Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9956 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9956 Anno 2015
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 3562-2010 proposto da:
SCI SPA in persona del Vice Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIALE CARSO 51, presso lo studio dell’avvocato
BRUNO ANDREOZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato
FULVIO DI DOMENICO giusta delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI MILANO 6 in persona
del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che 1o rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 15/05/2015

- controricorrente

avverso la sentenza n. 53/2009 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 22/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. MARIA

udito per il ricorrente l’Avvocato DI DOMENICO che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato PUCCIARIELLO
che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

GIOVANNA C. SAMBITO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società SCI S.p.A. acquistò per atto denominato
transazione e vendita, da potere della Curatela del fallimento di

appezzamenti di terreno, con insistenti villette in costruzione.
Per quanto interessa, l’Ufficio, con distinti atti, rettificò il valore
dichiarato nell’atto sulla base di quello determinato dall’UTE, ed
irrogò le relative sanzioni. I ricorsi proposti dalla contribuente,
dopo esser stati riuniti furono, in parte, accolti dall’adita CTP e
la decisione fu confermata in appello, con la sentenza indicata in
epigrafe, dalla CTR della Lombardia, secondo cui: a) l’avviso
d’accertamento del maggior valore era motivato e congruo, in
quanto si fondava su valori di precedenti atti di trasferimenti e
della stima dell’UTE, teneva conto dello stato d’avanzamento dei
lavori ed era confermato dall’importo delle ipoteche iscritte e
delle sanatorie edilizie; b) la sanzione era legittima, essendo stata
irrogata sul valore definitivamente accertato, per tale dovendosi
intendere quello non più modificabile dall’Ufficio, una volta
emesso l’avviso di rettifica e liquidazione.
Per la cassazione di tale sentenza, ricorre la Società SCI
S.p.A. con sette mezzi, ai quali resiste l’Agenzia delle Entrate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione
degli artt. 51 e 52 del dPR n. 131 del 1986 “con riferimento alla
perizia giudiziale” acquisita nell’ambito della procedura

i

un’impresa edile, un complesso immobiliare composto da 27

fallimentare. La ricorrente sostiene che l’Ufficio doveva tener
conto del valore in quella espresso e che la sentenza è erronea
“laddove ha statuito che non vi fosse alcun obbligo di legge di

2. Col secondo motivo, si denuncia che la CTR è incorsa
in violazione degli artt. 7 della L n. 212 del 2000 e 52, co 2 bis,
del dPR n. 131 del 1986 nel negare che l’avviso impugnato
facesse “riferimento alla perizia dell’Agenzia del territorio nella
parte in cui richiama la vendita del 1996″. La ricorrente afferma,
per contro, che l’atto impositivo era motivato mediante il rinvio
alla stima dell’Agenzia del Territorio, oltre che nel testo allegato
all’avviso di rettifica e liquidazione, anche nella specificazione
successiva, che si riferiva, appunto, alla predetta compravendita,
che era stata allegata al processo verbale di contraddittorio, nel
corso della procedura di accertamento con adesione.
3. Col terzo motivo, deducendo violazione degli artt. 51 e
52 del dPR n. 131 del 1986, la ricorrente lamenta che la CTR ha
ritenuto legittima la rettifica, nonostante si fondasse su di un atto
(la compravendita del 1996) che era stato dichiarato nullo per
simulazione assoluta e che, inoltre, era stato stipulato oltre tre
anni prima di quello oggetto della ripresa.
4. Col quarto motivo, la ricorrente deduce, nuovamente, la
violazione degli artt. 51 e 52 del dPR n. 131 del 1986, per avere i
giudici d’appello individuato il valore in comune commercio del
complesso immobiliare al lordo e non al netto delle passività

tenere conto delle risultanze della CTU giudiziale depositata”.

costituite dalle iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli.
5. Col quinto motivo, si lamenta la violazione dell’art. 71
del dPR n. 131 del 1986 per avere la CTR ritenuto legittima

presupposto, ossia “la definitività del valore accertato con
sentenza passata in giudicato che statuisse sul valore del bene”.
6. Col sesto motivo, si denuncia la contraddittorietà della
motivazione della sentenza, che ha disconosciuto rilievo
probatorio alla CTU giudiziale e lo ha invece riconosciuto alla
vendita del 1996.
7. Col settimo motivo, si lamenta l’insufficienza della
motivazione in merito allo stato d’avanzamento dei lavori di
realizzazione delle villette. La ricorrente evidenzia che, mentre
nella perizia giudiziale la percentuale era indicata nella misura
del 40%, la CTR ha considerato il dato esposto dall’Agenzia del
territorio, pari al 64,42%, senza motivare come i lavori potessero
proseguire successivamente alla dichiarazione di fallimento.
8. I motivi primo, secondo, terzo, quarto, sesto e settimo,
che, attenendo tutti alla medesima questione, vanno
congiuntamente esaminati, sono infondati. 9. Va premesso che, a
norma dell’art. 52, co 1, del dPR n. 131 del 1986, l’ufficio
provvede alla rettifica, e alla conseguente liquidazione, se ritiene
che gli immobili ceduti abbiano un valore venale superiore a
quello dichiarato o al corrispettivo pattuito, ed, a tal fine, ha
“riguardo ai trasferimenti a qualsiasi titolo e alle divisioni e

