Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9970 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. I, 05/05/2011, (ud. 30/09/2010, dep. 05/05/2011), n.9970

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALME’ Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

T.J. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DE CAROLIS UGO 101, presso l’avvocato FRANCUCCI FULVIO,

che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ARGENTERIA SCHIAVON S.P.A. (P.I. (OMISSIS)), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DEL FANTE 2, presso l’avvocato PALMERI GIOVANNI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FALCONE ELIO FRANCESCO,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1886/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 25/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE SALME’;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato FRANCUCCI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato PALMERI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ABBRITTI Pietro che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso dell’8 novembre 2002 la s.p.a. Argenteria Schiavon ha proposto reclamo alla corte d’appello di Venezia, ai sensi dell’art. 43 del reg. CE n. 44/2001, avverso il decreto emesso dalla stessa corte il 18 giugno 2002 con il quale è stata dichiarata esecutiva in Italia, ai sensi della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, la sentenza della corte d’appello di Douai del 13 febbraio 2001, resa nel procedimento promosso dal cittadino francese T. J., agente esclusivo per la Francia e Lussemburgo della società ricorrente, con la quale la società stessa è stata condannata al pagamento di una somma di denaro a titolo di commissioni e indennità. Con sentenza del 25 novembre 2005 la corte territoriale ha revocato il predetto decreto e ha dichiarato non riconoscibile in Italia, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. a), la sentenza della corte d’appello di Douai.

Per quanto ancora rileva in questa sede, la corte, premesso che, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 2, nella fattispecie è applicabile la convenzione di Bruxelles, ha affermato che la competenza giurisdizionale a conoscere della domanda del cittadino francese era del giudice italiano e non di quello francese, sia perchè ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 5 della convenzione, applicabili nella specie in virtù dell’art. 28, comma 3 della convenzione stessa, il convenuto domiciliato in uno stato contraente può essere citato davanti al giudice di un altro stato in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o doveva essere eseguita, sia perchè nel “contratto di rappresentanza” sottoscritto dalle parti è contenuta la clausola che prevede che competente per le eventuali controversie tra le parti è il tribunale di Treviso, sede della società committente. In senso contrario non poteva invocarsi il disposto dell’art. 17, ult. comma della convenzione, come modificato dalla convenzione di San Sebastian del 26 maggio 1989, il quale dispone che le clausole contrattuali attributive di competenza giurisdizionale in materia di contratti individuali di lavoro solo efficaci sole se stipulate in data posteriore al sorgere della controversia ovvero se sono invocate dal lavoratore per adire giudici diversi da quello del domicilio del convenuto o da quello in cui il lavoratore svolge abitualmente il suo lavoro. Infatti, secondo la legge italiana, l’unica rilevante ai fini dell’applicazione delle norme di diritto internazionale privato, il rapporto di agenzia, al contrario da quanto disposto dalla legge francese, non è qualificabile come rapporto di lavoro subordinato.

Avverso la sentenza della corte d’appello di Venezia T. J. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, al quale resiste con controricorso la Argenteria Schiavon.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, deducendo la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 27, 28 e 34 della convenzione di Bruxelles del 1968 e/o degli artt. 34 e 35 del regolamento UE n. 44/2001 (che sostanzialmente richiamano le norme della convenzione rilevanti nella specie), il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver fatto applicazione dell’art. 3 della convenzione citata, che rinvia all’art. 5, compreso nella sezione seconda, mentre l’art. 28, consente il controllo della competenza giurisdizionale del giudice straniero solo nei casi disciplinati nelle sezioni 3, 4 e 5.

Il motivo è fondato.

