Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9959 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. un., 27/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 27/04/2010), n.9959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente –

Dott. PREDEN Roberto – Presiedente di Sezione –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

INTERPORTO SUD EUROPA S.P.A. ((OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CARLO MIRABELLO 26, presso lo studio dell’avvocato IANNUCCILLI

PASQUALE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CHITI

MARIO PILADE, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO PER L’AREA DI SVILUPPO INDUSTRIALE – PROVINCIA DI CASERTA,

in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA EMILIA 88, presso lo studio dell’avvocato VINTI STEFANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato DIACO CORRADO, per delega in

atti; SOCIETA’ AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., in persona

dell’Amministratore pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA ALESSANDRO III 6, presso lo studio dell’avvocato LAUDADIO FELICE,

che la rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;

L.E. ((OMISSIS)), in proprio e nella

qualità di procuratrice generale di L.R., L.

L., L.G., L.M.D., LE.

G., L.E., L.M.G., L.

M.P., LE.MA.GL., L.M.C.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL SEMINARIO 113/116, presso

lo studio dell’avvocato LODOVICO VISONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati PAGANO ALESSANDRO, TOZZI SILVANO, per delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

contro

REGIONE CAMPANIA ((OMISSIS)), in persona del Presidente della

Giunta regionale pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

POLI 29, presso lo studio dell’avvocato BUONDONNO LIDIA, che la

rappresenta e difende, per delega in calce alla copia notificata del

ricorso;

– resistente con procura –

e contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA R.F.I. S.P.A., GS S.P.A., COMUNE DI

MARCIANISE, CENTRO LE GRU S.R.L., NAOS S.P.A., PROVINCIA DI CASERTA,

MOCCIA IRME S.P.A., AZIENDA AUTONOMA STRADE – ANAS S.P.A.;

– intimati –

avverso la decisione n. 230/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 29/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

uditi gli avvocati Corrado DIACO, Felice LAUDADIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il TAR della Campania con sentenza del 17 febbraio 2006, accoglieva il ricorso proposto da E., R., L., G., M.D., Gi., E., M.G., M. P., Ma.Gl. e L.M.C. ed annullava la Conferenza dei Servizi in data 4 maggio 2004, approvativa del progetto definitivo di connessione dell’Interporto sud Europa alla viabilità esterna, le deliberazioni di ratifica dei comuni interessati, i decreti di occupazione temporanea e d’urgenza dei terreni di costoro, del sindaco del comune di (OMISSIS) in data (OMISSIS) e (OMISSIS), nonchè gli atti presupposti quali il D.P.R. Reg. Campania 3 ottobre 1996 con cui era stato approvato l’accordo di programma sottoscritto anche dalla Provincia di Caserta, nonchè dai Sindaci di (OMISSIS) e di (OMISSIS), e dalla s.p.a. Soproser rivolto alla realizzazione delle strutture interportuali del polo di Marcianise-Maddaloni. L’appello del comune di Marcianise, della soc. Interporto (per quanto qui ancora interessa), è stato dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato, con sentenza del 29 gennaio 2008, in quanto: a) sussisteva la giurisdizione del giudice amministrativo, avendo i ricorrenti proposto un giudizio impugnatorio sia della nuova dichiarazione di p.u. derivante dalla Conferenza dei Servizi del 4 maggio 2004, sia del successivo decreto di occupazione temporanea del 22 ottobre 2004 (ed essendo quelli asseritamene presupposti già annullati in precedenti giudizi o impugnati senza alcuna censura), di cui chiedevano l’annullamento per vizi di legittimità; b) d’altra parte lo stesso Consiglio di stato con precedente sentenza 86/2007, emessa su ricorso di altri proprietari e passata in giudicato, aveva già annullato il suddetto provvedimento 4 marzo 2004 e quello successivo di occupazione temporanea, perciò automaticamente caducato; per cui dopo questo annullamento detti provvedimenti in nessun caso avrebbero potuto rivivere, con conseguente venir meno dell’interesse dei ricorrenti all’accoglimento dell’appello.

