mandante gli interessi legali sulle somme riscosse
per suo conto con decorrenza dal giorno in cui avrebbe dovuto
fargliene consegna. Da questo punto di vista, la decisione della
corte di appello appare finanche più favorevole allo Spadoni,
avendo assunto a riferimento non la data delle singole vendite
immobiliari tempo per tempo concluse, ma quella dell’ultima
vendita. Né varrebbe obiettare, con lo Spadoni, che la Mastronardi
funse non soltanto da mandataria ma anche da depositaria delle
somme, dal momento che questa seconda veste non ha trovato
riscontro alcuno nella ricostruzione della vicenda da parte del
giudice di merito, il quale ha ricollegato l’obbligo di
corrispondere gli interessi dalla data indicata proprio sul
presupposto dell’inadempimento da parte della Mastronardi ai soli ,
obblighi che le scaturivano dal mandato di gestione immobiliare.;
non potendosi nella specie ravvisare un rapporto complementare di
18

– non può trovare ingresso nel sindacato di legittimità.

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deposito sulla base del solo elemento costituito dalla durata
negli anni del mandato medesimo. Sicchè non ha ragione qui di
operare il principio espresso da Cass. n. 4777 del 21/07/1980,
avente riguardo ad una fattispecie nella quale – diversamente da
quanto accede nella presente – era stata positivamente riscontrata
in fatto la situazione

“in cui il mandante abbia lasciato il

mandatario depositario di fatto delle somme riscosse, omettendo di
impartirgli le istruzioni necessarie, inutilmente e reiteratamente
sollecitate dopo l’esaurimento del mandato”.

.5 9.

Con il quarto motivo di ricorso incidentale si lamenta

violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex articolo
360, 1^co., n.3) cpc, con riferimento agli articoli 90, 91 96 cpc
nonché omessa o insufficiente motivazione, dal momento che la
sentenza definitiva della corte di appello aveva disposto, in
ragione

“dell’esito complessivo del gravame”

(sent.pag.4), la

compensazione delle spese del grado di appello, senza pronunciarsi
sull’accollo integrale a suo carico delle spese del primo grado di
giudizio; nonostante la proposizione da parte sua di specifico
motivo di gravame, nonché l’avvenuta riforma della sentenza di

primo grado in senso sfavorevole alla Garofalo.
Il motivo può trovare accoglimento nei seguenti termini.
In effetti, il tribunale condannò lo Spadoni alla rifusione
delle spese, in quanto soccombente su tutte le domande della (í
Garofalo, compresa quella relativa alla penale in quanto portata
da una scrittura privata che il primo giudice aveva erroneamente

19

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

ritenuto non disconoscibile ma unicamente suscettibile di querela
di falso, non proposta.
In appello, lo Spadoni ha invece ottenuto ragione nella
diminuzione del

quantum delle somme non rimesse dalla mandataria

(ridotte a 56 milioni di lire rispetto ai 66,5 milioni del primo

cui verificazione era infine risultata preclusa dalla mancata
produzione dell’originale da parte dell’attrice).
E’ dunque proprio in applicazione del criterio enunciato (ma
nei fatti disatteso) dalla corte di appello, vale a dire la
considerazione dell’esito unitario della lite, che la conferma
della condanna dello Spadoni al pagamento delle spese di primo
grado non appare corretta sulla scorta delle norme denunciate.
Tanto più che lo Spadoni aveva specificamente chiesto in appello
che, all’esito della riforma della sentenza di primo grado nel
senso da lui voluto, la corte territoriale procedesse ad una nuova
regolazione delle spese ‘di primo e di secondo grado’.
La limitazione della compensazione al solo grado di appello,
confliggente con il suddetto parametro di liquidazione unitaria,
va dunque cassata; con estensione della compensazione – in sede di
pronuncia nel merito ex art.384 2″ co.cpc – altresì alle spese del
primo grado. Ciò viene affermato in ragione della reciproca
soccombenza finale.
Le stesse considerazioni testè svolte depongono per la ,,
í

compensazione altresì delle spese del presente giudizio di
cassazione.
20

grado) ma, soprattutto, sulla penale (dedotta in una scrittura la

Ric.n. 26730/10 rg. – Ud.27.2.14

Pqm

La Corte
rigetta il ricorso principale;
rigetta il primo, secondo e terzo motivo di ricorso
incidentale;

cassa per quanto di ragione la sentenza appellata e,
decidendo nel merito, compensa le spese di lite del primo
grado di giudizio;
compensa le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 27 febbraio 2014.

accoglie il quarto motivo del ricorso incidentale;

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