Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9968 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9968 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 22449-2009 proposto da:
MERTOLI

PIETRO SNC

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate,
in ROMA VIA CASETTA MATTEI 239, presso lo studio
dell’avvocato SERGIO TROPEA, rappresentatq, e difescL
dall’avvocato VINCENZO TARANTO giusta delega a
2015

margine;
– ricorrente –

1293

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatoL in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 15/05/2015

STATO, che lcì, rappresenta e difende;
controricorrente nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI CATANIA;
intlmatq,-

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di CATANIA, depositata il
14/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/03/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso il provvedimento n. 330/2008 della

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito dì processo verbale di constatazione della Guardia di
Finanza del 17.7.2000, veniva notificato alla società Mertoli Pietro
s.n.c., in data 6.11.2002, un avviso di rettifica, con il quale l’Ufficio
recuperava a tassazione, per l’anno 1997, la maggiore IVA dovuta
in conseguenza della ricostruzione di un più consistente volume di

sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dalla contribuente dinanzi alla
CTP di Catania, che accoglieva il ricorso.
3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva, peraltro,
parzialmente accolto dalla CTR della Sicilia, con sentenza n.
330/34/2008, depositata il 14,7.2008, con la quale il giudice di seconde cure riteneva corretta la ricostruzione del maggior volume di
affari operata dall’Ufficio, ma riduceva la percentuale di ricarico
dall’86,335% al 75%.
4. Per la cassazione della sentenza n. 330/34/2008 ha proposto,
quindi, ricorso la Mertoli Pietro s.n.c. nei confronti dell’Agenzia delle
Entrate, affidato a due motivi, illustrati anche con memoria ex art.
378 c.p.c. L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va esaminata, in via pregiudiziale, l’eccezione di giudicato, proposta dalla società Mertoli Pietro s.n.c., sotto il profilo che la sentenza n. 64/18/2012, emessa dopo la decisione n. 330/34/2008,
impugnata in questa sede, conterrebbe l’accertamento degli stessi
fatti oggetto del presente giudizio, con riferimento alla determinazione della percentuale di ricarico applicata dall’Amministrazione
finanziaria ed alla sua estensibilità agli anni precedenti la verifica
fiscale effettuata. L’eccezione è infondata.
1.1. Va premesgo, al riguardo, che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano contenuto ed entità degli obblighi del contribuente
per un determinato anno d’imposta fa stato, con riferimento alle

affari, operata dall’Amministrazione finanziaria in via induttiva, ai

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imposte dello stesso tipo dovute per altre annualità, dallo stesso
soggetto, solo per quanto attiene a quegli elementi che abbiano un
valore “condizionante” inderogabile sulla disciplina degli altri elementi della fattispecie esaminata, come le qualificazioni giuridiche
preliminari all’applicazione di una specifica disciplina tributaria. Ne
discende che la sentenza che risolva una situazione fattuale in uno

ticamente ad altra annualità della stessa imposta, ancorché siano
coinvolti tratti storici comuni (Cass. 18907/2011; 20029/2011;
22941/2013; 1837/2014).
1.2. Ciò posto, va anzitutto rilevato che, nel caso di specie, nel giudizio conclusosi con la sentenza n. 64/18/2012 – passata in giudicato, come da attestazione della cancelleria della CTR della Sicilia in
data 19.3.2015 – erano in discussione, oltre all’IVA, anche le imposte dirette, IRPEF ed IRAP, laddove il processo conclusosi con la
sentenza n. 330/34/2008, impugnata con ricorso per cassazione,
vette esclusivamente sulla maggiore IVA dovuta dalla Mertoli Pietro
s.n.c. Orbene, l’identità di rapporto – che consente di ritenere una
lite coperta dal giudicato di una precedente sentenza resa tra le
stesse parti – deve essere esclusa nel caso in cui, come nella fattispecie in esame, le due controversie riguardino, anche solo in parte,
imposte strutturalmente e oggettivamente diverse, come l’IVA e le
imposte dirette (cfr. tra le tante, Cass. 2438/2007; 5943/2007;
8773/2008; 25200/2009; 235/2014).
1.3. Di più, anche con riferimento alle imposte dello stesso tipo, dovute per annualità diverse da quella oggetto del giudizio in corso, il
giudicato già formatosi in relazione a tali annualità non può avere
alcuna efficacia vincolante quando l’accertamento relativo ai diversi
anni d’imposta debba fondarsi su dati e ricostruzioni contabili diversi. Il che a dirsi, in special modo, con riferimento all’ipotesi ricorrente nel caso di specie – nella quale l’efficacia esterna del giudicato sia invocata con riferimento all’avvenuto annullamento di avvisi di accertamento diversi, aventi ad oggetto annualità differenti,

