Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9957 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9957 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 11294-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

2015
756

BENINI COSTANZA;
– intimata Nonché da:
BENINI COSTANZA nq di erede di GATTAI BUDINI
LEOPOLDO, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

Data pubblicazione: 15/05/2015

MAZZINI 11, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE
MARIA CIPOLLA, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato LAURA CASTALDI giusta delega
a margine;
– controricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE ENTRATE;

intimato

avverso la sentenza n. 17/2008 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata il 17/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO che
ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE RENZIS
delega Avvocato CASTALDI che si riporta alle
conclusioni;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento del 10 motivo e del ricorso
incidentale condizionato, assorbiti altri motivi,
assorbito il ricorso principale.

contro

11294-09

Successione liquidazione benictilMmh

Svolgimento del processo
L’il marzo 2001 si aprì la successione di Leopoldo
Budini Gattai.
L’erede,

sig.ra

Costanza

Benini,

presentò

in

vincolati – quote
dipartecipazioni

in società –

passività
deducibilicondizioni documentazione
-termini

sequenza, all’agenzia delle entrate, due dichiarazioni di

dall’ufficio. Peraltro l’erede presentò infine una terza
dichiarazione, nella quale indicò l’esistenza di immobili
vincolati ai sensi della 1. n. 1089 del 1939 da escludere
dall’attivo ereditario, nonché l’esistenza di quote di
partecipazione in s.r.l. e di passività deducibili.
L’ufficio, con riferimento a tale dichiarazione, notificò
un avviso di liquidazione dell’imposta principale di
successione negando il fondamento della esclusione degli
immobili e non ammettendo le denunziate passività.
La contribuente impugnò l’avviso avanti la
commissione tributaria provinciale di Firenze, innanzi
tutto deducendo l’illegittimità dell’atto perché emesso in
violazione delle norme sull’accertamento e la liquidazione
dell’imposta (artt. 27, 28, 33 e 34 del d.lgs. n. 346-90);
e poi, comunque, l’illegittimità della pretesa quanto al
merito delle affermate esclusioni.
La commissione accolse il ricorso nei profili di
merito, in ordine ai vincoli immobiliari, che riconobbe, e
alle passività deducibili.
La sentenza, gravata da appello dell’ufficio, è stata
riformata dalla commissione tributaria regionale della

successione e pagò l’imposta così come liquidata

,

Toscana nella parte afferente le passività deducibili. Il
giudice d’appello ha invece confermato l’esclusione
dall’attivo ereditario degli immobili di interesse
storico-artistico vincolati e ha considerato infine
inammissibile, in quanto non tradotta in specifico motivo
di appello incidentale, la riproposizione della censura

preliminare della contribuente circa la violazione delle
norme in materia di accertamento e di liquidazione
dell’imposta di successione.
Avverso la sentenza d’appello, depositata il 17 marzo
2008, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per
cassazione sorretto da un motivo. La Benini si è
costituita con controricorso, proponendo ricorso
incidentale sorretto da sette motivi e illustrato anche da
memoria.
Motivi della decisione
I. – Il ricorso principale denunzia violazione e
falsa applicazione degli artt. 13, 1 ° e 2 ° co., 30, 6 °
co., e 23, 4 ° co., del d.lgs. n. 346-90 per avere la
commissione tributaria regionale ritenuto di natura solo
formale l’inadempimento dei termini previsti dalle
disposizioni dette a proposito della presentazione della
documentazione relativa ai beni immobili vincolati di
interesse culturale. Premesso che il beneficio della
esclusione dall’attivo ereditario dei beni di tal genere
era stato negato dall’ufficio per mancanza della
documentazione prevista dall’art. 13 del d.lgs. n. 346-90,
la commissione avrebbe dovuto ritenere la natura

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perentoria del termine citato, e quindi dichiarare la
decadenza dell’erede in ragione della sua mancata
osservanza.
Il motivo è infondato.
L’art. 13 del d.lgs. n. 346 del 1990 prevede che i
beni culturali di cui alla 1. n. 1089 del 1939 sono

esclusi dall’attivo ereditario se sottoposti a vincolo
anteriormente all’apertura della successione e se sono
stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e
protezione. L’erede deve presentare l’inventario dei beni
che ritiene non debbano essere compresi nell’attivo al
competente organo periferico del ministero dei beni
culturali e ambientali (oggi del ministero per i beni e le
attività culturali), per l’attestazione in ordine
all’esistenza del vincolo e all’assolvimento degli
obblighi di conservazione e protezione. L’attestazione
deve poi essere presentata all’amministrazione finanziaria
in allegato alla dichiarazione di successione o, se non vi
sono altri beni ereditari, nel termine stabilito per
questa.
Ora, dalla sentenza risulta che l’amministrazione
aveva negato il beneficio per la “mancata e comunque
tardiva produzione dei documenti da richiedere (..) ex
art. 13 d.lgs. 346/1990”. E la ricorrente non nega che la
documentazione era stata presentata. La ricorrente afferma
che la mancata osservanza del termine aveva comunque
comportato la decadenza della contribuente dal beneficio.

