Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9958 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9958 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 13316-2009 proposto da:
FLAMINIA OVEST SAS

rappresentante pro

in persona

legale

tempore, DOMINICIS FABIO nq

socio accomandatario della
elettivamente

del

domiciliati

di

FLAMINIA OVEST,

in ROMA VIA ASCREA 18,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO DELL’ACQUA,
2015

che li rappresenta e difende giusta delega a margine;
– ricorrenti –

757

contro
NESTA FERNANDO, AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE
ENTRATE UFFICIO DI RIETI;
– intimati –

Data pubblicazione: 15/05/2015

Nonché da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;

contro
FLAMINIA OVEST SAS

in persona del

legale

rappresentante pro tempore, DOMINICIS FABIO nq di
socio accomandatario della FLAMINIA OVEST,
elettivamente domiciliati in ROMA VIA ASCREA 18,
presso lo studio dell’avvocato GAETANO DELL’ACQUA,
che li rappresenta e difende giusta delega a margine;
– controricorrente incidentale nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI RIETI;

intimato

avverso la sentenza n. 43/2008 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 15/04/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato DELL’ACQUA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO
che si riporta;

– controrícorrente incidentale –

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso principale, assorbito il

ricorso incidentale.

13316-09

Iva — Irpef— kap
— accertamento —
stazione di
carburanti —
contabilità
inattendibile —
reddito d’impresa
— incongruenza
percentuale di
ricarico —
raffronto tra
prezzi praticati
negli annilegittimità

Svolgimento del processo
La vicenda trae origine da un’articolata verifica
fiscale eseguita, tra il 2004 e il 2005, nei confronti
della Flaminia ovest s.a.s., esercente l’attività di
vendita al dettaglio di carburanti per autotrazione. La

verifica aveva riguardato gli esercizi 2002 e 2003.
Con sentenza depositata il 15 aprile 2008, non
notificata, la commissione tributaria regionale del Lazio
confermava la decisione di primo grado con la quale la
commissione tributaria provinciale di Rieti aveva, per
quanto ancora di interesse in questa sede, rideterminato
l’ammontare dei ricavi ottenuti dalla vendita di alcuni
prodotti. Da questo punto di vista la commissione
provinciale aveva difatti evidenziato un’incongruenza
nella rettifica della percentuale di ricarico,
segnatamente consistente nell’esser stato praticato un
raffronto tra prezzi al dettaglio rilevati al momento
dell’accesso (nell’ anno 2005), e prezzi di acquisto
(desunti da fatture degli anni 2002 e 2003). Non ritenendo
discendere da questo una nullità degli atti impugnati, la
commissione aveva mandato all’ufficio di rideterminare il
costo del venduto, al netto dell’Iva, utilizzando gli
indici nazionali Istat di variazione dei prezzi al consumo
intervenuti nel periodo 2002-2005.
Ciò posto, la commissione tributaria regionale del
!

Lazio, decidendo sugli appelli delle parti contribuenti
(società e soci) e dell’amministrazione finanziaria,

confermava la statuizione sostenendo, in particolare, che
il procedimento seguito dal giudice di primo grado non era
inficiato dalla eccepita diversità dei soggetti gestori
dell’impresa negli anni considerati, giacché unica
dovevasi ritenere la realtà operativa, essendo stata
questa caratterizzata da identità di compagine, di

rappresentanza legale e di attività. Riteneva equo,
inoltre, il calcolo correlato all’utilizzo degli indici
Istat, in quanto applicato ai prezzi ripresi dalle
fatture.
Per la cassazione della sentenza di secondo grado
hanno proposto ricorso la società e il socio Fabio De
Dominicis, articolando due motivi.
L’agenzia

delle

entrate

ha

resistito

con

controricorso e ha proposto un motivo di ricorso
incidentale condizionato, a cui le altre parti hanno a
loro volta replicato con controricorso.
Con decreto n. 1959 del 2013, depositato il 29
gennaio 2013, il presidente di questa sezione ha
dichiarato estinto il processo ai sensi dell’art. 39, 12 °
co., del d.l. n. 98 del 2011. Con nota depositata il 6
febbraio 2013, l’amministrazione ha chiesto la revoca del
decreto suddetto nelle parti afferenti alla società e,
quanto al reddito 2002, al socio, chiedendo fissarsi
l’udienza di discussione della causa. La corte, con
ordinanza n. 14385-14, ha revocato nei termini suddetti il
decreto presidenziale e ha disposto l’integrazione del
contraddittorio nei confronti dell’altro socio