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specifico periodo d’imposta non può estendere i suoi effetti automa-

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in una controversia riguardante una diversa annualità della stessa
imposta. Detti avvisi – nella specie, peraltro, concernenti, come
dianzi detto, anche le imposte dirette e non la sola IVA – sono da
ritenersi, difatti, fondati su autonomi accertamenti in rettifica, il cui
annullamento non può automaticamente essere esteso all’annualità
ancora in contestazione.

2. Premesso quanto precede, deve rilevarsi che, con il primo motivo
di ricorso, !a Iviertoli Pietro s.n.c. denuncia l’omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, co. 1,
n. 5 c.p.c.
2.1. In ordine all’affermazione secondo cui la società contribuente
sarebbe stata tenuta ad istituire le scritture di magazzino, invero,
l’impugnata sentenza sarebbe del tutto priva di motivazione.
2.2. La censura è inammissibile.
2.2.1. La ricorrente ha, invero, del tutto omesso di formulare
un’indicazione riassuntiva e sintetica, ai sensi dell’art. 366 bis, co. 2,
c.p.c. (applicabile alla fattispecie ratione temporis), a tenore del
quale la formulazione della censura ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c.
deve contenere un “momento di sintesi” omologo del quesito di diritto, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo operata dalla parte ricorrente (cfr., ex plurimis, Cass. 8897/08;
2652/08; Cass.S.U. 11652/08; 16528/08). E ciò anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso
della formulata censura, o dalle sue conclusioni, attesa la “ratio” che
sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze defiattive
del filtro di accesso alla Suprema Corte, la quale deve essere posta
in condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale
sia l’errore commesso dal giudice di merito (Cass. n. 24255/2011).
2.2.2. Nel caso di specie, manca – per contro – una sintesi finale
nella quale sia chiaramente indicato il fatto decisivo controverso e le
ragioni per le quali la motivazione censurata sia da reputarsi omessa.

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1.4. L’eccezione in parola va, pertanto, disattesa.

2.3. Il motivo in esame non può, pertanto, essere accolto.
3. Con il secondo motivo di ricorso, la Mertoli Pietro s.n.c. denuncia
la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 del d.P.R. n. 633 del
1972, 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.,
nonché l’insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.

vazione del tutto incongrua ed illogica, che fosse corretto
l’accertamento, operato dall’Ufficio finanziario in via induttiva ai
sensi dell’art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, del maggior reddito
societario, ottenuto mediante l’applicazione della percentuale di ricarico nella misura dell’86,335%. E ciò, senza che fosse stata contestata dalla Guardia di Finanza la regolarità della contabilità aziendale, senza che si fosse tenuto conto della diversità qualitative esistente tra i beni in magazzino, e con estensione della percentuale di
ricarico, stabilita con riferimento all’anno 2000, agli anni precedenti
fino al 1997, oggetto della verifica fiscale per cui è causa.
3.2. Come se non bastasse, la CTR avrebbe, altresì, provveduto a
ridurre la suddetta percentuale di ricarico dall’86,335% al 75% in
maniera del tutto anapodittica, senza indicare affatto i criteri in base
ai quali avrebbe effettuato tale riduzione, e – per di più – dando
contraddittoriamente atto dell’impossibilità di determinare con precisione il ricarico da applicare al costo delle merci vendute.
3.3. Il motivo è fondato.
3.3.1. Deve anzitutto rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del quesito di diritto formulato dalla ricorrente a corredo
della censura, proposta dall’Amministrazione resistente sotto il profilo che esso conterrebbe una pluralità di interrogativi, venendo, in
tal modo, ad integrare un inammissibile quesito multiplo.
3.3.1.1. Va, per vero, osservato, al riguardo, che il quesito di diritto, di cui all’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis) può
essere definito multiplo quando sia redatto in modo da essere riferibile, cumulativamente, ai motivi di ricorso fondati sulla violazione di

