Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9956 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9956 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 5230-2008 proposto da:
– ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I
DIPENDENTI DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA C.F.
97095380586, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA n. 29 presso L’AVVOCATURA CENTRALE
2014
691

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
DARIO MARINUZZI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

contro

CASCIANO VINCENZO C.F. CSCVCN43P21L331B, elettivamente

Data pubblicazione: 08/05/2014

domiciliato in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso
lo studio dell’avvocato ORLANDO MARCO, rappresentato e
difeso dall’avvocato LO GIUDICE ALBERTO, giusta delega
in atti;
– controricorrente

di PALERMO, depositata il 24/09/2007 R.G.N. 2029/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato MARINUZZI DARIO;
udito l’Avvocato ORLANDO MARCO per delega LO GIUDICE
ALBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto.

avverso la sentenza n. 862/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 24.9.2007, la Corte di appello di Palermo confermava la decisione del
Tribunale di Trapani che aveva ritenuto che la base imponibile cui fare riferimento ai fini
del calcolo dell’indennità di premio servizio richiesta da Casciano Vincenzo fosse quella
relativa all’ultimo emolumento corrisposto in forza del contratto stipulato con l’A.U.S.L. di
Trapani per l’incarico di Direttore amministrativo della medesima ed aveva condannato

Riteneva la Corte territoriale che, a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto
di lavoro del Direttore amministrativo e, quindi, dalla sua natura autonoma o subordinata,
la legge (art. 3 bis d. Igs. 30.12.1992, n. 502, introdotto dall’art. 3 d. Igs. 229/99)
disciplinava in modo specifico e peculiare il rapporto giuridico previdenziale,
ontologicamente distinto dal primo, prevedendo che la base imponibile per il calcolo dei
contributi previdenziali ed assistenziali fosse costituita dal trattamento economico
corrisposto per l’incarico del Direttore amministrativo o sanitario. La formula generale ed
omnicomprensiva “contributi previdenza ed assistenza” consentiva di ritenere che la
norma si riferisse anche alla contribuzione relativa all’i.p.s. erogata dal’INPDAP, oltreché
di quella destinata al trattamento di quiescenza, per la quale operava il richiamo ai
massimali di cui all’art. 3 comma 7 d. Igs. 181/97. Tale rinvio assumeva la funzione
precisare ulteriormente il criterio di calcolo relativamente ai contributi versati ai fini del
trattamento pensionistico, ma non intendeva limitare in alcun modo la sfera di operatività
della norma, che enunciava un criterio valido per ogni tipologia di contribuzione. Era,
peraltro, contrario a criteri di razionalità prevedere per prestazioni aventi la medesima
natura previdenziale una retribuzione di riferimento radicalmente differente e pertanto
correttamente era stato ritenuto che la base di calcolo fosse quella corrisposta dall’AUSL e
non quella virtualmente spettante per il rapporto di impiego alle dipendenze della stessa
azienda, temporaneamente sospeso in virtù dell’aspettativa concessa. L’INPDAP aveva
per di più trattenuto, senza osservare alcunché, la contribuzione dovuta per l’i.p.s. versata
dall’AUSL. Non poteva, poi, secondo il giudice del gravame, aversi riguardo al contenuto
di circolari interne, in quanto prive di ogni rilievo normativo e di carattere non vincolante.
Per la cassazione della decisione ricorre l’INPDAP, affidando l’impugnazione ad un unico
motivo, cui resiste il Casciano, con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

l’INPDAP alla corresponsione dell’indennità così determinata.

L’INPDAP denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis del d. Igs. 30.12.1992, n.
502, come modificato dall’art. 3 del d. Igs. 19 giugno 1999 n. 229, violazione e falsa
applicazione dell’art. 3, comma 7, del d. Igs. 191/97 e dell’art. 4 I. 8 marzo 1968, n. 152,
nonchè motivazione illogica ed insufficiente, osservando che, mentre nel primo periodo di
servizio reso dal Casciano, in qualità di funzionario dell’AUSL, il rapporto era connotato dal
vincolo della subordinazione, nel secondo periodo la prestazione, resa nella qualità di
e che la iscrizione all’INPDAP ed il sorgere del rapporto previdenziale con il medesimo
ente previdenziale ha come presupposto necessario la esistenza di un rapporto di lavoro
caratterizzato dal vincolo di subordinazione. Rileva che il rapporto lavorativo del Direttore
Generale, Amministrativo e Sanitario è disciplinato da un contratto di diritto privato, di
durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, stipulato ai sensi e per gli effetti di
cui alle norme del titolo III del libro V del codice civile. Osserva che è solo il rapporto di
lavoro dipendente a comportare l’obbligo di iscrizione dall’INPDAP, con la conseguenza
che la retribuzione dell’ultimo anno da utilizzare come base per il calcolo dell’IPS deve
essere quella dovuta per il rapporto di lavoro cui è geneticamente collegato l’obbligo di
iscrizione all’INPDAP. Evidenzia che il richiamo all’art. 3, comma 11, del d. Igs. 229/99
non acquisisce rilievo ai fini considerati, perché la norma richiamata si applica
esclusivamente al trattamento pensionistico e non alla liquidazione dell’i.p.s., come
confermato dalla previsione dei massimali di cui all’art. 3, comma 7, del d. I.vo 181/97, che
attiene al trattamento pensionistico.
Il ricorso è infondato.
In continuità con l’orientamento giurisprudenziale già espresso da questa Corte, deve
ritenersi che il servizio prestato da un dipendente di un ente locale a seguito di nomina a
direttore generale, amministrativo e sanitario di una AUSL, è utile ai fini del trattamento di
quiescenza e previdenza, ai sensi dell’art. 3 bis d.lgs. n. 502 del 1992, come aggiunto
dall’art. 3 del d.lgs. n. 229 del 1999, e che per esso le amministrazioni di appartenenza
effettuano il versamento dei contributi previdenziali commisurati al trattamento economico
corrisposto per l’incarico conferito. Ne consegue che la misura dell’indennità’ premio di fine
servizio, dovuta al dipendente, si determina in relazione al trattamento retributivo di cui
all’art. 4 della legge n. 152 del 1968, fruito dal dipendente in relazione all’incarico (cfr.
Cass. 13 maggio 2008, n. 11925 e, in senso conforme, Cass. 18 novembre 2011, n.
24286 e Cass., 22 dicembre 2011 n. 28510).
2