3

■■

Di contro questa corte ha avuto modo di stabilire il
principio opposto, vale a dire che i beni culturali sono
esclusi dall’attivo ereditario alla condizione che venga
presentata all’ufficio l’attestazione suddetta, in quanto
l’omessa allegazione della medesima alla dichiarazione di
successione può essere sanata anche oltre il termine

fissato per la presentazione della dichiarazione
integrativa, non essendo prevista a tal riguardo alcuna
comminatoria di decadenza (v. Cass. n. 16873-09; e anche
Cass. n. 26449-08).
Anche considerandosi il principio generale di
emendabilità della dichiarazione fiscale e il diritto del
contribuente, ex art. 53 cost., a non essere assoggettato
a prelievo maggiore di quello imposto dalla legge,
l’insegnamento va in questa sede confermato. Per cui
correttamente la commissione tributaria ha ritenuto
l’esclusione dall’attivo ereditario dei beni considerati
sottratti a imposizione in ragione della loro condizione
sostanziale.
II. – Il ricorso incidentale deduce sette motivi che,
involgendo questioni tra loro distinte, è necessario
esaminare separatamente.
III.

– Col primo, deducendo violazione e falsa

applicazione degli artt. 54, 1 0 e 2 ° co., e 56 del d.lgs.
n. 546-92, la ricorrente censura la sentenza d’appello per
aver ritenuto inammissibile la domanda relativa alla
illegittimità dell’avviso di liquidazione, in sé e per

4

\.

mancato rispetto della normativa in materia, già proposta
in primo grado e ivi non esaminata.
Il motivo è fondato.
La commissione tributaria regionale, pur dando atto
che si era trattato di domanda non esaminata dalla
commissione tributaria provinciale, ne ha ritenuto

inammissibile la riproposizione in sede di gravame in
difetto di presentazione di appello incidentale. Così
decidendo la sentenza ha infranto il consolidato principio
per cui, a norma degli artt. 56 del d.lgs. n. 546-92 e 346
c.p.c., l’appellato, al fine di superare la presunzione di
rinuncia quanto alle questioni o alle eccezioni non
accolte nella sentenza impugnata, ha soltanto l’onere di
riproposizione in sede di gravame, senza necessità di
farlo mediante un’impugnazione incidentale. L’onere di
proporre appello incidentale sussiste solo ove le
correlate domande o eccezioni siano state in primo grado
respinte (v. Cass. n. 7702-13 e n. 1545-07, nonché da
ultimo Cass. n. 1562-14).
IV. – Tanto comporta l’assorbimento (prima ancora che
l’inammissibilità, essendo mancata la statuizione che
rileva) del secondo motivo del ricorso incidentale, volto
a riproporre direttamente in questa sede, con denunzia di
violazione e falsa applicazione degli artt. 27, l ° co.,
28, 6 ° co., 33 del d.lgs. n. 346-90, il vizio di
illegittimità che ad avviso della contribuente aveva
inficiato l’avviso di liquidazione di cui è causa.

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V. – Col terzo motivo la ricorrente incidentale
deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e
22, l ° co., del d.lgs. n. 346-90 quanto alla statuizione
con la quale la commissione tributaria regionale ha
ritenuto indeducibile la passività dichiarata dalla
contribuente in relazione a un mutuo fondiario contratto

dal de culus per la ristrutturazione di un complesso di
fabbricati di proprietà della Agricola Fiorentina s.r.l.
La commissione tributaria ha escluso la passività
affermando che il mutuo non poteva essere dedotto
giustappunto perché utilizzato per ristrutturare beni di
proprietà di terzo – la società – ancorché il de

cuius

fosse socio in ragione di 1/3. Ha aggiunto che tale ultima
circostanza poteva indurre a ritenere inciso dal mutuo il
valore della quota caduta in successione; e la ricorrente,
premesso che il mutuo era stato stipulato dal

de culus per

la ristrutturazione di beni della società, da esso de
cuius

condotti in affitto, sostiene che non aveva

rilevanza il profilo della titolarità dei beni, giacché
l’aspetto essenziale era quello della riconducibilità
dell’obbligazione al defunto in quanto contraente il
mutuo.
La doglianza è fondata nel senso che segue.
In linea generale, in base all’art. 20 del d.lgs. n.
346-90, sono deducibili tutti i debiti del defunto
esistenti alla data di apertura della successione, senza
esclusione, purché sussistano le condizioni stabilite
negli artt. da 21 a 24 (v. Cass. n. 24547-07). Il regime