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3.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel ritenere, peraltro con moti-

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legge edfuelli fondati su vizi di motivazione, senza che le due diverse censure siano sorrette da quesiti separati, o quando siano
denunciate, con un unico motivo (e quindi con un unico quesito), sia
la mancanza, sia l’insufficienza, sia la contraddittorietà della motivazione (Cass. 5471/2008; 1906/2008).
3.3.1.2. Nel caso concreto, per contro, la congiunta proposizione di

compagnata dalla formulazione di due separati quesiti: il primo,
concernente la violazione degli artt. 54 del d.P.R.. n. 633 dei 1972 e
2697e 2729 c.c., costituente il cd. quesito di diritto; il secondo, relativo al cd. momento di sintesi o riepilogo, in quanto espressamente
riferito dalla ricorrente alla mancanza di una “verificabile motivazione”. Sicchè la formulazione dei quesiti in parola deve ritenersi, nella
specie, conforme alla duplice previsione di cui all’art. 366 bis c.p.c.,
con la conseguenza che la congiunta proposizione dei vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione deve reputarsi ammissibile
e

correttamente formulata (cfr. Cass.S.U. 7770/2009; Cass.

12248/2013).
3.3.2. Nei merito, la censura è fondata.
3.3.2.1. La società ricorrente aveva, invero, dedotto fin dal primo
grado del giudizio – e ribadito nelle controdeduzioni in appello, trascritte nel ricorso per cassazione (pp. 10-12) – che: 1) la contabilità
aziendale era regolare e non contestata dai verbalizzanti; 2) la determinazione della percentuale di ricarico nella misura dell’86,335
era stata determinata comparando i prezzi di acquisto e quelli di
vendita, senza tenere conto che il costo del venduto non poteva essere determinato in maniera unitaria, trattandosi di “beni di qualità
e pregio assai diverso tra loro”; 3) la ricostruzione delle merci in
magazzino all’1.4.2000 (data della verifica) era stata operata, non
sulla scorta di un inventario generale delle merci in magazzino, bensì, utilizzando le stampe effettuate dai computer aziendali, in relazione alla metà delle giacenze di magazzino alla data suindicata (v.
anche il quesito di diritto); 4) la medesima percentuale di ricarico,

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doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5) dell’art. 360 c.p.c. è stata ac-

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determinata con riferimento all’anno 2000, era stata estesa a ben
quattro anni di imposta, compreso quello in contestazione (1997).
3.3.2.2. Orbene, va osservato – al riguardo – che sia in tema di accertamento delle imposte sui redditi che di accertamento ai fini IVA,
se è vero che la presenza di scritture contabili formalmente corrette
non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo del
reddito d’impresa e del volume di affari, ai sensi dell’art. 39, co. 1,
lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 del d.P.R. n. 633
del 1972, è – nondimeno – pur sempre necessario che la contabilità
stessa possa considerarsi complessivamente e sostanzialmente inattendibile, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza,
anche sotto il profilo dell’antieconomicità del comportamento del
contribuente. In tali casi, pertanto, è consentito all’Ufficio dubitare
della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di
presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori
ricavi o minori costi, ad esempio determinando il reddito del contribuente utilizzando le percentuali di ricarico, con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente medesimo
(Cass. nn. 6849/2009; 7871/2012; 27488/2013; 23550/2014).
3.3.2.3. E tuttavia, proprio in quanto, per presumere l’esistenza di
ricavi superiori a quelli contabilizzati ed assoggettati ad imposta,
non bastano semplici indizi, ma occorrono circostanze gravi, precise
e concordanti, non è legittima la presunzione di ricavi, maggiori di
quelli denunciati, fondata sul raffronto tra prezzi di acquisto e di rivendita operato su alcuni articoli, anziché su un inventario generale
delle merci da porre a base dell’accertamento. E neppure si rende
legittimo il ricorso ai sistema della media semplice, anziché a quello
della media ponderata, quando tra i vari tipi di merce esiste una
notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una
percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal ricarico medio
(Cass. nn. 6849/2009; 13319/2011). In tema di rettifica della dichiarazione IVA, la determinazione in via presuntiva della percentuale di ricarico effettiva sul prezzo della merce venduta, in sede di

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-..

