Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9961 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9961 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 5623-2010 proposto da:
LUNELLI SANDRA, ARMAMI FRANCO,

ARMANI TULLIO, FANTONI

ALMINA, PERBELLINI NADIA, SOCIETA’ AGRICOLA LE
CAPANNELLE DI ARMANI

TULLIO &

C. SAS, elettivamente

domiciliati in ROMA LARGO TRIONFALE 7, presso lo
studio dell’avvocato MARIO SCIALLA, rappresentati e
2015
760

difesi dall’avvocato ALESSANDRO BERTOLINI giusta
delega a margine;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 15/05/2015

” PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

contronicorrente

avverso la sentenza n. 63/2009 della COMM.TRIB.REG. di
FIRENZE, depositata il 05/06/2009;

udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato LEO delega Avvocato
BERTOLINI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

5623-10

Svolgimento del processo
La Capannelle s.a.s. e i soci proposero opposizione
contro un avviso di liquidazione delle imposte di
registro, ipotecaria e catastale mediante il quale era

Registro liquidazione cessione di
azienda decadenza
triennale proroga ex I.
n. 289 del
2002.
condizioni

stata qualificata come cessione di azienda un’operazione

susseguente cessione delle quote sociali a breve distanza
di tempo.
L’adita

commissione

tributaria

provinciale

di

Grosseto accolse l’opposizione con riguardo a un’eccezione
preliminare di decadenza, essendo stata la pretesa
tributaria avanzata oltre il termine triennale di cui
all’art. 76 del d.p.r. n. 131 del 1986.
La commissione tributaria regionale della Toscana,
adita con appello dell’ufficio, ribaltava la decisione,
ritenendo meritevoli di condivisioni i motivi al riguardo
addotti quanto alla soggezione della fattispecie alla
proroga dei termini stabilita dalla 1. n. 289 del 2002 e
quanto alla prova dell’intento elusivo dell’imposta
proporzionale di registro.
Per la cessazione della sentenza ricorrono le parti
contribuenti, deducendo tre motivi.
L’amministrazione

resiste

con

controricorso

e

successiva memoria.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo, denunciando violazione di
legge con riferimento all’art. 11 della I. n. 289 del 2002

strutturata nella costituzione della s.a.s. e nella

v

e all’art. 3, 3 ° co., della l. n. 212 del 2000, i
ricorrenti lamentano che, ai fini della proroga dei
termini per l’attività di rettifica e di liquidazione
d’imposta, la fattispecie in esame sia stata ritenuta
dalla commissione tributaria annoverabile tra quelle
suscettibili di condono alla stregua di revoca di
agevolazione tributaria. Sostengono che, invece, tenuto

f,

conto del principio desumibile dall’art. 3, 3 ° co., dello
statuto del contribuente, non poteva essere fornita
un’interpretazione volta a estendere la proroga a ipotesi
diverse da quelle previste dalla norma.
IL – Il motivo è infondato.
Punto centrale è l’art. 11 della 1. n. 289 del 2002.
Questa norma prevede, al 1 0 co., che “ai fini delle
imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle
successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli
immobili, per gli atti pubblici formati, le scritture
private autenticate e le scritture private registrate
entro la data del 30 novembre 2002 nonché per le denunce e
le dichiarazioni presentate entro la medesima data, i
valori dichiarati per i beni ovvero gli incrementi di
valore assoggettabili a procedimento di valutazione sono
definiti, ad istanza dei contribuenti da presentare entro
il 16 aprile 2003, con l’aumento del 25 per cento, a
condizione che non sia stato notificato avviso di
rettifica e liquidazione della maggiore imposta alla data

,i

di entrata in vigore della presente legge. Per gli stessi
tributi, qualora l’istanza non sia stata presentata, o ai