6

L

di deducibilità dei debiti dalla massa ereditaria va cioè
ricostruito nel senso che tutti i debiti sono deducibili
purché sussistano le condizioni e le dimostrazioni di cui
agli artt. 21 e 23, mentre l’art. 22 prende in esame
particolari ipotesi di non deducibilità di alcuni debiti
(o di deducibilità a determinate condizioni), come quelli

contratti per l’acquisto di beni o diritti non compresi
nell’attivo ereditario.
Consegue che, ai fini della deducibilità, non è
necessario che i debiti siano stati contratti in relazione
a beni di proprietà del defunto, e compresi nell’attivo
ereditario, ben potendo essere deducibili anche debiti
diversi da questi, ove ricorrano i presupposti indicati
nelle altre norme sopra evocate (v. Cass. n. 2531-03).
Nella specie è risolutivo osservare che la sentenza
ha stabilito che il mutuo era stato contratto non per
l’acquisto di beni o di diritti, quanto per
ristrutturazione. Era ovvio allora che non poteva venire
in rilievo l’art. 22, l ° co. del d.lgs. n. 346-90, secondo
cui non sono deducibili i debiti contratti per l’acquisto
di beni o di diritti non compresi nell’attivo ereditario;
e dunque non poteva rilevare il profilo della titolarità
dei beni della cui ristrutturazione si fosse trattato. Il
profilo rilevante era unicamente quello della titolarità
del debito in capo al defunto.
VI. – L’accoglimento del terzo motivo determina
l’assorbimento del quarto, col quale la ricorrente,
deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e

7

22, 1 ° co., del d.lgs. n. 346-90, osserva con riferimento
al medesimo capo di sentenza che in ogni caso l’importo
della passività avrebbe dovuto essere riconosciuto in
misura pari alla quota di partecipazione del

de cuius

nella società Agricola Fiorentina, caduta in successione.
VII. – Vanno esaminati congiuntamente il quinto e il

sesto motivo del ricorso incidentale.
La censura di cui al quinto motivo, dedotta come
violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 22, 2 °
co., del d.lgs. n. 346-90, attinge il capo della decisione
d’appello che ha confermato l’esclusione dal passivo
ereditario dell’importo di cui alle cambiali agrarie. La
ricorrente denunzia che le cambiali erano relative a un
prestito a lungo termine chiesto dal

de culus

alla

provincia di Firenze in data 9 settembre 1997, accordato
con deliberazione del 16 novembre 2000. A dire della
ricorrente, si era trattato di obbligazione contratta dal
de culus nella qualità di imprenditore agricolo (il che
sarebbe risultato dai documenti prodotti nel corso del
giudizio di merito) anteriormente ai sei mesi dalla morte,
in conseguenza di un evento straordinario e imprevedibile
costituito da una straordinaria gelata dell’anno 1997,
estraneo alle sue determinazioni volitive.
La censura di cui al sesto motivo denunzia l’omessa
motivazione della sentenza circa un fatto controverso
decisivo, essendo stata immotivatamente esclusa la
deducibilità delle cambiali suddette a fronte invece del
fatto che il debito risultava provato da un documento

8

t.

prodotto in giudizio, riguardante la data di concessione
del prestito sottostante, la causale e la specifica
rateazione.
Osserva la corte che il sesto motivo, col quale si
denunzia il vizio di motivazione dell’impugnata sentenza,
è inammissibile perché non concluso dal necessario momento

di sintesi (ex art. 366-bis c.p.c.), indicativo del fatto
controverso con riguardo al quale la motivazione andrebbe
considerata omessa. Ciò si riverbera negativamente sul
quinto motivo che i di conseguenza, risulta inammissibile e
in ogni caso infondato. La censura invero prospetta fatti
che dalla sentenza non risultano (l’esser stato il debito
contratto nell’esercizio di un’impresa e
trattato

di

debito

riconducibile

a

l’essersi

domanda

di

finanziamento per eventi straordinari collocabili
nell’anno 1997). E in questo senso non può trovare
ingresso, giacché tali fatti la ricorrente vuole
suscettibili di accertamento direttamente da parte di
questa corte, in dissonanza rispetto ai noti limiti
cognitivi del giudizio di legittimità.
In ordine poi alla rilevanza del secondo di quei
fatti, su cui la censura particolarmente insiste, va detto
che tale rilevanza è da escludere in radice. La sentenza
ha negato la deducibilità dell’importo delle cambiali in
considerazione della data di emissione delle stesse,
collocabile nel periodo semestrale anteriore alla morte;
dunque in ragione del momento di insorgenza del debito
cambiario. A tal riguardo la commissione tributaria ha

