Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9961 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. I, 05/05/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 05/05/2011), n.9961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittor – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Z.S.; R.A.; Q.P.; D.

G.R.; P.A.; T.T., T.

R., G.M. quali eredi di T.G., con

domicilio eletto in Roma, piazza del Popolo n. 18, presso l’Avv.

Pietro L. Frisani che li rappresenta e difende come da procura in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 163/08 depositato il 12 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5191/10 proposto da:

V.P., B.F., A.S.,

T.C., A.A., con domicilio eletto in

Roma, piazza del Silvio Popolo n. 18, presso l’Avv. Pietro L. Frisani

che li rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r, 148/08 depositato il 4 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5196/10 proposto da:

R.G.P., B.G.F., S.G.,

C.G., C.C., con domicilio eletto in Roma,

piazza del Popolo n. 18, presso l’Avv. Pietro L. Frisani che li

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 174/08 depositato il 4 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5197/10 proposto da:

B.P. e D.S.M. quali eredi di D.S.E.,

con domicilio eletto in Roma, piazza del Popolo n. 18, presso l’Avv.

Pietro L. Frisani che li rappresenta e difende come da procura in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 173/08 depositato il 12 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5200/10 proposto da:

B.G.C., B.E., G.F., D.

G.M., D.P.G., con domicilio eletto

in Roma, piazza del Popolo n. 18, presso l’Avv. Pietro L. Frisani che

li rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 153/08 depositato il 12 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5202/10 proposto da:

S.L., G.E., G.A., S.

N., con domicilio eletto in Roma, piazza del Popolo n. 18, presso

l’Avv. Pietro L. Frisani che li rappresenta e difende come da procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 152/08 depositato il 4 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5204/10 proposto da:

V.A., P.B., D.T.P., V.E.,

G.E., con domicilio eletto in Roma, piazza del Popolo n,

18, presso l’Avv. Pietro L. Frisani che li rappresenta e difende come

da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 162/08 depositato il 4 maggio 2009;

e sul ricorso n. 5206/10 proposto da:

B.G., C.F., G.A.,

M.V., P.F., con domicilio eletto in Roma,

piazza del Popolo n. 18, presso l’Avv. Pietro L. Frisani che li

rappresenta e difende come da procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

pro-

tempore, rappresentato e difeso, per legge, dall’Avvocatura generale

dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, Via

dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Venezia n.

r.r. 164/08 depositato il 4 maggio 2009.

Udite le relazioni della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 9 febbraio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentito il P.G. nella persona del Dott. Ignazio Patrone che ha

concluso per il rigetto dei ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Le parti in epigrafe ricorrono per cassazione con ricorsi diversi nei confronti dei decreti della Corte d’appello che, liquidando Euro 250 per ognuno degli anni di ritardo, hanno accolto parzialmente i loro ricorsi con i quali è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata di uno stesso processo svoltosi in primo grado avanti alla Corte dei Conti, Sez. giur. per il Veneto, dal 16.9.1996 al 7.6.2007.

Resiste nei casi indicati l’Amministrazione con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi debbono preliminarmente essere riuniti benchè siano stati proposti avverso decisioni diverse. Premesso che sono principi già affermati quelli secondo cui “La riunione dei procedimenti, in applicazione della norma generale di cui all’art. 274 c.p.c., è ammessa anche nel giudizio dinanzi alla Corte di cassazione, atteso che, tra i compiti di quest’ultima, oltre a quello istituzionale di garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge e l’unità del diritto oggettivo nazionale, rientra anche l’altro di assicurare l’economia ed il minor costo dei giudizi, risultati cui mira la menzionata norma del codice di rito civile (Cassazione civile, sez. 3^, 20/12/2005, n. 28227) e “La riunione delle impugnazioni, obbligatoria ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano la stessa sentenza, può essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro diverse sentenze pronunciate fra le medesime parti, in relazione a ragioni di unitarietà sostanziale e processuale della controversia; ed invero dalle disposizioni del codice di rito prescriventi l’obbligatorietà della riunione, in fase di impugnazione, di procedimenti formalmente distinti, in presenza di cause esplicitamente ritenute dal legislatore idonee a giustificare la trattazione congiunta (art. 335 c.p.c. e art. 151 disp. att. c.p.c.), è desumibile un principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto” (Cassazione civile, sez. 2^, 17/06/2008, n. 16405), non vi è dubbio che le ragioni che giustificano la trattazione congiunta nella fattispecie sussistano in quanto le pretese delle parti traggono origine dalla durata, ritenuta eccessiva, dello stesso giudizio al quale hanno congiuntamente partecipato e non sono stati evidenziati elementi che differenzino le diverse posizioni.

Con i due motivi di ricorso, comuni a tutte le impugnazioni, che per la loro complementarietà possono essere trattati congiuntamente si censura l’impugnata decisione per avere il giudice del merito liquidato l’equo indennizzo per l’irragionevole durata del processo contabile nella misura di Euro 250 in ragione d’anno in considerazione della limitata posta in gioco e del carattere collettivo del ricorso originario. I motivi sono fondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito come la valutazione dell’indennizzo per danno non patrimoniale resti soggetta – a fronte dello specifico rinvio contenuto nella L. n. 89 del 2001, art. 2 – all’art. 6 della Convenzione, nell’interpretazione giurisprudenziale resa dalla Corte di Strasburgo, e, dunque, debba conformarsi, per quanto possibile, alle liquidazioni effettuate in casi similari dal Giudice europeo, sia pure in senso sostanziale e non meramente formalistico, con la facoltà di apportare le deroghe che siano suggerite dalla singola vicenda, purchè in misura ragionevole (Cass., Sez. Un., 26 gennaio 2004, n. 1340); in particolare, detta Corte, con decisioni adottate a carico dell’Italia il 10 novembre 2004 (v., in particolare, le pronunce sul ricorso n. 62361/01 proposto da P.R. e sul ricorso n. 64897/01 Zullo), ha individuato nell’importo compreso fra Euro 1.000 ed euro 1.500 per anno la base di partenza per la quantificazione dell’indennizzo, ferma restando la possibilità di discostarsi da tali limiti, minimo e massimo, in relazione alle particolarità della fattispecie, quali l’entità della posta in gioco e il comportamento della parte istante (cfr., ex multis, Cass., Sez. 1^, 26 gennaio 2006, n. 1630).

