Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9961 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9961 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: LORITO MATILDE

SENTENZA

sul ricorso 505-2008 proposto da:
TOMMASINO RITA C.F.

TMMRTI45B43F352A,

D’ALICANDRO

MASSIMO BIAGIO C.F. DLCMSM81P11F839B, D’ALICANDRO LUISA
C.F. DLCMSMLSU87B67F839H, tutti domiciliati in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
2014

dall’avvocato MARTOSCIA GAETANO, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

1102

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA EX U.S.L. N. 22 NAPOLI,
REGIONE CAMPANIA;

Data pubblicazione: 08/05/2014

- intimati avverso la sentenza n. 6500/2006 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 06/12/2006 R.G.N. 3346/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/03/2014 dal Consigliere Dott. MATILDE

udito l’Avvocato MARTOSCIA GAETANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI I che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

LORITO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Antonio D’Alicandro, medico in rapporto convenzionale con il
SSNL ) adiva il Pretore di Pozzuoli in funzione di giudice del
lavoro chiedendo la condanna della USL Napoli 22 al pagamento
della somma di L. 101.444.000 ) oltre accessori di legge ) a
titolo di compenso per gli assistiti in carico.
La domanda era accolta dal Tribunale di Pozzuoli che

oltre rivalutazione monetaria ed interessi al saggio legale,
dalle singole scadenze al saldo.
La sentenza era quindi posta in esecuzione e con atto di
precetto del 12/9/97 il D’Alicandro intimava alla Regione
Campania in qualità di successore ex lege della USL il
pagamento degli importi spettanti, in conformità alle
statuizioni della sentenza pretorile.
Il G.E. presso la Pretura circondariale di Napoli con
ordinanza 31/10/97 assegnava al creditore procedente l’importo
dovuto a titolo di capitale, oltre rivalutazione monetaria ed
interessi legali dalla data di emissione della sentenza.
Tale ordinanza veniva impugnata dal D’Alicandro il quale
conveniva quindi in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli in
funzione di giudice del lavoro la ASL Napoli 2 e la Regione
Campania ) chiedendone la condanna al pagamento della somma
corrispondente agli accessori di legge dalla maturazione dei
singoli crediti sino alla pronuncia della sentenza.
Il giudice adito,

con sentenza del 18/2/04 2 dichiarava

inammissibile il ricorso sul rilievo che la pronuncia del
Pretore di Pozzuoli aveva già accertato il diritto del
ricorrente a percepire rivalutazione ed interessi dalla
maturazione al saldo e che, avverso l’ordinanza del G.E. egli
avrebbe dovuto avvalersi dei mezzi di gravame previsti avverso
tale tipologia di provvedimento.
La pronuncia, avverso la quale gli eredi del D’Alicandro
avevano interposto gravame innanzi alla Corte d’appello di
Napoli, veniva confermata con sentenza 6/12/06 con la quale i
1

condannava la convenuta al pagamento dell’importo richiesto,

giudici

del

gravame

osservavano

come

l’ordinanza

di

assegnazione, provvedimento conclusivo del procedimento di
esecuzione forzata per espropriazione dei crediti, nella
specie fosse andata ad incidere su posizioni soggettive del
creditore e pertanto, anche in ragione del contenuto
decisorio, era da ritenersi soggetta al rimedio dell’appello,
oltre che a quello generale della revocabilità del

Avverso tale decisione hanno proposto ricorso per Cassazione
gli eredi D’Alicandro affidandosi a due motivi trasfusi in
quesiti di diritto ed illustrati da memoria.
La Gestione liquidatoria della ex USL 22 e la Regione Campania
sono rimaste intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano vizio di falsa o
erronea applicazione dell’art.429 c.p.c. e di insufficiente e
contraddittoria motivazione sostenendo che rivalutazione
monetaria ed interessi legali costituiscono componenti del
credito di lavoro ai sensi della citata disposizione
codicistica, sicchè ove non corrisposti integralmente al
momento del pagamento del capitale, costituiscono essi stessi
un credito residuo che ben può essere conseguito, ove non
riconosciuto con ordinanza di assegnazione, mediante
l’instaurazione di un giudizio ordinario.
Con il secondo motivo lamentano vizio di falsa o erronea
applicazione dell’art.487 c.p.c. e di insufficiente e
contraddittoria motivazione, rimarcando che i provvedimenti
del giudice dell’esecuzione hanno natura esecutiva e possono
essere impugnati esclusivamente con l’opposizione agli atti
esecutivi ma non sono suscettibili di passare in giudicato in
coerenza con la natura del provvedimento, conclusivo del
procedimento di esecuzione, che non si svolge nel
contraddittorio delle parti e non tende alla emanazione di un
provvedimento di merito.
I motivi sono infondati.
2

provvedimento medesimo.

Nella giurisprudenza di questa Corte è stato infatti già
affermato il principio alla cui stregua l’ordinanza di
assegnazione dei crediti indicata dall’art. 553 cod. proc.
civ. è l’atto conclusivo dell’espropriazione presso terzi, ed
in sé, è anche atto che appartiene al processo esecutivo.
Nell’ottica descritta, l’impugnazione di dette ordinanze può
essere proposta attraverso il rimedio dell’opposizione agli

riferiscono ai singoli atti di questo processo, oppure
attraverso l’appello, quando il provvedimento del giudice
dell’esecuzione

incide

sulle

posizioni

sostanziali

del

creditore o del debitore (vedi fra le tante, Cass. 17 gennaio
2013

n.615,

Cass.

n.4337

del

23

febbraio

2010

nella

motivazione).
La Corte territoriale, ha, quindi, con la pronuncia impugnata,
mostrato di conoscere e condividere i principi enunciati e qui
condivisi, osservando che nello specifico, l’ordinanza di
assegnazione era andata ad incidere su posizioni soggettive
del creditore, essendosi disconosciuta la completa operatività
del meccanismo sancito dall’art.429 c.p.c. per aver il giudice
dell’esecuzione fissato la decorrenza degli accessori del
dalla domanda giudiziale

diritto di credito azionato,

piuttosto che da quella della maturazione del diritto.
In tale prospettiva il corretto strumento di impugnazione del
provvedimento poteva essere ravvisato nell’atto di appello al
giudice competente, atteso il contenuto decisorio della
ordinanza di assegnazione dei crediti, ovvero nell’istanza di
revoca dell’ordinanza stessa, praticabile sino alla avvenuta
esecuzione del provvedimento medesimo,

circostanza che,

peraltro, non era stata oggetto di alcuna allegazione da parte
ricorrente, ma giammai nella proposizione di un nuovo giudizio
di cognizione in relazione al quale il creditore già disponeva
di un valido titolo esecutivo.
Da questo punto di vista il ricorso per cassazione oggetto di
questo giudizio risulta del tutto privo di pregio, non essendo
3

atti esecutivi, quando si tratta di far valere i vizi che si

incorsa la Corte territoriale in alcuno dei vizi di violazione
di legge denunciati, per aver correttamente interpretato le
norme regolatrici del caso concreto ed aver correttamente
sussunto la fattispecie nella disposizione normativa
individuata.
Infine, non si provvede sulle spese, in ragione del mancato
svolgimento di attività difensiva da parte dei soggetti

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma il giorno 27 marzo 2014.

intimati.

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