Premesso che, trattandosi di procedimento per l’esecutività di sentenza francese iniziato davanti al giudice italiano con ricorso del 25 febbraio 2002, nella specie non trova applicazione il reg. Ce n. 44/2001, entrato in vigore il 1 marzo 2002, deve rilevarsi che la convenzione di Bruxelles del 1968 vieta al giudice richiesto del riconoscimento di procedere al controllo della competenza del giudice che ha pronunciato il provvedimento del cui riconoscimento si discute (art. 28, comma 3), salvo che ricorrano un’ipotesi di violazione delle disposizioni contenute nelle sezioni 3, 4 e 5 della convenzione stessa (art., 28, comma 1). Erroneamente, pertanto, la corte territoriale ha ritenuto che la sentenza francese non fosse riconoscibile perchè pronunciata da giudice privo di competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 5 della convenzione di Bruxelles, contenuto nella sezione seconda mentre l’art. 28 consente di controllare la competenza del giudice dello Stato d’origine solo nelle ipotesi previste dalle disposizioni contenute nelle sezioni 3, 4 e 5 (quindi negli artt. da 7 a 16, disciplinano la competenza in materia di assicurazione, di contratti conclusi da consumatori e le competenze esclusive in materia di diritti reali, di affitto di immobili, di società e di persone giuridiche, di iscrizioni e trascrizioni in pubblici registri, di marchi, brevetti e altre privative e di esecuzione di sentenze).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, u.c. della convenzione di Bruxelles, come modificato con la convenzione di S. Sebastian del 26 maggio 1989, nonchè degli artt. 3-7 della convenzione di Roma del 1980, per avere la corte territoriale ritenuto valida la clausola contrattuale di previsione del foro di Treviso come foro esclusivo, qualificando il rapporto come agenzia, alla stregua della legge italiana, mentre nella specie la qualificazione doveva essere effettuata sulla base della lex fori, e cioè della legge francese in quanto la causa era stata introdotta per la prima volta davanti al giudice francese, con la conseguente applicazione dell’artt. 17 della convenzione, tenendo anche presente che secondo la legge francese nella specie debbono applicarsi le norme dello statuto dei Viaggiatori, Rappresentanti e Piazzisti (VRP) che sono di applicazione necessaria e comunque non derogabili ai sensi degli artt. 3, 6 e 7 della convenzione di Roma del 19 giugno 1980, resa esecutiva con L. 18 dicembre 1984, n. 975.

Anche questo motivo è fondato.

Premesso che non può nella specie venire in considerazione la convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, subordinata ad accertamenti di fatto riservati al giudice del merito e che nella specie non risultano compiuti, deve rilevarsi che effettivamente non solo le constatazioni di fatto (art. 28, comma 2), ma anche le qualificazioni giuridiche dei fatti accertati, rilevanti ai fini della competenza sono riservate al giudice dello Stato d’origine e pertanto, poichè per il giudice francese il rapporto d’agenzia ha natura di contratto di lavoro, deve trovare applicazione l’art. 17, u.c. della convenzione, secondo cui le clausole attributive di competenza sono efficaci solo se posteriori all’insorgere della controversia ovvero se il lavoratore se ne intende giovare per adire un giudice diverso da quello del domicilio del convenuto o da quello previsto dall’art. 5, punto 1.

Poichè invece la clausola che prevedeva la competenza del foro di Treviso è contenuta nel contratto di agenzia la stessa non è efficace.

3. Con il terzo motivo il ricorrente censura la sentenza della corte veneziana per avere dichiarato nel dispositivo che la sentenza francese non poteva essere riconosciuta ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. a), dopo aver affermato in motivazione che tale fonte normativa non è applicabile, essendo applicabile la convenzione di Bruxelles.

Il motivo non è fondato.

Il rilevato contrasto è solo formale e apparente perchè, in virtù del principio pacifico secondo cui la portata precettiva di una sentenza va individuata con riferimento non solo al dispositivo, ma anche alla motivazione, è inequivoca la volontà della corte d’appello, resa manifesta dal complesso delle argomentazioni sulle quali si basa, di fare applicazione della convenzione di Bruxelles e, pertanto il riferimento alla L. n. 218 del 1995 nel dispositivo appare frutto di un mero lapsus calami.

4. In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessario procedere ad ulteriori accertamenti di fatto può pronunciarsi nel merito accogliendo la richiesta di esecutività della sentenza della corte d’appello di Douai.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dichiara esecutiva in Italia la sentenza resa dalla corte d’appello di Douai il 13 febbraio 2001 su domanda proposta da T.J. nei confronti della Argenteria Schiavon. Condanna la controricorrente al pagamento delle spese con Euro 2.400,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi, Euro 450,00 per diritti ed Euro 1.850,00 per onorari) per il giudizio di merito ed Euro 3.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) quanto al giudizio di cassazione, in entrambi i casi oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 30 settembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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