Per la cassazione della sentenza la s.p.a. Interporto Sud Europa ha proposto ricorso per due motivi; mentre il Consorzio ASI della provincia di Caserta, la s.p.a. Autostrade per l’Italia ed i L. hanno depositato distinti controricorsi, illustrati da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la s.p.a. Interporto, deducendo violazione dell’art. 111 Cost., L. n. 1034 del 1971, art. 36, art. 360 cod. proc. civ., n. 1, censura la sentenza impugnata per aver confermato la giurisdizione amministrativa su di un’occupazione illegittima di immobili senza considerare: a)che i ricorrenti ne avevano chiesto tra l’altro la restituzione, stante la carenza del potere delle amministrazioni di procedere alle espropriazioni; e che le note decisioni 204/2004 e 191/2006 della Corte Costituzionale avevano confermato come l’occupazione cd. usurpativa, priva cioè della dichiarazione di p.u., rientra nella giurisdizione ordinaria; b) che la causa pretendi della richiesta era costituita soprattutto dalla denunciata nullità della dichiarazione di p.u. per mancata prefissione dei termini indicati nella L. n. 2359 del 1865, art. 13:

fattispecie quest’ultima integrante secondo la giurisprudenza delle stesse Sezioni Unite un’ipotesi tipica di carenza di potere. Il motivo è infondato.

Come ha infatti osservato la sentenza impugnata i ricorrenti hanno sostanzialmente impugnato la nuova dichiarazione di p.u. collegata alla conferenza dei servizi del 4 maggio 2004, nonchè gli atti ablatori conseguenti, per 19 motivi con i quali sono state prospettate diverse violazioni delle disposizioni legislative che disciplinano la materia, peraltro già rilevate dalla precedente sentenza del TAR Campania 28/2003 che aveva annullato gli atti a monte della conferenza suddetta, nonchè diversi profili di eccesso di potere delle autorità che vi hanno preso parte, di cui è stata contestata anche la competenza ad emettere determinati provvedimenti (cfr. 3 motivo ric. al TAR).

Orbene, la competenza giurisdizionale a conoscere delle domande che investano la legittimità degli atti del procedimento di espropriazione in generale, apparteneva già prima della L. n. 205 del 2000 al giudice amministrativo, deputato a verificare la lesione dell’interesse legittimo della parte alla regolarità dell’azione amministrativa: con esse deducendosi scorrettezze commesse dall’espropriante nell’esercizio del potere ablativo, di cui non viene in discussione la spettanza alla P.A. Come accade appunto nella fattispecie nonchè in tutte le ipotesi in cui il proprietario faccia valere i possibili vizi della dichiarazione di p.u., ovvero l’incompetenza dell’organo amministrativo che l’ha emessa, o ancora l’illegittimità dei provvedimenti ablatori ad essa successivi; e comunque denunci l’illegittimità di atti e comportamenti dell’amministrazione attuati in esecuzione di poteri pubblicistici che abbiano sacrificato o compresso il suo diritto dominicale.

Laddove la giurisdizione ordinaria era invocabile soltanto quando l’amministrazione espropriante avesse agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa, intesa come mancanza di qualunque facultas agendi vincolata o discrezionale di elidere o comprimere detto diritto.

A maggior ragione la controversia – introdotta con ricorso del 21 marzo 2007 – rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo per effetto della L. n. 205 del 2000, art. 7, che recependo e modificando le disposizioni del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, ha devoluto in via esclusiva al suddetto giudice “le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti alle stesse equiparati in materia urbanistica ed edilizia”. La quale secondo la giurisprudenza di questa Corte abbraccia, in considerazione della sua espressa onnicomprensività, la totalità degli aspetti dell’uso del territorio, nessuno escluso; e quindi riserva alla nuova categoria di. giurisdizione esclusiva anche i procedimenti espropriativi diretti alla esecuzione dei lavori per la realizzazione o la modifica di un’opera pubblica: in quanto il concreto modo di realizzarla a seguito della dichiarazione di pubblica utilità ed approvazione del relativo progetto costituisce estrinsecazione di una potestà della P.A. nell’ambito di una funzione relativa all’urbanistica. E perchè i provvedimenti che, diretti all’esecuzione di un’opera pubblica mediante trasformazione del territorio, si risolvono nell’occupazione, permanente o temporanea, di fondi privati, costituiscono atti strumentali alla realizzazione della suddetta finalità pubblica.