2

sensi del coma 3 sia priva di effetti, in deroga
all’articolo 3, coma 3, della legge 27 luglio 2000, n.
212, i termini per la rettifica e la liquidazione della
maggiore imposta sono prorogati di due anni”.
Prevede inoltre, al co. 1-bis, che “le violazioni
relative all’applicazione, con agevolazioni tributarie,

delle imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni
di cui al comma l, possono essere definite con il
pagamento delle maggiori imposte

a condizione che il

contribuente provveda a presentare entro il 16 aprile 2003
istanza con contestuale dichiarazione di non volere
beneficiare dell’agevolazione precedentemente richiesta.
La disposizione non si applica qualora, alla data di
entrata in vigore della presente legge, sia stato
notificato avviso di rettifica e liquidazione delle
maggiori imposte”.
La tesi dei ricorrenti è che la proroga del termine,
in quanto prevista per la sola fattispecie di rettifica
della base imponibile, non sarebbe stata applicabile alla
fattispecie in esame, in quanto veniva in questione un
(mero) atto di recupero dell’imposta proporzionale previa
riqualificazione dell’operazione sottostante, ferma
restando la base imponibile.
In contrario deve invece osservarsi che la proroga
biennale è stata ritenuta da questa corte applicabile
anche al di là della specifica dicitura di cui all’art.
11, l ° co., della 1. n. 289-02, nell’ipotesi di cui al
comma 1-bis riguardante la definizione delle violazioni

3

relative all’applicazione di agevolazioni tributarie sulle
medesime imposte. Ciò in quanto
nell’uno come

si è affermato –

nell’altro caso l’ufficio è chiamato a

valutare l’efficacia di un’istanza di definizione,
cosicché, trattandosi delle medesime imposte, sarebbe
incongrua l’interpretazione che riconoscesse solo nella

liquidazione del dovuto (v. Cass. n. 12069-10 cui

prima ipotesi la proroga dei termini per la rettifica e la
adde la

recentissima Cass. n. 174-15).
Al fondo di simile interpretazione vi è che la
proroga di cui all’art. 11 rileva in tutti i casi in cui
sia ammessa la definizione agevolata ai fini delle imposte
di registro, ipotecaria e catastale (e simili).
In sostanza, se la violazione è condonabile, allora
devesi ritenere prorogato anche il termine per il relativo
accertamento (o per la liquidazione).
III. – Ora senza dubbio la fattispecie in esame,
siccome non involgente la rettifica dell’imponibile,
esulava dall’art. 11, l ° co.
Tuttavia era compresa nell’art. 11, co. 1-bis,

sub

specie di violazione dell’imposta su atti in dipendenza
della non applicabilità di un regime d’imposta agevolato.
La definizione del co. 1-bis (“Le violazioni relative
all’applicazione, con agevolazioni tributarie, delle
imposte su atti, scritture, denunce e dichiarazioni di cui
al comma 1”] va intesa in senso estensivo, generalmente
favorevole al contribuente; vale a dire nel senso che la
norma intende rendere condonabili tutte le violazioni per

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le quali l’ufficio abbia a recuperare una differenza
d’imposta tra gli importi determinati applicando il regime
ordinario e quelli calcolati in regime diverso, comunque
genericamente agevolato. Depone in tal senso la
strutturazione della frase, che, nel ripetuto art. 11 co.
1-bis, non si limita a indicare le controversie relative

all’applicazione di agevolazioni, sebbene le controversie
concernenti l’applicazione delle imposte sugli atti; frase
in cui la locuzione incidentale (“con agevolazioni
tributarie”) va considerata inclusiva anche delle riferite
ipotesi, in termini equivalenti all’espressione “ivi
comprese quelle relative alle agevolazioni tributarie”.
In questa prospettiva rientravano dunque nell’orbita
del condono pure le fattispecie che fin dall’origine,
secondo l’assunto dell’ufficio, non avessero presentato i
requisiti previsti dalla legge per fruire di un’imposta
agevolata, oltre che quelli canonici in cui fosse stato
chiesto e ottenuto un beneficio fiscale poi disconosciuto
o di cui si fosse verificata la decadenza.
La

fattispecie

controversa

era

astrattamente

suscettibile di definizione e, come tale, era anche
soggetta anche alla proroga del termine di decadenza.
IV. – Col secondo motivo si ricorso si eccepisce
un’omissione di pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c.,
in ordine alla questione, riproposta in appello, della
nullità dell’atto impugnato per difetto di motivazione.
Il motivo è infondato, giacché gli stessi ricorrenti
assumono a premessa ciò che nell’avviso di liquidazione