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….mm•

accertamento induttivo, deve, invero, avvenire adottando un criterio
che sia: 1) coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi
in esame; 2) applicato ad un campione di beni scelti in modo appropriato; 3) fondato su una media aritmetica o ponderale, scelta in
base alla composizione del campione di beni (3197/2013).
3.3.2.4. Per converso, nel caso di specie, la CTR non ha indicato in

ta, da parte dell’Ufficio, in ordine all’attendibilità generale della contabilità, ed in presenza di specifiche deduzioni della contribuente in
ordine alla maggiore ampiezza del magazzino, rispetto ai dati acquisiti mediante stampa dai computer aziendali, nonché alla varietà e
diversità delle merci commercializzate, abbia ritenuto di considerare
attendibile la stima del costo dei venduto operata dalli Amministrazione mediante il criterio della media semplice, ossia raffrontando i
costi di acquisto e quelli di vendita anziché quello della media ponderata, che tiene conto della diversa collocabilità dei prodotti sul
mercato.
3.3.2.5. Va osservato, inoltre, quanto all’estensione della percentuale di ricarico, determinata con riferimento all’anno 2000, al diverso e più risalente anno 1997, oggetto della verifica, che i principi
di inerenza dei dati raccolti ad un determinato e specifico periodo di
imposta e di effettività della capacità contributiva escludono la legittimità della “supposizione della costanza del reddito” in anni diversi
da quello in cui è stata accertata la produzione, in special modo
quando non si tratti di anni immediatamente successivi (Cass.
5049/2011).
3.3.2.6. Deve, infine, rilevarsi che – in relazione alla rideterminazione della percentuale di ricarico in questione nella minor misura del
75% – la motivazione dell’impugnata sentenza si palesa dei tutto
anapodittica e contraddittoria, essendo pervenuto a tale quantificazione disattendendo senza ragioni esplicite quella diversa operata
dall’Amministrazione, sulla base di, non meglio precisati, criteri
equitativi, e pur dando atto dell’impossibilità di operare un’esatta

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alcun modo le ragioni per le quali, pure in mancanza di rilievi di sor-

,

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determinazione di detta percentuale, “trattandosi di elaborazioni
mai precise che possono determinare, in modo non volontario, errori, discordanze o imprecisioni”.
3.4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il motivo di ricorso in
esame deve essere accolto.
4. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta la cessa-

della Sicilia, che procederà a nuovo esame della controversia, motivando adeguatamente in ordine a tutte le questioni suesposte. Il
giudice di rinvio si atterrà, inoltre, ai seguenti principi di diritto: “sia
in tema di accertamento delle imposte sui redditi che di accertamento ai fini IVA, la presenza di scritture contabili formalmente corrette non esclude la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo
del reddito d’impresa e del volume di affari, sempre che la contabilità stessa possa considerarsi complessivamente e sostanzialmente
inattendibile, in quanto confliggente con i criteri della ragionevolezza, anche sotto il profilo dell’ antieconomicità del comportamento
del contribuente, essendo in tali casi consentito all’Ufficio desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, maggiori ricavi o minori costi, determinando il reddito del
contribuente mediante le percentuali di ricarico, con conseguente
spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente medesimo”; “il ricorso al sistema della media semplice, anziché a quello
della media ponderata, non è legittimo, quando tra i vari tipi di merce esiste una notevole differenza di valore ed i tipi più venduti presentano una percentuale di ricarico inferiore a quella risultante dal
ricarico medio”.
5. Il medesimo giudicante provvederà, infine, alla liquidazione delle
spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cessazione;
accoglie il secondo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il primo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con

zione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR

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rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della
Sicilia, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributa-

ria, il 31.3.2015.

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