Da tali principi consegue che non è giuridicamente rilevante, ai fini dell’attribuzione di una somma apprezzabilmente inferiore rispetto a detto standard minimo, il riferimento alla modestia della posta in gioco e al carattere collettivo dell’azione.

I ricorsi debbono dunque essere accolti e cassati i decreti impugnati.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa nel merito e pertanto, in applicazione della giurisprudenza della Corte (sentenza n. 14753/2010) a mente della quale, in fattispecie in cui non sia applicabile il disposto del D.L. n. 112 del 2008, art. 54, l’importo dell’indennizzo per giudizi avanti al giudice amministrativo o contabile protrattisi per lungo tempo l’indennizzo può essere liquidato in via forfettaria, il Ministero deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti, e nel caso degli eredi pro quota, della somma di Euro 6.000, oltre interessi di legge dalla data della domanda.

Le spese del giudizio di primo grado possono essere compensate in ragione di un mezzo tenuto conto della riduzione della pretesa, e poste a carico per il residuo dell’Amministrazione soccombente, così come quelle della fase di legittimità.

Per quanto attiene alla liquidazione delle spese della fase di merito e ribadito che i ricorrenti sono stati tutti parti nel giudizio presupposto ma hanno presentati distinti ricorsi per il riconoscimento dell’equo indennizzo deve rilevarsi che la Corte ha ritenuto che una tale condotta integri una fattispecie di abuso del processo (Cass. civ., 3 maggio 2010, n. 10634). In particolare è stato rilevato quanto segue.

“La giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di affrontare il tema dell’utilizzo dello strumento processuale con modalità tali da arrecare non solo un danno al debitore senza necessità o anche solo apprezzabile vantaggio per il creditore ma anche da interferire con il funzionamento dell’apparato giudiziario ed ha ritenuto una tale condotta lesiva sia del canone generale di buona fede oggettiva e correttezza, in quanto contrastante con il dovere di solidarietà di cui all’art. 2 Cost., sia contraria ai principi dei giusto processo in quanto la inutile moltiplicazione dei giudizi produce un effetto inflattivo configgente con l’obiettivo costituzionalizzato della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., (Sent.

Sezioni Unite, 15 novembre 2007, n. 23726).

Tali principi, pur enunciati in tema di rapporti negoziali, possono trovare applicazione anche in fattispecie quali quella in esame laddove l’evento causativo del danno e quindi giustificativo della pretesa sia identico come unico sia il soggetto che ne deve rispondere e plurimi soli i danneggiati i quali, dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto così dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle posizioni ed avere sostanzialmente tenuto la stessa condotta in fase di richiesta dell’indennizzo agendo contemporaneamente con identico patrocinio legale e proponendo domande connesse per l’oggetto e per il titolo, instaurano singolarmente procedimenti diversificati pur destinati inevitabilmente (come puntualmente avvenuto nella fattispecie) alla riunione.

Una tale condotta, che è priva di alcuna apprezzabile motivazione e incongrua rispetto alla rilevate modalità di gestione sostanzialmente unitaria delle comuni pretese, contrasta innanzitutto con l’inderogabile dovere di solidarietà sociale che osta all’esercizio di un diritto con modalità tali da arrecare un danno ad altri soggetti che non sia inevitabile conseguenza di un interesse degno di tutela dell’agente, danno che nella fattispecie graverebbe sullo Stato debitore a causa dell’aumento degli oneri processuali: ma contrasta altresì e soprattutto con il principio costituzionalizzato del giusto processo inteso come processo di ragionevole durata (SS.UU. n. 23726/07, sopra citata) posto che la proliferazione oggettivamente non necessaria dei procedimenti incide negativamente sull’organizzazione giudiziaria a causa dell’inflazione delle attività che comporta con la conseguenza di un generale allungamento dei tempi processuali.

Al riscontrato abuso delle strumento processuale non può tuttavia conseguire la sanzione dell’inammissibilità dei ricorsi, posto che non è l’accesso in sè allo strumento che è illegittimo ma le modalità con cui è avvenuto, ma comporta l’eliminazione per quanto possibile degli effetti distorsivi dell’abuso e quindi, nella fattispecie, la valutazione dell’onere delle spese come se unico fosse stato il procedimento fin dall’origine.

Le spese del giudizio di primo grado sono dunque liquidate come in dispositivo sulla base del valore corrispondente alla somma degli indennizzi riconosciuti.

PQM

la Corte, riuniti i ricorsi, li accoglie, cassa i decreti impugnati e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti, e quanto agli eredi pro quota, della somma di Euro 6.000, oltre interessi nella misura legale dalla data della domanda, nonchè alla rifusione della metà delle spese del giudizio di merito che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 5.275, di cui Euro 2.225 per diritti, Euro 3.000 per onorari e Euro 50 per spese, oltre spese generali e accessori di legge, compensato il residuo, nonchè di quelle del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3.100, di cui Euro 3.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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