Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9967 del 08/05/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 9967 Anno 2014
Presidente: CARLEO GIOVANNI
Relatore: CARLUCCIO GIUSEPPA

SENTENZA

sul ricorso 29497-2010 proposto da:
BARRESI

NATALE

BRRNTL54A02B6141,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE SANTO 10/A, presso lo
studio dell’avvocato FOSCHIANI ALESSANDRO,
rappresentato e difeso dall’avvocato MALARA DOMENICO
hiusta procura in calce;
– ricorrenti –

2014
389

contro

COMUNE DI VILLA SAN GIOVANNI, in persona del suo
legale rappresentante Sindaco pro-tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

1

Data pubblicazione: 08/05/2014

INGHIRAMI 4, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
FEDERICO, rappresentato e difeso dall’avvocato ROMANO
CESARE CARLO giusta procura a margine;

controricorrente

avverso la sentenza n. 252/2010 della CORTE D’APPELLO

351/2001;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA
CARLUCCIO;
udito l’Avvocato ALESSANDRO FOSCHIANI per delega;
udito l’Avvocato PAOLO FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

di REGGIO CALABRIA, depositata il 14/07/2010 R.G.N.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.Natale Barresi (con atto notificato nel gennaio 1995) convenne in
giudizio il Comune di Villa San Giovanni, chiedendo il risarcimento del
danno per non aver potuto svolgere l’attività artigianale di elettrauto
nella officina di proprietà, costruita nel 1989 con regolare concessione
edilizia, sita su una strada comunale nella quale il traffico era interdetto
da una ordinanza sindacale del 1984, che il Comune non aveva

l’apertura al traffico. Ai fini del danno patito, dedusse: di essere stato
costretto ad affittare altro locale in un paese vicino per svolgere l’attività
di elettrauto; di aver contratto un mutuo per la costruzione dell’immobile;
di aver stipulato il contratto di fornitura elettrica; di aver provveduto al
pagamento delle imposte relative all’immobile.
Specificò (all’udienza per la precisazione della domanda) che
nell’ordinanza sindacale, emanata dopo che, durante i lavori eseguiti dalla
ditta incaricata dal Comune (Cassone) era crollato un muro di
contenimento, il Comune aveva ordinato il ripristino della strada alla
stessa ditta, con avvertenza che sarebbero stati eseguiti in danno della
stessa e che, invece, i lavori necessari al ripristino non erano stati mai
eseguiti e la strada era rimasta chiusa al traffico.
Il Comune eccepì il difetto di legittimazione passiva, per non essere certa
l’appartenenza della strada ai patrimonio dei Comune o della Provincia, e
che lo stato di intransitabilità era attribuibile alla ditta Cassone.
Il Tribunale ritenne che la strada non appartenesse al Comune e,
«comunque», rigettò la domanda nel merito perché l’attore non era in
possesso del certificato di conformità e della certificazione di agibilità del
fabbricato.
La Corte di appello di Reggio Calabria accolse l’impugnazione quanto alla
mancanza del difetto di legittimazione passiva, ritenendo la legittimazione
del Comune. Accolse anche il motivo di appello relativo all’esistenza della
documentazione del nulla-osta igienico sanitario e di agibilità del locale.
Nel merito rigettò la domanda (sentenza del 14 luglio 2010).
2. Avverso la suddetta sentenza Barresi ricorre per cassazione con due
motivi.
Resiste con controricorso il Comune.
3

provveduto a rendere agibile negli anni successivi mediante il ripristino e

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Secondo la Corte di merito, atteso che il risarcimento del danno ex art.
2043 cod. civ. presuppone un comportamento illecito del Comune, lo
stesso non può individuarsi nel mancato ripristino della viabilità della
strada poiché è pacifico che il Barresi conosceva lo stato dei luoghi già
prima di iniziare a costruire l’immobile; tanto è vero, aggiunge la Corte,
che solo in appello l’attore ha giustificato la domanda con l’aspettativa

