Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9955 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 15/04/2021), n.9955

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35762/2019 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

P.G.;

– intimata –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

della Campania il 18 luglio 2018 n. 6966/08/2018, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020 n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 23 febbraio 2021

dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania il 18 luglio 2018 n. 6966/08/2018, non notificata, che, in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per redditi di impresa non dichiarati nell’anno 2011 in dipendenza della qualità di socio accomandante nella “Renet di F.F. S.a.s.”, ha accolto l’appello proposto da P.G. nei suoi confronti avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli col n. 21827/09/2016, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha riformato la decisione di primo grado, sul presupposto che l’attribuzione del reddito evaso al socio accomandante avrebbe richiesto la prova del suo concorso nell’illecito tributario con il socio accomandatario, stante l’assenza di potere gestorio. P.G. è rimasta intimata. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso con il procedimento ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta redatta dal relatore designato è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state depositate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con unico motivo, si denuncia violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 37, comma 3, e art. 2320 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR ecluso l’imputabilità al socio accomandante dei redditi non dichiarati della società in accomandita semplice.

Ritenuto che:

1. Preliminarmente, si deve rilevare d’ufficio la nullità dell’intero giudizio per la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario.

1.1 Invero, secondo il consolidato indirizzo della Corte, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione effettiva degli stessi, comporta che il ricorso proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (tra le tante: Cass., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815; da ultima: Cass., Sez. 5″, 25 gennaio 2021, n. 1441).

1.2 Nel caso di specie, con avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2011, l’Agenzia delle Entrate accertava a carico della “Renet di F.F. S.a.s.” un reddito di impresa non dichiarato per Euro 290.269,00, da imputare ai soci ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5. Avverso l’avviso di accertamento, il curatore della “Renet di F.F. S.a.s.”, medio tempore fallita, non presentava impugnazione, ma il socio accomandante, P.G., impugnava l’atto impositivo. Invero, trattandosi dell’impugnazione dell’avviso di accertamento avente ad oggetto il reddito da partecipazione pro quota della socia accomandante, sussiste il litisconsorzio necessario tra la società ed i soci, restando irrilevante la mancata impugnazione da parte del socio accomandatario dell’avviso di accertamento del maggior reddito da partecipazione ai fini dell’IRPEF.

Inoltre, l’instaurazione ex novo del contraddittorio dovrà riguardare, oltre al socio accomandatario in proprio (ed eventuali altri soci), anche il curatore del fallimento, ove il fallimento non sia ancora chiuso, al quale soltanto spetta, eventualmente, di far valere il difetto di capacità processuale del socio accomandatario dichiarato fallito (così: Cass., Sez.5″, 30 aprile 2014, n. 9434, secondo cui l’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d’imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, dev’essere notificato, non solo al curatore, in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione dei beni e delle attività acquisiti al fallimento, ma anche al contribuente, non potendo attribuirsi carattere assoluto alla perdita della capacità processuale conseguente alla dichiarazione di fallimento, la quale può essere eccepita esclusivamente dal curatore, nell’interesse della massa dei creditori).

1.3 E’ stato anche detto che, in tema di contenzioso tributario, il socio accomandante, quale contribuente e, dunque, soggetto passivo del rapporto tributario, esposto alla definitività dell’atto impositivo, è legittimato ad impugnare l’avviso di accertamento tributario inerente a crediti IVA ed IRAP della società, i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento di quest’ultima, sussistendo, peraltro, nel relativo giudizio litisconsorzio necessario con il curatore ed il socio accomandatario in ragione dell’unitarietà di detto accertamento che è alla base dell’imputazione dei redditi a ciascun socio (Cass., Sez. 6- 5, 28 luglio 2016, n. 15748). 1.4 Infine, la Corte Costituzionale, con recentissima sentenza n. 201 del 17 settembre 2020, ha ritenuto infondati i dubbi di costituzionalità del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5, comma 1, proprio con riguardo alla posizione del socio accomandante, dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., comma 2, art. 53 Cost., comma 1, e art. 113 Cost., comma 2.

2. Dunque, si deve dichiarare la nullità della sentenza impugnata e dell’intero giudizio, con rimessione delle parti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte dichiara la nullità della sentenza impugnata e dell’intero giudizio; cassa la sentenza impugnata e rimette le parti innanzi alla Commissione Tributarla Provinciale di Napoli, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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