Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9965 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9965 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 22012-2009 proposto da:
RUSSO ANGELO RAFFAELE, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA GIOVANNI BETTOLO 9, presso lo studio
dell’avvocato ANDREA RANIERI, rappresentato e difeso
dall’avvocato FERNANDO NINO TRIGGIANI giusta delega a
margine;

2015

ricorrente

contro

1290

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI SAN SEVERO,
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE;

avverso

la

sentenza

n.

intimati

185/2008

della

Data pubblicazione: 15/05/2015

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di FOGGIA, depositata il
13/11/2008;

udita 1a relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 31/03/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato TRIGGIANI che si

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza
presso la società cooperativa Nuova Frontiera a r.I., nel corso della
quale si rinvenivano alcuni prospetti extracontabili, venivano notificati a Russo Angelo Raffaele, esercente l’attività di gestore di una
macelleria al dettaglio, tre avvisi di rettifica parziale, ai sensi

tamento, ai sensi dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973. Con tali
atti, l’Ufficio recuperava a tassazione, per gli anni di imposta dal
1996 al 1998, le maggiori IRPEF ed IVA dovute, in conseguenza
dell’omessa fatturazione di acquisti, effettuati dal contribuente
presso la cooperativa suindicata senza emissione della relativa fattura, nonché a causa dell’omessa registrazione di corrispettivi e della presentazione di una dichiarazione IVA infedele.
2. Gli atti impositivi venivano impugnati dal Russo – con separati
ricorsi – dinanzi alla CTP di Foggia, che li accoglieva.
3. L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva, peraltro,
accolto – previa riunione dei procedimenti – dalla CTR della Puglia,
con sentenza n. 185/25/2008, depositata il 13.11.2008, con la quale il giudice di seconde cure riteneva, in via pregiudiziale, irrilevante
l’avvenuta assoluzione del Russo in sede penale e fondata e comprovata, nel merito, la pretesa fiscale azionata dall’ Amministrazione
finanziaria.
4. Per la cassazione della sentenza n. 185/25/2008 ha proposto,
quindi, ricorso Russo Angelo Raffaele nei confronti del Ministero
dell’Economia e delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, affidato a
due motivi. L’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che, a seguito del trasferimento alle agenzie fiscali, da parte dell’art. 57, co. 1, del d.lgs. n,
300/1999, di tutti i “rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze”
facenti capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, a partire

dell’art. 54, co. 5 del d.P.R. n. 633 del 1972, ed un avviso di accer-

da111.1.2001 (giorno di inizio di operatività delle Agenzie fiscali in
forza dell’art. 1 del d.m. 28.12.2000), unico soggetto passivamente
legittimato nel processo è l’Agenzia delle Entrate e la controversia
non può instaurarsi nei confronti del Ministero. Ne consegue che il
ricorso per cessazione notificato – come nel caso di specie – a quest’ultimo, sia che abbia partecipato al giudizio di merito venendone

inammissibile per radicale inesistenza dell’atto impugnatorio (cfr.
Cass. 1123/2009; 22992/2010; 26321/2010).
2. Premesso quanto precede, va rilevato che, con il primo motivo di
ricorso, Russo Angelo Raffaele denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 654 c.p.p. e 20 del d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., nonché l’omessa motivazione su
un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, co, 1,
n. 5 c.p.c.
2.1. Si duole il ricorrente del fatto che il giudice di appello non abbia
considerato vincolante nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 654
c.p.p., la sentenza n. 24/2000, con la quale il Tribunale di Lucera
aveva assolto il Russo per gli stessi fatti oggetto del processo tributario, sebbene tale sentenza avesse “valutato lo stesso patrimonio
probatorio e documentale”, posto a fondamento degli atti impositivi
impugnati dal contribuente.
2.2. Il motivo è infondato.
2.2.1. La giurisprudenza di questa Corte è, invero, assolutamente
concorde nel ritenere che nel contenzioso tributario – nel quale non
opera automaticamente l’efficacia vincolante del giudicato penale ai
sensi dell’art. 654 c.p.p., vigendo invece le limitazioni probatorie
sancite dall’art. 7, co. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 e potendo ivi
valere anche le presunzioni, inidonee a supportare una pronuncia
penale di condanna – la sentenza penale costituisce semplice indizio
od elemento di prova critica in ordine ai fatti in essa eventualmente
accertati sulla base delle prove raccolte nel relativo giudizio, e non
rappresenta un accertamento preliminare necessario. Pertanto, non

2

estromesso, sia (ed a fortiori), quando non vi abbia partecipato, è

I.