riferimento ai lavori di ripristino.
Comunque, sostiene la Corte, anche a voler considerare il mancato
ripristino, l’attività del Comune non è illecita. L’ordinanza di chiusura al
traffico è fondata sulla tutela della pubblica incolumità ed è lecita.
Rispetto a tale attività il Barresi non vanta né un diritto soggettivo, né un
interesse legittimo, ma, semmai, un interesse di mero fatto.
2. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt.
112 cod. proc. civ., 2043 e 2697 cod. civ., unitamente a insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto controverso. Con il

secondo si

deduce omessa pronuncia e violazione di legge, in riferimento all’art. 112
cod. proc. civ. e agli artt. 2051 e 2055 cod. civ., unitamente a
insufficiente e contraddittoria motivazione.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte avrebbe errato nel non
considerare che: sin dall’atto introduttivo l’attore aveva lamentato
l’impossibilità di esercitare l’attività di elettrauto in collegamento con la
violazione dell’obbligo dell’amministrazione di eliminare ogni situazione
impediente l’ordinario uso della strada effettuando i lavori di ripristino cui
si era impegnata nella stessa delibera del 1984, invocando all’udienza di
precisazione delle domande la violazione degli artt. 2043 e 2051 cod. civ.
e non la lesione di una aspettativa; che il Comune aveva rilasciato la
concessione edilizia, nel 1988 e la certificazione di inizio attività, nel 1989
(come risultante anche dalla CTU e dai relativi allegati) (primo motivo).
Inoltre, avrebbe errato nel non pronunciarsi in riferimento all’art. 2051
cod. civ., pure invocato, nonostante la qualità di proprietario frontista in
possesso di concessione edilizia del danneggiato e l’illegittimità della
mancata esecuzione dei lavori di ripristino.

4

ingenerata dalla circostanza che nella stessa ordinanza si faceva

Per la stretta connessione, le censure vanno trattate congiuntamente e
sono prive di pregio, con conseguente rigetto del ricorso.
3. Non si controverte più della legittimazione passiva del Comune, non
risultando impugnata la relativa statuizione della Corte di appello, con
conseguente giudicato sul punto. Né è controversa la giurisdizione del
giudice ordinario.
4. La Corte di merito, e prima il Tribunale, hanno qualificato e esaminato

2051 cod. civ., in riferimento all’art. 2043 cod. civ.
Il ricorrente denuncia la mancata applicazione dell’art. 2051 cod. civ.,
lamentando omessa pronuncia (secondo motivo). Dalla condotta omissiva
del Comune, che non avrebbe eseguito o fatto eseguire i lavori di
ripristino, i quali avrebbero consentito l’apertura al traffico della strada, in
collegamento con l’obbligo di custodia e del connesso obbligo di
manutenzione, deriverebbe, secondo il ricorrente, la presunzione di
responsabilità del Comune, nei confronti del danneggiato, proprietario
frontista, in possesso di concessione edilizia.
4.1. L’invocazione dell’applicabilità dell’art. 2051 cod. civ. non è
pertinente.
Se solo si considera che la presunzione di responsabilità del custode, di
cui alla norma in argomento, si fonda sul potere del soggetto sulla cosa,
nel senso del potere di vigilarla e mantenerne il controllo in modo da
impedire che il dinamismo connaturato alla stessa o lo sviluppo di un
agente esterno produca un danno a terzi, con assunzione dei rischio di
chi ha tale potere di fatto sulla cosa, emerge chiaramente che l’art. 2051
cit. non viene in questione se, come nella specie, i danni lamentati si
assumano derivanti dal mancato uso della cosa; se i danni derivino,
secondo il sostanziale assunto del ricorrente, proprio dall’impossibilità
dell’uso della cosa, il cui uso è stato impedito con ordinanza sindacale
che, in ragione dello stato di dissesto della strada, ha impedito la
circolazione per evitare danni agli utenti. In definitiva, può invocarsi
l’obbligo di manutenzione del custode e il suo mancato esercizio in
relazione a danni derivanti direttamente dalla cosa e dal suo uso, non
certamente per quelli assunti come derivanti dal mancato uso, impedito
per evitare la produzione di danni.

la domanda attorea, che pure aveva richiamato la violazione dell’art.