Non giova, pertanto, alla soc. Interporto che uno dei vizi attribuiti alla dichiarazione di p.u., necessario presupposto del provvedimento impugnato, sia ravvisato nella asserita mancanza dei termini di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 13, nei provvedimenti in cui si ravvisava la dichiarazione di p.u. dell’opera (cfr. 18 motivo del ricorso al TAR): in quanto tale situazione è dedotta per dimostrare (nel merito) una delle ragioni della prospettata invalidità dei provvedimenti ablatori impugnati ed ottenerne l’annullamento. Per cui, anche con riguardo a questo profilo (peraltro non esaminato dal giudice amministrativo), la posizione giuridica dedotta in giudizio deriva dall’esercizio illegittimo del potere da parte del comune di Maddaloni; e più in particolare dal provvedimento illegittimo che ha esplicato, ciò nonostante tutti i suoi effetti, in quanto espressione sia pure illegittima di un precedente esercizio del potere, riconoscibile come tale perchè deliberato nei modi ed in presenza dei requisiti richiesti dalla legge e non come mera via di fatto. Con la conseguenza che in tal caso spetta al giudice amministrativo disporre le diverge forme di tutela che l’ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall’esercizio illegittimo del potere ablativo, e tra queste forme di tutela rientra quella demolitala nel caso richiesta dai proprietari (Cass. sez. un. 26812/2007, 26813/07, 26814/07, 26815/07, 26816/07, 26817/07, 26733/07, 26734/07, 26735/07, 26736/07, 2765/08, 2766/08, 2767/08, 2768/08, 2769/08, 6776/09, 6777/09 e 6778/09;10278/2009).

Con il secondo motivo, la soc. Interporto, deducendo altre violazioni delle medesime disposizioni di legge, si duole che il Consiglio di Stato abbia ritenuto che a seguito di altra propria decisione (sent.

86/2007) riguardante la medesima procedura, ma proprietari diversi, sia la Conferenza di servizi che il decreto di occupazione temporanea siano stati cadutati dal giudice amministrativo, sì da far venir meno l’interesse di essa ricorrente all’appello, senza considerare che si trattava di atti plurimi e quindi scindibili; con la conseguenza che il giudicato su tali questioni aveva effetti nei soli confronti delle parti di quel giudizio;e che anche attraverso queste considerazioni smentite tanto dalla giurisprudenza ordinaria, che da quella amministrativa le situazioni controversie siano state definite di interesse legittimo ed attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. Questo motivo è inammissibile.

Il Consiglio di Stato ha osservato che la propria precedente decisione 18 gennaio 2007 n. 86, confermando la sentenza del TAR Campania in un giudizio proposto da altri proprietari di immobili della medesima zona contro le medesime amministrazioni esproprianti, aveva definitivamente annullato sia la Conferenza 4 maggio 2004 che gli atti ablatori successivi, quali il decreto di occupazione temporanea 8 settembre 2004;per cui era venuto meno l’interesse della s.p.a. Interporto all’impugnazione proposta in quanto, pur se fosse stata riformata la decisione del TAR, i provvedimenti in questione sarebbero rimasti caducati per effetto del giudicato costituito dalla menzionata precedente pronuncia 86/2007.

Pertanto le Sezioni Unite devono riaffermare la regola che il sindacato della Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di. Stato in sede giurisdizionale è limitato all’accertamento dell’eventuale sconfinamento dai limiti esterni della propria giurisdizione da parte del Consiglio stesso, ovvero all’esistenza di vizi che riguardano l’essenza di tale funzione giurisdizionale, e non al modo del suo esercizio: restando, per converso, escluso ogni sindacato sui limiti interni di tale giurisdizione, cui attengono gli “errores in iudicando” o “in procedendo”.

Proprio in queste ultime categorie rientra il sindacato richiesto dalla ricorrente, la quale, sotto l’apparente profilo dedotto di difetto di giurisdizione per superamento dei limiti esterni, addebitano sostanzialmente alla sentenza impugnata una violazione di legge commessa nell’esercizio del potere giurisdizionale in quanto sarebbe stato erroneamente considerato giudicato il contenuto della ricordata pronuncia 86/2007 che invece, avendo per oggetto cd. atti plurimi quali sono la dichiarazione di p.u. ed il decreto di occupazione, esplicava i suoi effetti soltanto nei confronti dei proprietari che li avevano impugnati in quel giudizio; e non anche nei confronti dei L., rimasti ad esso estranei: perciò prospettando un vizio che attiene all’esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge al giudice amministrativo.

E trattandosi di censura attinente all’interpretazione, da parte del Consiglio di Stato, della formazione di un giudicato esterno nonchè dell’interesse della s.p.a. Interporto ad impugnare la sentenza del TAR emessa in questo giudizio, perciò relativa alla correttezza dell’esercizio del suo potere giurisdizionale da parte del giudice amministrativo – e non anche i suoi limiti esterni – la stessa non è deducibile con ricorso ex art. 111 Cost. (Cass. sez. un. 10971/2008;

17099/2003; 16270/2002; 11099/2002).

Le perplessità manifestate dalla giurisprudenza nel determinare i criteri di riparto della giurisdizione proprio in fattispecie analoghe giustificano la compensazione tra tutte le parti delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo ed interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

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