Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9968 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9968 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA
sul ricorso 29649-2010 proposto da:
PESCE GIUSEPPE,

PESCE GELINDO PSCGND3OCO3F269H,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LIVIO
ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato LOIACONO
ROMAGNOLI MARIA TERESA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato MANENTE NATALINO giusto
mandato a margine;
rícorrenti contro

PAVAN

SERGIO

PVNSRG34H30B879A,

domiciliato ex lego in ROMA,

presso

1

elettivamente
la CANCELLERIA

Data pubblicazione: 08/05/2014

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato VERINO MARIO ETTORE, unitamente
all’avvocato MASO PAOLA giusto mandato a margine;
– controrícorrente nonchè contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 1914/2009 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 02/11/2009 R.G.N.
3063/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2014 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito l’Avvocato MARIA TERESA LOIACONO ROMAGNOLI;
udito l’Avvocato MARIO ETTORE VERINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

NICOLETTI DENIS

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura privata del 22.7.97, Denis
Nicoletti prometteva in vendita a Sergio Pavan un
fondo rustico che era affittato ai coltivatori
diretti Gelindo e Giuseppe Pesce, ai quali veniva

del diritto di prelazione.
Ritenendo che il prezzo indicato nella
scrittura fosse superiore a quello effettivamente
pattuito, i Pesce adivano il Tribunale di Treviso
per sentir accertare la simulazione del prezzo e
dichiarare “improduttivo di effetti l’invito, ad
essi rivolto, di subentrare al promissario
acquirente”; al contempo, manifestavano “la
volontà di esercitare tale prelazione” al prezzo
corrispondente a quello che presumevano
effettivamente pattuito e chiedevano che il
Tribunale adito dichiarasse il trasferimento della
proprietà del fondo “subordinatamentre al
pagamento del prezzo da effettuarsi in disponendo
termine”.
Il Tribunale di Treviso rigettava la domanda
ritenendo che, avendo manifestato la volontà di
subentrare nel preliminare, i Pesce avrebbero
dovuto versare il prezzo “senza poter pretendere
di far decorrere il termine dalla data da
indicarsi in sentenza previo accertamento del
prezzo realmente pattuito”; che pertanto,
essendosi

verificata

la

decadenza

dalla

trasmesso il preliminare per l’eventuale esercizio

prelazione, difettava un interese dei ricorrenti a
“vedere accertata la simulazione del prezzo di
cessione”.
Pronunciando sul gravame proposto dai Pesce, la
Corte di Appello di Venezia confermava
integralmente la sentenza impugnata, condannando

processuali.
Avverso tale pronuncia (n. 1914/2009) ricorrono
per cassazione i Pesce, affidandosi a due motivi
illustrati da memoria; resiste il Pavan con
controricorso anch’esso illustrato da memoria,
mentre la Nicoletti non svolge attività difensiva.

moTrvi

DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo -dedotto in relazione ai
nn. 3) e 5) dell’art. 360, 1 ° co. C.P.C.- i Pesce
lamentano che il giudice d’appello ha erroneamente
e

contraddittoriamente interpretato la domanda,

finendo col pronunciare su richieste non formulate
e incorrendo pertanto anche in error in procedendo
per violazione dell’art. 112 C.P.C..
2.

Premesso che l’interpretazione della

domanda è compito riservato in via esclusiva al
giudice di merito e resta sottratta -se
congruamente motivata- al sindacato di
legittimità, deve darsi atto -tuttavia- che la
giurisprudenza di questa Corte ha ammesso un
“potere-dovere di sindacato pieno” ove dall’errata
4

gli appellanti al pagamento delle spese

interpretazione “la parte faccia discendere la
violazione del principio di necessaria
corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato”
(Cass. n. 13426/2004).
3.

Scrutinato, dunque, il motivo sotto il

profilo della dedotta violazione dell’art. 112

possibili carenze di autosufficienza in relazione
alla incompleta trascrizione della domanda di cui
trattasi) che il diretto esame degli atti consenta
di escludere la ricorrenza del vizio, dal momento
che la domanda formulata dai Pesce non può avere
un significato diverso da quello individuato dalla
Corte territoriale.
E’, infatti, di tutta evidenza che, dichiarando
“attuale” il “diritto all’esercizio della
prelazione” e richiedendo il trasferimento del
bene in loro favore, i Pesce altro non hanno fatto
che avvalersi del diritto di subentrare negli
effetti del preliminare, giacché il preteso
“diritto all’esercizio della prelazione” acquisiva
“attualità” proprio dalla trasmissione del
preliminare e non avrebbe potuto essere esercitato
-in pendenza del termine assegnato con la
denuntiatio- che nelle forme del subentro nel
preliminare medesimo.
4. Col secondo motivo (che deduce “violazione
dell’art. 99 e 100 C.P.C. e 1414 e 1418 cod. civ.
nonché 8 l. n. 590/1965”), i Pesce censurano la
sentenza per avere affermato “che -perché possa
5