5. Né la responsabilità del Comune può trovare fondamento nel generale
art. 2043 cod. civ.
La questione all’attenzione della Corte, al quale il Collegio reputa doversi
dare risposta negativa, è

<< se in capo al proprietario di un immobile frontista della strada comunale, costruito sulla base di concessione edilizia rilasciata (nel 1989) dal Comune per essere adibito ad officina di elettrauto, possa ravvisarsi il diritto al per lo svolgimento dell'attività artigianale, ritenendolo ingiusto per avere l'amministrazione omesso di effettuare le opere di ripristino della strada, necessarie in ragione del dissesto determinatosi durante ai lavori affidati ad una impresa, così lasciandola interdetta al traffico sin dall'ordinanza, emanata in epoca precedente (1984) la concessione edilizia>>.
5.1. La norma primaria sulla responsabilità aquiliana definisce l’area della
risarcibilità con una clausola generale espressa dalla formula “danno
ingiusto”, in forza della quale è risarcibile il danno che ha le
caratteristiche dell’ingiustizia, cioè il danno arrecato

non iure, che è

ravvisabile nel danno inferto in difetto di una causa di giustificazione,
quindi derivante da un comportamento non giustificato da altra norma,
che si risolva nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento.
Per escludere la risarcibilità del danno lamentato dal ricorrente è
sufficiente soffermarsi sulla mancanza del carattere di ingiustizia del
danno.
Invero, il danno lamentato deriverebbe dalla ordinanza di chiusura al
traffico della strada, la quale è tutt’altro che priva di una causa
giustificativa; essa trova fondamento, infatti, nell’obbligo di evitare che la
strada, della quale il Comune è custode, sia causa di danni a terzi in
ragione dello stato di dissesto. Né, in questa sede è in discussione la
legittimità dell’ordinanza per profili suoi propri.
Né può individuarsi l’ingiustizia nella scelta dell’amministrazione
comunale di non riparare la strada (o di non farla riparare in danno
dell’impresa che aveva eseguito i lavori dai quali, secondo la
prospettazione attorea, sarebbe derivato il dissesto), cui è conseguita la
necessità dell’ordinanza di chiusura per evitare danni a terzi e, quindi, a
6

risarcimento di un danno, non avendo potuto utilizzare l’immobile

tutela della pubblica incolumità. Non si può dubitare, infatti, che a
legittimare la scelta di non eseguire i lavori di manutenzione vi è la
discrezionalità nella scelta delle priorità di intervento, propria dell’azione
amministrativa, con il limite esterno del neminem laedere, qui non in
rilievo per le ragioni suddette, stante la presenza dell’ordinanza di
chiusura al traffico della strada.
5.2. L’esclusione del “danno ingiusto” comporta la perdita di rilievo

giuridicamente protetto in capo al preteso danneggiato e in ordine alla
possibilità che tale interesse possa essere qualificato, in particolare,
dall’essere il soggetto titolare di una concessione edilizia rilasciata
quando la strada era già chiusa.
D’altra parte, nel caso di specie, ammettere la violazione del dovere di
correttezza e buona fede da parte di un’amministrazione la quale, pur
sapendo che non avrebbe provveduto alla riapertura della strada previa
esecuzione dei lavori necessari, abbia rilasciato una concessione edilizia
per lo svolgimento di un’attività produttiva su quella strada,
significherebbe riconoscere un obbligo di coerenza nelle scelte
discrezionali dell’amministrazione, che non è dato desumere
dall’ordinamento vigente.
6. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese, liquidate sulla base
dei parametri vigenti di cui al d.m. n. 140 del 2012, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente ai pagamento, in favore dei
Comune controricorrente delle spese processuali del giudizio di
cassazione, che liquida in Euro 2.500,00, di cui Euro 200,00 per spese,
oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2014

Il consigliere estensore

dell’ulteriore profilo, in ordine alla esistenza o meno di un interesse

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA