Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9971 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. I, 05/05/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 05/05/2011), n.9971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. BERRUTTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.V.C., elettivamente domiciliato in Roma via Cratilo

di Atene 32, presso lo studio dell’avvocato Domenico Vizzone,

rappresentato e difeso dall’avvocato Fusaro Antonio Giovanni, giusta

procura a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

cui è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Salerno, emesso il 7

marzo 2007, depositato il 9 ottobre 2007, nel procedimento R.C.C.

422/06;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 12 gennaio 2011

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.V.C. propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte di appello di Salerno che ha accolto solo parzialmente la sua richiesta di condanna del Ministero della Giustizia a una equa riparazione della L. n. 89 del 2001, ex art. 2, per il danno non patrimoniale causato dall’eccessiva durata del procedimento penale a suo carico conclusosi con sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto, della Corte di appello di Catanzaro.

Il ricorrente si affida a un motivo di impugnazione (violazione di legge in relazione alla L. n. 89 del 2001, art. 2 e all’art. 6 paragrafo 1 della c.E.D.U.) e sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto : in materia di equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001 n. 89, merita censura la sentenza del giudice di merito che, avuto riguardo ai parametri di ragionevole durata dei vari gradi del processo, elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, se ne discosta in ragione della sola allegata complessità del caso concreto senza riguardo ad elementi specifici, processo che di fatto è stato affrontato e deciso dal tribunale in due udienze, una rinviata per assenza di testi, e comunque durato solo 1 anno e tre mesi, a fronte della valutazione della Corte di appello di almeno quattro anni per la definizione mentre, per ciò che attiene il giudizio di secondo grado, concluso in una sola udienza, la Corte ha ritenuto necessario un tempo di definizione di almeno tre anni.

Si difende con controricorso il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Il ricorrente, pur deducendo una violazione di diritto, censura la decisione di merito della Corte di appello che, pur discostandosi dai parametri della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, lo ha fatto indicando le ragioni che giustificano una maggiore durata, in entrambi i casi di un anno, sia in primo che in secondo grado. Quanto al primo grado la Corte di appello ha tenuto conto, ovviamente, della fase delle indagini preliminari a partire dal momento in cui esse furono portate a conoscenza dell’odierno ricorrente, con la notifica dell’ordinanza di ammissione di incidente probatorio, secondo il principio affermato da questa Corte sin dalla sentenza n. 1740/2003.

Da parte della difesa della controricorrente è stato rilevato, senza che ciò abbia costituito oggetto di contestazioni da parte del ricorrente, che la fase delle indagini preliminari è stata particolarmente laboriosa in quanto connessa a numerosi altri processi di rilevante interesse, relativi a un fenomeno diffuso di criminalità interessante l’area costiera del territorio calabrese.

Quanto alla fase del giudizio di impugnazione è stato altresì rilevato che l’esito del giudizio finale è stato particolarmente laborioso dato che si sono svolti due gradi di merito (il giudizio di appello e il giudizio di rinvio dalla cassazione) e un grado di legittimità. Su questi presupposti deve escludersi che la Corte di appello si sia discostata arbitrariamente e imprudentemente dai parametri fissati dalla giurisprudenza di Strasburgo f dato che complessivamente il giudizio è durato sette anni, otto mesi e venti giorni, di cui 3 anni, 5 mesi e 10 giorni in primo grado (a fronte del parametro di tre anni proveniente dalla giurisprudenza di Strasburgo) e 4 anni, 3 mesi e 10 giorni negli altri gradi (a fronte di un parametro di due anni indicato dalla giurisprudenza europea per il solo giudizio di appello) e la Corte di appello ha ritenuto insussistente una durata irragionevole del processo in primo grado e sussistente invece negli altri gradi dopo il decorso del terzo anno.

Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in Euro 500 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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