Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9956 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. VI, 05/05/2011, (ud. 07/04/2011, dep. 05/05/2011), n.9956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS) in persona del Dirigente con incarico di

livello generale – Direttore della Direzione Centrale Prestazioni,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, rappresentato

e difeso dagli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, FAVATA EMILIA, giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.B.S.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2616/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

9.12.09, depositata il 29/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FINOCCHI

GHERSI Renato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa e’ stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 7 aprile 2011 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 c.p.c.:

“Con ricorso notificato in data 20 aprile – 3 maggio 2010, l’INAIL chiede con un unico motivo, relativo alla violazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 e del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 74 la cassazione della sentenza depositata il 29 dicembre 2009 e notificata il 5 marzo 2010, con la quale la Corte d’appello di Lecce, riformando la sentenza di primo grado, l’aveva condannato a liquidare a D. B.S.C. l’indennizzo in capitale corrispondente a un danno biologico nella misura dell’8% conseguente ad una malattia professionale denunciata come manifestata in data 2 maggio 1991, con aggravamento denunciato il 30 dicembre 2002.

L’intimato non si e’ costituito in questa sede.

Il procedimento e’ regolato dall’art. 360 c.p.c. e segg. con le modifiche e integrazioni successive, in particolare di quelle apportate dalla L. 18 giugno 2009, n. 69.

Il ricorso e’ manifestamente fondato e va pertanto trattato in camera di consiglio per essere accolto.

Come ricordato anche dalla difesa dell’INAIL, il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 introduce un nuovo sistema di liquidazione del danno conseguente agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali, prevedendo per la prima volta la liquidazione del danno biologico (pertanto indipendentemente da una riduzione della capacita’ di produzione di un reddito da parte del lavoratore colpito) – in capitale, in caso di menomazioni di grado pari a 6% e inferiore a 16% e mediante una rendita, per le menomazioni di grado superiore -, aggiungendo in quest’ultimo caso una ulteriore quota di rendita per le conseguenze patrimoniali, commisurata al grado di menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e sulla base di una apposita nuova tabella dei coefficienti.

In precedenza, la disciplina relativa alla materia degli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali, stabilita dal D.P.R. n. 1124 del 1965, prevedeva viceversa un indennizzo dei postumi permanenti rappresentati da una riduzione della capacita’ lavorativa del dipendente oltre la soglia del 10%, secondo quanto stabilito dall’art. 74 del decreto presidenziale citato, superata anche solo in caso di aggravamento successivo dipendente dal medesimo infortunio o malattia professionale (D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 83, comma 8).

Tale diversita’ di disciplina giustifica la disposizione della L. n. 38 del 2000, art. 13 secondo la quale il nuovo sistema e’ applicabile unicamente per “i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro e a malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 5”, (poi emanato il 12 luglio 2000), laddove la locuzione “verificatisi o denunciati” si riferisce chiaramente agli infortuni e alle malattie professionali, che sono oggetto della denuncia di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 52 e 53 e non i danni che superino la soglia indicata dalla legge, accettabili unicamente a posteriori anche quanto alla decorrenza degli stessi (diversamente, del resto, ne deriverebbe l’impossibilita’ di stabilire a priori i criteri con cui operare la valutazione in un caso, come quello in esame, di aggravamento successivo dei danni da malattia professionale insorta o denunciata prima della nuova disciplina).

Poiche’ nel caso in esame la malattia professionale, del cui aggravamento si trattava, era stata originariamente denunciata (e quindi si era verificata e manifestata: arg. D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 135) in data 2 maggio 1991, i relativi postumi permanenti andavano valutati in termini di incidenza sulla attitudine al lavoro (ed in tale ottica erano stati considerati dall’originaria domanda del D.B. e dal successivo atto di appello) e avrebbero potuto dar luogo ad una rendita per inabilita’ permanente solo in caso di riduzione di tale attitudine in misura superiore al 10%.

La Corte territoriale non si e’ attenuta a tale regola, attribuendo all’assicurato un indennizzo in capitale in relazione ad un danno biologico valutato nella misura dell’8%, senza peraltro tener conto neppure del fatto che il C.T.U. aveva indicato tale misura come percentuale di riduzione della capacita’ lavorativa, calcolata con criteri legali tutt’affatto diversi da quelli riferibili al danno biologico”.

Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, valutando conseguentemente il ricorso manifestamente fondato, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Rilevando che quest’ultima non e’ stata impugnata dal D.B., in ipotesi, per lamentare la sua mancata corrispondenza rispetto alla domanda e ribadire la propria tesi di una riduzione della propria capacita’ lavorativa superiore al 10%, in conseguenza della malattia professionale denunciata, la causa, non richiedendo ulteriori accertamenti in fatto, puo’ essere decisa nel merito, col rigetto della domanda di questi.

Le ragioni illustrate a sostegno dell’accoglimento del ricorso e quanto indicato relativamente allo svolgimento del processo inducono questa Corte a compensare integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta la domanda del D.B.; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Cosi’ deciso in Roma, il 7 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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