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litisconsorte, Fernando Nesta. All’incombente ha infine
provveduto la società con atto notificato il 15 novembre
2014.
Motivi della decisione
I. – Col primo motivo del ricorso principale,
articolato in distinte censure, si deduce la violazione e

la falsa applicazione di norme di diritto in relazione
all’art. 112 c.p.c. I ricorrenti in particolare lamentano:
(i) da un lato la nullità della sentenza per motivazione
solo apparente, non avendo il giudice d’appello
giustificato la decisione se non mediante acritico
richiamo alla sentenza di primo grado, senza vaglio di
quanto in essa esposto;
(il) dall’altro, l’omessa motivazione circa un rilievo
dell’appellante in merito alla contraddittorietà della
sentenza ultima detta;
(iii) dall’altro ancora l’esistenza di un vizio logico al
fondo della sentenza di primo grado, confermata in
appello, circa la asserita non incidenza dei vizi
riscontrati sulla validità degli avvisi di accertamento.
M – Le censure sono in parte inammissibili e in
parte infondate.
Sono inammissibili per l’aspetto afferente l’art. 112
c.p.c., giacché è evidente l’inconferenza del riferimento
a tale norma non essendo in verità dedotta, avverso la
sentenza impugnata, né un’omissione di pronuncia, né
un’ultrapetizione o un’extrapetizione.

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Sono infondate nel merito della duplice tesi
sostenuta in diritto.
III. – La motivazione apparente, da cui deriva la
nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., è quella che si
estrinseca in argomentazioni inidonee a rivelare la
decidendi.

ratio

Non può ritenersi affetta da nullità la

sentenza d’appello per il sol fatto che si limiti a
recepire le argomentazioni della sentenza di primo grado,
a meno che la ricezione non determini – essa stessa, per
come effettuata – il vizio della motivazione apparente (v.
per tutte Cass. n. 161-09, n. 15949-01 e, da ultimo, con
riguardo alla ricezione di argomenti tratti da atti di
parte, sez. un. 642-15).
Nel caso di specie la sentenza d’appello non si
presenta così negativamente caratterizzata. La sentenza ha
infatti esplicitato la ratio in ordine alla questione del
ricarico, che qui ancora rileva, affermando di condividere
la ricostruzione operata dal primo giudice sulla scorta
del duplice rilievo (a) che la rilevazione era stata fatta
sulla base della media ponderata relativa ai prodotti
omogenei presenti negli anni; e (b) che la realtà
operativa della società, nel tempo, era rimasta invariata
per compagine e per ambito di attività. Ha inoltre
osservato che lì utilizzo degli indici Istat al fine di
aggiornare il costo del venduto era avvenuto tenendo conto
dei prezzi risultanti dalle fatture.
La determinazione del giudice di primo grado, del
resto, è trascritta dalla stessa ricorrente in esatta

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continuità coi citati rilievi del giudice d’appello.

la ricorrente ha riportato, nel ricorso, lo specifico
contenuto delle censure a suo tempo svolte avverso la
sentenza della commissione provinciale, al fine di
consentire alla corte di valutare fino a qual punto il
giudice d’appello avesse da calibrare diversamente la

portata delle sue valutazioni.
Non possiede miglior sorte neppure la censura
riferita all’altra questione prospettata. Le
caratteristiche del giudizio tributario, quale giudizio di
impugnazione-merito, rendono pacifico che la riscontrata
incongruenza nella determinazione della percentuale di
ricarico da parte dell’ufficio non impone al giudice di
dichiarare la nullità dell’avviso di accertamento, quanto
piuttosto di procedere lui alla corretta determinazione
delle percentuale stessa, ove questo sia possibile
ovviamente – in base agli atti di causa.
IV. – Col secondo motivo del ricorso principale, che
deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto
in relazione all’art. 39, l ° co., del d.p.r. n. 600 del
1973 e degli artt. 5 e 75 del Tuir, si lamenta
l’illegittimità della ritenuta percentuale di ricarico in
dipendenza della parzialità e non omogeneità dei dati di
raffronto, essendo stata la percentuale mediamente
calcolata sui prezzi di vendita di annualità diverse da
quella verificata e sui prezzi di acquisto rilevati
nell’anno oggetto di rettifica, in base a un campione di