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,

può neppure disporsi, ai sensi dell’art. 295 c.p.c. ed ancorché coincidano i fatti esaminati in sede penale e quelli che fondano l’accertamento, la sospensione del processo tributario in attesa della definitività della predetta sentenza, come, peraltro, è espressamente
sancito dall’art. 20 del d.lgs. n. 74 dei 2000 (cfr. Cass. 4924/2013).
2.2.2. In materia di contenzioso tributario, dunque, nessuna auto-

tenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in
materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l’accertamento degli Uffici finanziari, vigendo, in detto processo, i suddetti limiti in materia di prova e trovando in esso ingresso, per contro, anche le presunzioni semplici,
viceversa inidonee ad essere poste a fondamento di una pronuncia
penale di condanna. Ne consegue che l’imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o
perché il fatto non sussiste, ben può essere ritenuto responsabile
fiscalmente qualora l’atto impositivo risulti fondato su validi indizi,
insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati,
fino a prova contraria, nel giudizio tributario (cfr. Cass.
19786/2011; 8129/2012; 4924/2013).
2.2.3. Orbene, nel caso di specie, il Russo – stando alle deduzioni
del ricorrente – sarebbe stato assolto in sede penale con sentenza
del Tribunale di Lucera n. 24/2000, della quale non è stato neppure
dedotto dal ricorrente l’avvenuto passaggio in cosa giudicata.
2.3. Ne discende, pertanto, in forza delle considerazioni suesposte,
che la censura in esame non può trovare accoglimento.
3. Con il secondo motivo di ricorso, Russo Angelo Raffaele denuncia
la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 del d.P.R. n. 633 del
1972, 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, 2727 e 2729 c.c., in relazione
V ‘
all’art. 360 co. 1, n. 3 c.p.c., nonché l’omessa u u
nto decisivo
della controversia, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.
3.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel ritenere – peraltro con motivazione del tutto incongrua – che integrassero presunzioni gravi,

matica autorità di cosa giudicata può attribuirsi finanche alla sen-

-

precise e concordanti, ai sensi delle disposizioni succitate, le risultanze delle annotazioni extracontabili rinvenute dalla Guardia di Finanza presso la società cooperativa Nuova Frontiera a r.I., laddove
da tali annotazioni avrebbero potuto, al più, desumersi – a parere
del ricorrente – meri elementi indiziari, inidonei a supportare gli atti
impositivi per cui è causa in difetto di ulteriori elementi di riscontro,

sata in atti dal contribuente.
3.2. Il motivo è inammissibile.
3.2.1. Ed infatti, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile
la congiunta proposizione di doglianze ai sensi dei numeri 3) e 5)
dell’art. 360 c.p.c., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in forza della duplice previsione di cui all’art. 366 bis c.p.c. (applicabile “ratione temporis” alla
fattispecie, sebbene abrogato dall’art. 47 della legge n. 69 del 2009)
(cfr. Cass.S.U. 7770/2009; Cass. 12248/2013).
3.2.2. Nel caso concreto, il ricorrente ha, per contro, articolato
esclusivamente il quesito di diritto, e non anche l’omologo – per il
vizio di motivazione – momento di sintesi, pur avendo articolato,
con la medesima censura, sia il vizio di violazione di legge, che quello di omessa motivazione.
3.2.3. Ad ogni buon conto, va rilevato – per mera completezza
espositiva – che del tutto generico ed inidoneo, poiché totalmente
privo di riferimenti alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza, si
palesa, altresì, il quesito di diritto articolato dal ricorrente.
3.3. La censura in esame va, di conseguenza, disattesa.
4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso del contribuente
non può che essere integralmente rigettato.
5. Nulla per le spese del presente giudizio, attesa la mancata costituzione dell’Amministrazione finanziaria intimata.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;

ed essendo dette risultanze in contrasto con la documentazione ver-


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dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero
dell’Economia e delle Finanze; rigetta il ricorso proposto contro
l’Agenzia delle Entrate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributa-

i! 31.3.2015.

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