C.P.C., ritiene il Collegio (prescindendo da

radicarsi un’azione di simulazione con riferimento
alla vendita di un fondo agrario concesso in
affitto a coltivatore diretto- occorre che
contemporaneamente sia instaurata azione di
riscatto del bene”.
5.1. Muovendo dalla premessa -pacifica- che i

di Venezia ha affermato che “l’azione di
simulazione postula un interesse correlato
all’esercizio di un proprio diritto, che, con
riferimento alla vendita di un fondo agrario
concesso in affitto a coltivatore diretto, va
individuato nel diritto di prelazione o nel
succedaneo diritto di riscatto”; ha concluso che
“la tutela concessa dal legislatore
all’affittuario del fondo rustico, al quale il
comportamento del concedente abbia impedito di
concretamente avvalersi del diritto di prelazione,
consiste fondamentalmente nell’esercizio del
diritto di riscatto, mentre le altre azioni (di
nullità, dichiarazione di inefficacia,
simulazione) sono dal coltivatore esperibili in
quanto funzionalmente collegate ad un
contemporaneo esercizio dell’azione di riscatto”.
4. Invero, la giurisprudenza di questa Corte
prevede due possibilità alternative per l’avente
diritto alla prelazione che riceva la denuntiatio
e reputi che il prezzo indicato nel preliminare
sia simulato:
6

Pesce non avevano versato alcun prezzo, la Corte

-non esercita la prelazione, ma agisce per il
riscatto (Cass. n. 12961/2005), atteso che la
simulazione del prezzo (sia nel preliminare che
nel definitivo) impedisce all’avente diritto di
procedere all’acquisto “a parità di condizioni”,
al pari di quanto avviene nelle ipotesi

(di mancata trasmissione del preliminare o di
indicazione -nel preliminare- di un prezzo
superiore a quello indicato nel definitivo);
-esercita la prelazione, versando nei termini
il prezzo che ritiene simulato, ma agisce -poiper sentir accertare la simulazione e chiedere, a
titolo di risarcimento, il rimborso della somma
eccedente il prezzo effettivo (Cass. n.
14046/2013);
-in nessun caso è consentito dedurre la
simulazione e, senza aver versato alcunché,
“pretendere di far decorrere il termine” per il
pagamento “dalla data della sentenza che accerti
la simulazione” (Cass. n. 8669/91).
5. Alla luce di tali principi, deve ritenersi
che l’avente diritto alla prelazione agraria che
ritenga simulato il prezzo indicato nella
denuntiatio possa -alternativamente- esercitare
senz’altro la prelazione (manifestandone la
volontà e versando il prezzo indicato con la
denuntiatio nei termini previsti), salvo agire per
far accertare il prezzo effettivo e conseguire il
rimborso della maggior somma versata, oppure non
7

espressamente previste dall’art. 8 l. n. 590/65

esercitare la prelazione e agire -ad avvenuto
trasferimento del bene- per il riscatto dello
stesso, previo accertamento del prezzo effettivo.
5.1. Tale alternativa appare idonea a tutelare
adeguatamente l’interesse del prelazionante a
vedersi riconosciuta la preferenza “a parità di

equo bilanciamento con l’interesse dell’alienante
(e del terzo acquirente) a non veder limitata
oltre il necessario la circolazione dei beni (come
avverrebbe, inevitabilmente, laddove si
consentisse l’esercizio della prelazione non
accompagnato dal versamento del prezzo).
6. Corretta nel senso di cui sopra -ai sensi
dell’art. 384. 4 0 co. C.P.C.- la decisione
impugnata, deve rigettarsi anche il secondo motivo
di ricorso.
7. Le spese di lite sdeguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la
parte ricorrente a rifondere al Pavan le spese di
lite, liquidate in euro 9.200,00 (di cui euro
200,00 per esborsi), oltre accesori di legge.
Roma, 13.2.2014

condizioni”, realizzando – al tempo stesso – un

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