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merci disomogeneo e non significativo rispetto al totale
del venduto.
V. – Il motivo è infondato.
La stessa ricorrente riferisce che l’agenzia delle
entrate aveva preso avvio da valutazioni di
inattendibilità delle scritture contabili in quanto

incomplete. Non risulta dall’impugnata sentenza che un
siffatto presupposto sia stato contestato. Né il secondo
motivo prospetta censure a questo riguardo. Era quindi
legittimo il ricorso al metodo presuntivo di
determinazione dei ricavi. Questa corte ha più volte
affermato che la determinazione in via presuntiva della
percentuale di ricarico sul prezzo del venduto, in sede di
accertamento induttivo, suppone l’adozione di un criterio
coerente con la natura e le caratteristiche dei beni presi
in esame e l’applicazione di questo a un campione di beni
scelti in modo appropriato (v. tra le molte Cass. n. 319713; n. 7653-12). In questo caso la scelta tra la media
aritmetica o ponderale va rapportata alla composizione del
campione di beni selezionati (Cass. n. 26167-11; n. 2178512), in quanto l’accertamento non soffre speciali
limitazione al riguardo.
Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, la
commissione tributaria regionale non si è discostata da
simili principi. Essa ha accertato che il ricarico era
stato determinato in relazione a beni tra loro omogenei,
presenti in tutte le annualità di esercizio.

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E’ vero che al riguardo la sentenza ha omesso di
menzionare l’anno 2003. Ma ciò appare dovuto a mero lapsus
calami,

in quanto è da osservare che la presenza di

identiche tipologie di beni anche relativamente all’anno
2003 era stata evidenziata
riferito

come dalla ricorrente

nella sentenza di primo grado, infine

interamente confermata.
Sempre la commissione d’appello ha inoltre accertato
che il calcolo della percentuale era stato fatto in
relazione a ciascun fornitore e in rapporto al totale
degli acquisti. E ha infine stabilito che nessuna
differenza, per tipologia di attività e di prodotto, era
stata riscontrata tra gli anni in contestazione (2002 e
2003) e il periodo di accesso (2005).
In tal guisa, l’accertamento di merito non evidenzia
alcuna violazione di legge, men che meno in ordine al
metodo infine impiegato per la ricostruzione in concreto
della percentuale di ricarico. E’ stata invero confermata
l’utilizzazione degli indici Istat per la variazione dei
prezzi al consumo intervenuta o tra il 2002-2003 e il 2005
(anno di accesso) ed è stato rideterminato il costo del
venduto al netto dell’Iva, con l’applicazione dei suddetti
modesti indici di variazione (3,1 % sui prezzi del 2002 e
2,4 % sui prezzi del 2003). Il che traduce un ricarico
minimale addirittura risibile, se raffrontato alle
ordinarie massime di esperienza. A meno di non ritenere ma di ciò non risulta acquisita alcuna prova – che

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5
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l’ impresa avesse operato sempre con vendite sotto costo (o

al costo puro).
In

sostanza,

si

tratta di una

(appropriata)

valutazione di merito, qui non sindacabile se non sul
versante, del resto neppure inciso dal secondo motivo di

VI. – Il ricorso principale è rigettato e tanto
determina l’assorbimento dell’ incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara
assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna i
ricorrenti principali, in solido, alle spese processuali,
che liquida in euro 7.000,00 per compensi, oltre le spese
prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
quinta sezione civile, addì 19 febbraio 2015.

ii Pres ente
h

Il Donsiglie e estensore
SLAUJULL,4 u.k13.),1

ricorso, della motivazione.

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