direttore amministrativo, era caratterizzata dalla assenza di ogni vincolo di subordinazione

E’ stato osservato che:
la misura dell’indennità premio di fine servizio, dovuta ai dipendenti degli enti locali, è
determinata dalla L. 8 marzo 1968, n. 152, art. 4 in un quindicesimo della retribuzione
contributiva degli ultimi dodici mesi in ragione dell’80 per cento per ogni anno di iscrizione
all’Istituto; che la norma specifica, da applicare alla controversia, è rappresentata dal D.
Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, aggiunto dal D. Lgs. 16 giugno 1999, n. 229, che al
comma 11 così dispone: “La nomina a direttore generale, amministrativo e sanitario
determina per i lavoratori dipendenti il collocamento in aspettativa senza assegni e il diritto
al mantenimento del posto. L’aspettativa è concessa entro sessanta giorni dalla richiesta.
Il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza. Le
amministrazioni di appartenenza prowedono ad effettuare il versamento dei contributi
previdenziali ed assistenziali comprensivi delle quote a carico del dipendente, calcolati sul
trattamento economico corrisposto per l’incarico conferito nei limiti dei massimali di cui al
D.Lgs. 24 aprile 1997, n. 181, art. 3, comma 7, e a richiedere il rimborso di tutto l’onere da
esse complessivamente sostenuto all’unità sanitaria locale o all’azienda ospedaliera
interessata, la quale procede al recupero della quota a carico dell’interessato”; che
l’espressione “trattamento di quiescenza e di previdenza” è tale da comprendere la totalità
dei diritti spettanti al lavoratore dipendente in derivazione dalla cessazione del rapporto di
lavoro che, d’altra parte, la natura previdenziale dell’indennità di fine di servizio è affermata
dalle Sezioni unite della Corte (vedi sentenza 13 maggio 2005, n. 11329).
E’ stato poi evidenziato che nessuna rilevanza è possibile attribuire alla natura del
rapporto di lavoro che si instaura con l’azienda sanitaria a seguito del conferimento della
nomina a direttore generale (ovvero amministrativo o sanitario), qualificato esplicitamente
dal legislatore come autonomo e di diritto privato, atteso che la disciplina speciale
stabilisce la permanenza del rapporto di lavoro dipendente (a mezzo dell’istituto
dell’aspettativa senza assegni) ed obbliga il datore di lavoro al pagamento dei contributi da
calcolare sul trattamento economico che il dipendente riceve in conseguenza dell’incarico
di direttore; che, pertanto i contributi sono pagati in relazione al rapporto di lavoro
subordinato e si considera retribuzione figurativa quella parametrata al compenso
collegato alla carica, mentre il debitore è identificato nel datore di lavoro, ancorché gli
venga attribuito il diritto al rimborso nei confronti 4e1 soggetto che utilizza la prestazione
durante il periodo di aspettativa (cfr. Cass. 11925/2008 cit.).

3

.
_

Infine, è stata rilevata la compatibilità costituzionale dell’interpretazione accolta, atteso che
il riferimento della L. n. 152 del 1968 alla retribuzione dell’ultimo anno di servizio ben
consente, in generale, il computo di aumenti retributivi conseguiti in prossimità della
cessazione del rapporto di lavoro, mentre l’intervento della Corte costituzionale (sentenza
n. 421 del 1991) ha riguardato la diversa e particolare ipotesi della diminuzione retributiva
cagionata dal passaggio dal tempo pieno al tempo parziale, introducendo nell’ordinamento
servizio a tempo pieno o, rispettivamente, ai periodi di servizio a tempo parziale (così
Cass.11925/08 cit.).
Per tali considerazioni il ricorso deve essere respinto, in mancanza di ulteriori specifici
rilievi specificamente proposti quanto alla applicabilità del massimale stabilito dal D. Igs
181/1997, art. 3, comma7°.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza dell’INPDAP e si liquidano nella
misura di cui al dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’istituto al pagamento delle spese del presente
giudizio, liquidate in euro 100,00 per esborsi ed in euro 3000,00 per compensi
professionali, oltre accessori come per legge.
Così deciso in ROMA, il 26.2.2014

la regola del proporzionamento dell’ammontare dell’indennità ai periodi pregressi di

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