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l’irrogazione delle sanzioni, senza che ne sussistesse il

perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data
dell’atto o a quella in cui se ne produce l’effetto traslativo o
costitutivo, che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o

netto di cui gli immobili sono suscettibili, capitalizzato al tasso
mediamente applicato alla detta data e nella stessa località per gli
investimenti immobiliari, nonché ad ogni altro elemento di
valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente
fornite dai comuni” ( art. 51, co 3, del dPR n. 131 del 1986). 10.
Questa Corte ha affermato che i predetti criteri di valutazione
sono assolutamente pariordinati (cfr. Cass. n. 4221 del 2006), ed,
in riferimento al criterio comparativo, ha, in particolare, rilevato
che la circostanza secondo cui deve aversi riguardo ai
trasferimenti a qualsiasi titolo ed alle divisioni e perizie
giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni, non implica
l’immodificabilità del valore risultante da detti atti, ma si limita
ad indicare un parametro certo di confronto, in base al quale
l’Ufficio deve determinare il valore del bene in comune
commercio (Cass. n. 4363 del 2011).
11. Se, a tale stregua, l’errore di diritto addebitato col
primo motivo è insussistente, va rilevato che le censure di cui ai
motivi secondo e terzo, muovono da un assunto che la CTR ha
espressamente smentito, avendo, appunto, affermato che nell’atto
“non è stato fatto alcun riferimento … alla valutazione di una
vendita avvenuta nel 1996… Non essendo stata tale vendita

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altri di analoghe caratteristiche e condizioni, ovvero al reddito

indicata nell’avviso non ne inficia, ovviamente, la validità”. 12.
Lo specifico contenuto dell’avviso, quale accertato dalla CTR,
non è stato contestato, come solo avrebbe potuto, mediante

sua ricostruzione, o mediante censura di difetto di motivazione,
di tal chè i motivi risultano inammissibili, perché volti censurare
un atto di contenuto diverso rispetto a quello accertato ed al
contempo volti a sollecitare una diversa indagine di fatto (sulla
motivazione dell’atto stessa), rimessa in via esclusiva al giudice
del merito e preclusa in questa sede di legittimità. 13. Non può,
peraltro, non rilevarsi che la pretesa del fisco resta
compiutamente fissata in riferimento alle ragioni enunciate
nell’atto impositivo, la cui motivazione, volta a garantire il
diritto di difesa del contribuente, e a delimitare, appunto,
l’ambito delle ragioni deducibili dall’ufficio nell’eventuale
giudizio, non si presta ad esser integrata, né in sede processuale,
né con atti successivi (salvo il potere di autotutela, che qui non
viene in rilievo), al contrario di quanto postula la ricorrente, che
tanto assume, proprio allo scopo di dedurre motivi d’illegittimità
dell’atto nel suo contenuto “integrato”.
14. I vizi motivazionali denunciati coi motivi sesto e
settimo sono, in parte, infondati, avendo la CTR dato conto
adeguatamente della preferenza accordata alla stima dell’UTE
rispetto alla consulenza acquisita dal giudice fallimentare (data
l’epoca della sua redazione, anteriore di ben 19 mesi l’atto di

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indicazione di specifici canoni ermeneutici, in tesi, violati, nella

trasferimento) ed, in parte, inammissibili, per la genericità delle
argomentazioni (in riferimento all’effettivo stato d’avanzamento
dei lavori), e perché relativi a dati fattuali insussistenti (asserta

che la congruità del valore attribuito al compendio ceduto
costituisce l’oggetto di un giudizio di fatto rimesso al prudente
apprezzamento del giudice di merito, di tal chè il quarto motivo
risulta inammissibile, perché censura sotto il profilo della
violazione di legge e non come vizio motivazionale, la
questione, di merito appunto, della valorizzazione del dato
economico relativo all’entità delle iscrizioni e trascrizioni
esistenti sul complesso immobiliare a riprova del relativo elevato
valore, dovendo a tanto aggiungersi che la ricorrente non riporta,
come avrebbe dovuto, il testo dell’atto impositivo, di tal chè
l’assunto, secondo cui il valore sarebbe stato assunto al lordo
delle passività, è privo di autosufficienza.
16. Anche il quinto motivo è infondato. A norma dell’art.
71 del dPR n. 131 del 1986, si applica la prevista sanzione
amministrativa “se il valore definitivamente accertato” di beni e
diritti, ridotto di un quarto, supera quello dichiarato. Pur in modo
non del tutto perspicuo, la locuzione “definitivamente accertato”
si riferisce al valore cristallizzato in seno all’atto impositivo, e,
come tale, non più modificabile da parte dell’Ufficio. 17. Tale
esegesi trova la sua conferma, in riferimento all’interpretazione
sistematica, nella disposizione di cui all’art. 76, co 4, del

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valutazione della vendita nulla del 1996). 15. Va, quindi, rilevato

medesimo decreto, secondo cui la soprattassa e “la pena
pecuniaria” devono essere applicate, a pena di decadenza, nel
termine stabilito per chiedere l’imposta cui si riferiscono,

dovesse esser irrogata a seguito del passaggio in giudicato della
sentenza che statuisse sul valore del bene, come, invece, sostiene
la contribuente. Deve, ancora, rilevarsi che la sostituzione della
pena pecuniaria con la sanzione amministrativa, per effetto
dell’art. 1, co 1 lett. c) del d.lgs. n. 473 del 1997, non modifica la
relazione tra le anzidette disposizioni, dovendo il riferimento alla
pena pecuniaria, contenuto nell’art. 76 del TUR (sanzione
prevista nell’originario testo dell’art,71 del TUR) esser correlato
alla sanzione amministrativa prevista, per l’infedele
dichiarazione di valore, dal nuovo testo dell’art,71 del TUR.
18. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come
da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,
liquidate in € 20.000,00, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2015.

disposizione che non avrebbe alcun significato, ove la sanzione

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