5

.„

era stato rappresentato. E cioè che in data 10 aprile 2002
era stata costituita la società e che a distanza di soli
35 giorni erano state cedute 1 quote sociali, sicché i
negozi di conferimento e di cessione, per quanto autonomi
dal punto di vista civilistico, dovevano considerarsi, ai
fini della legge di registro, strumentali all’effetto

giuridico finale di trasferimento dell’azienda.
Se ne desume che l’atto non mancava della
motivazione.
D’altronde, in linea di autosufficienza, il contenuto
testuale dell’avviso di liquidazione non è stato riportato
nel ricorso.
La commissione tributaria regionale, per quanto in
modo sintetico, ha affermato espressamente di condividere
la suddetta linea interpretativa degli effetti
dell’operazione nel suo complesso, in ragione della “prova
dell’intento elusivo posto in essere”. Poiché ciò
costituisce un posterius della lettura della motivazione
dell’avviso, se ne deve desumere che la commissione si sia
implicitamente pronunciata anche sulla eccezione del
difetto di motivazione, giustappunto disattendendola in
quanto infondata.
V. – Col terzo motivo di ricorso si denunzia
l’insufficiente motivazione della sentenza in ordine alla
prova della elusività dello schema negoziale adottato e al
processo logico che avrebbe condotto a ravvisare la
condonabilità della fattispecie e la conseguente
applicazione della proroga biennale al termine di

6

rettifica;

e ancora l’insufficiente motivazione in

conseguenza della omessa individuazione delle previsioni
normative afferenti e del generico richiamo a precedenti
giurisprudenziali di questa corte.
Il motivo è in parte inammissibile e

in

parte

infondato.

E’ inammissibile a misura del riferimento alle
questioni giuridiche involte dalla controversia, sulle
quali il vizio di motivazione non rileva.
E’ infondato nella doglianza afferente l’indicazione
del percorso logico seguito dalla commissione tributaria
per ritenere provata l’elusività dello schema negoziale.
La commissione ha motivato affermando di condividere
le ragioni sul punto prospettate dall’ufficio appellante;
ragioni specificamente riportate in sentenza e pienamente
coerenti con l’insegnamento ormai consolidato di questa
corte sul tema, in forza della esegesi dall’art. 20 del
d.p.r. n. 131 del 1986. Difatti, in tema di imposta di
registro, l’art. 20 del d.p.r. n. 131 del 1986, secondo
cui “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e
gli effetti giuridici degli atti presentati alla
registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la
forma apparente”, comporta che, ai fini fiscali, la causa
reale della volontà negoziale prevale sull’assetto
cartolare impresso dalle parti:

v. ex multis

Cass. n.

16345-13 appunto in ordine alla costituzione di una
società con conferimento di azienda e contestuale cessione
delle quote a terzi, ritenuta soggetta a imposta

7

41,

proporzionale di registro per quanto intesa a produrre un
indebito risparmio d’imposta; e v. pure, per
l’affermazione di principio, Cass. n. 9541-13; n. 1415013; n. 15319-13; n. 17965-13.
La motivazione dell’impugnata sentenza – per quanto

ragioni della decisione in piena concordanza col riferito
insegnamento di questa corte.
VI. – Il ricorso è rigettato.
L’intrinseca difficoltà della questione involta dal
primo motivo di ricorso giustifica la compensazione delle
spese processuali.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese
processuali.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
quinta sezione civile, addì 19 febbraio 20 5.

sintetica – è da ritenere sufficiente a esprimere le

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