Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9959 del 20/04/2017


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Cassazione civile, sez. III, 20/04/2017, (ud. 02/03/2017, dep.20/04/2017),  n. 9959

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29168/2014 proposto da:

ITALFONDIARIO S.P.A., in persona dell’Avv. FE.GI., quale

procuratrice di SESTINO SECURITISATION S.R.L., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DEI PARIOLI, 74 SC. B, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO PISELLI, che la rappresenta e difende giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.C., S.G., B.S.,

C.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI BOCCHERINI 3 -SC

2, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO DE ANGELIS, rappresentati

e difesi dall’avvocato ETTORE MAINI giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

F.L., SB.GI., CA.FR., M.M.,

RI.MA., RI.CL.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1858/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 22/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/03/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. – Con un unico motivo – illustrato da memoria – l’Italfondiario S.p.A., quale procuratrice di Sestino Securitisations s.r.l. (cessionaria dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., a sua volta cessionaria da Ulisse 2 S.p.A.), ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 22 ottobre 2013, che rigettava il gravame interposto da MPS Gestione Crediti Banca S.p.A., in nome e per conto di Ulisse 2 S.p.A., avverso la decisione del Tribunale di Piacenza, che aveva accolto l’opposizione proposta da B.S., C.C., F.L., R.C., S.G., Sb.Ar. (deceduto nel corso del processo e al quale succedeva Sb.Gi.), Mo.Ma., Ri.En. (deceduto nel corso del processo e al quale succedevano M.M., Ri.Ma. e Ri.Cl.) e Ca.Fr. avverso il decreto ingiuntivo emesso per Lire 298.880.557, oltre interessi e spese, nei loro confronti, quali fideiussori ed avallanti della Latteria Sociale Cooperativa Aurora.

1.1. – La Corte territoriale, premesso che gli opponenti erano stati ammessi a fruire ai benefici di cui al D.L. n. 149 del 1993, art. 1, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 237 del 1993, riteneva che la predetta norma, nel prevedere l’assunzione da parte dello Stato delle garanzie prestate dai soci di cui cooperative agricole di cui era stata accertata l’insolvenza, configurasse un accollo ex lege, senza necessità di consenso del creditore e con liberazione immediata del debitore originario, nei cui confronti, pertanto, il creditore non era più legittimato ad agire.

2. – Resistono con controricorso B.S., C.C., R.C. e S.G., mentre non hanno svolto attività difensiva in questa sede Sb.Gi., Mo.Ma., M.M., Ri.Ma., Ri.Cl., Ca.Fr. e F.L..

Il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

1. – Con l’unico mezzo Italfondiario S.p.A. denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 1273 c.c., D.L. n. 149 del 1993, art. 1, comma 1 bis e della L. n. 388 del 2000, art. 126, sostenendo (e ribadendo con la memoria) che la norma applicata dalla Corte di appello (peraltro, senza accertare “che nel caso di specie ricorressero in capo a tutti gli opponenti tutti i requisiti per la fruizione del beneficio”) non contempli un accollo ex lege da parte dello Stato del debito dei garanti delle cooperative agricole insolventi, con immediata liberazione del debitore prima ed indipendentemente dal pagamento, necessitando il consenso il consenso del creditore.

2. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

2.1. – E’ inammissibile là dove si duole del carente accertamento da parte del giudice del merito sui requisiti per la fruizione dei benefici di legge in capo agli opponenti, giacchè non solo non è impugnata in modo congruente e specifico la ratio decidendi della sentenza impugnata con cui si dà atto che questi ultimi “sono stati ammessi a fruire dei benefici di legge in base all’accoglimento della domanda proposta dal socio B.S., di per sè idonea a determinare l’automatica estensione del beneficio a tutti i soci garanti secondo il disposto di legge”. Ma, prima ancora, la società ricorrente non ha evidenziato quale fosse effettivamente il devolutum in sede di gravame, ossia se abbia investito, o meno, la Corte territoriale anche dell’esame della predetta questione, così da palesare l’insussistenza di un giudicato interno sul punto (là dove, peraltro, dallo stesso ricorso p. 6 – si assume, invero genericamente, che l’appello verteva soltanto sulla erronea interpretazione della L. n. 237 del 1993 e sulla mancanza di consenso del creditore).

2.2. – E’ infondato, invece, là dove censura l’applicazione del D.L. n. 149 del 1993, art. 1, comma 1 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 237 del 1993, ad opera del giudice di secondo grado, la cui decisione si conforma al principio – enunciato da Cass. n. 4014/2013 (e sostanzialmente ribadito, tra le altre, da Cass. n. 9670/2013 e Cass. n. 21713/2015), le cui puntuali argomentazioni non sono decisivamente contrastate dalla parte ricorrente (neppure con la memoria, che, anch’essa, non fa menzione alcuna di detta pronuncia) – per cui l’assunzione, da parte dello Stato, delle garanzie prestate dai soci di cooperative agricole in favore delle cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l’insolvenza, prevista dal D.L. 20 maggio 1993, n. 149, art. 1, comma 1 bis (convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 237), ha avuto per effetto la liberazione dei garanti nei confronti dei terzi creditori, a nulla rilevando che tale effetto liberatorio fosse espressamente previsto soltanto nei decreti attuativi della suddetta legge (D.M. 2 febbraio 1994 e D.M. 2 gennaio 1995), giacchè esso era comunque desumibile, in via di interpretazione, dalla finalità della legge. Ne consegue che, per effetto della suddetta liberazione, il creditore del socio garante non è più legittimato ad agire nei confronti di quest’ultimo, il quale ha perduto la qualità di debitore.

3. – Il ricorso va, pertanto, rigettato e la società ricorrente condannata al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014.

Non occorre provvedere alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità nei confronti degli intimati che non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 2 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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