9

tenuto conto anche di quanto oggi dalla ricorrente addotto
sul piano dell’obbligazione causale, circa l’essere le
cambiali conseguite a una delibera di ammissione al
credito agevolato. Indicando la data di tale delibera,
pure collocabile nei sei mesi detti (16 novembre 2000, a
fronte della successione apertasi 1’11 marzo 2001), la

commissione ha ritenuto ininfluente lo stesso legame
causale. La decisione, per questo aspetto, si sottrae a
critica in quanto, anche a seguire la tesi di parte
ricorrente, rileverebbe pur sempre la data della delibera
di finanziamento sottostante l’emissione dei titoli, che
identifica la fonte dell’obbligazione, non già la diversa
anteriore data di assunzione dell’iniziativa finalizzata a
ottenere il credito. Per cui la deduzione della passività
andrebbe comunque a infrangersi contro il limite oggettivo
temporale dettato dall’art. 22, 2 ° co., del d.lgs. n. 34690. Il quinto e il sesto motivo del ricorso incidentale
vanno dunque disattesi.
VIII. – Infine col settimo motivo la Benini denunzia
violazione e falsa applicazione degli artt. 20, l ° e 2 °
co., e 24, l ° co., del d.lgs. n. 346-90 in relazione al
capo della decisione d’appello che ha negato la
deducibilità delle spese mediche indicate al passivo
ereditario.
La sentenza ha ritenuto ostativo, in base all’art. 24
del d.lgs. cit., “il fatto che le prestazioni mediche
occorse al de cuius [fossero] state a lui fatturate”. La
ricorrente obietta che non esiste previsione “che escluda

10

che le fatture relative alle spese mediche sostenute dagli
eredi per il de cuius non debbano essere formalmente
intestate al defunto per risultare deducibili ai fini
dell’imposta di successione”.
Il motivo è fondato.
Deve essere innanzi tutto precisato che, come emerge

dalla trascrizione operata nel controricorso senza avverse
contestazioni, la sentenza di primo grado aveva stabilito
essersi trattato di “spese relative all’Istituto Europeo
di Oncologia” riferite “agli ultimi mesi di vita del
defunto (..)”. Ora, il regime di deducibilità dei debiti
dalla massa ereditaria non impone che la fattura, emessa a
corredo della spesa medica, debba essere formalmente
intestata agli eredi. In linea generale il sistema
4

afferente suppone di far fronte Kina prova legale nel
limitato senso che, ex art. 24 del d.lgs. n. 346-90, le
spese mediche e chirurgiche relative al defunto negli
ultimi sei mesi di vita, sostenute dagli eredi, comprese
quelle per ricoveri, medicinali e protesi, possano essere
dedotte “a condizione che risultino da regolari quietanze,
anche se di data anteriore all’apertura della
successione”.
L’oggetto dell’accertamento che alla commissione
tributaria si richiedeva doveva essere rapportato alla
duplice situazione di fatto (i) della esistenza di valida
quietanza e (ii) della pertinenza della spesa all’ambito
medico-chirurgico nell’ultimo semestre di vita del
defunto; non anche al profilo formale della intestazione

11

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della fattura direttamente agli eredi anziché al defuntó

;

medesimo.
IX. – Conclusivamente e per le esposte ragioni
l’impugnata sentenza, rigettato il ricorso principale, va
cassata in relazione al primo, al terzo e al settimo

motivi secondo e quarto e rigetto dei restanti. Segue il
rinvio alla medesima commissione tributaria regionale
della Toscana, diversa sezione, per nuovo conseguente
esame.
La commissione si uniformerà ai principi di diritto
sopra fissati e provvederà anche sulle spese del giudizio
svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie il
primo, terzo e il settimo motivo del ricorso incidentale;
dichiara assorbiti i motivi secondo e quarto e rigetta i
motivi quinto e sesto del ricorso suddetto; cassa
l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e
rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione,
alla commissione tributaria regionale della Toscana.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
quinta sezione civile, addì 19 febbraio 20í5.

Il

C(r

nsigliere e tensore

motivo del ricorso incidentale, con assorbimento dei

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