Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9954 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. I, 26/04/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.L. ((OMISSIS)), G.L.

((OMISSIS)) e G.E. ((OMISSIS)),

domiciliati in Roma, piazza Augusto Imperatore 22, presso l’avv.

Pottino G. che li rappresenta e difende unitamente all’avv. C. Zauli,

come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Ministero della Giustizia, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che per legge lo

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto n. 843/2007 cron. della Corte d’appello di Ancona,

depositato il 27 dicembre 2007;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

Udite le conclusioni de P.M., Dr. RUSSO Libertino Alberto, che ha

chiesto il rigetto o l’inammissibilità di entrambi i ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Ancona ha condannato il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 5.400 in favore di G.E. e di Euro 10.800 in favore di G. L. e G.L., che avevano proposto domanda di equa riparazione per a durata irragionevole di un giudizio di risarcimento dei danni, per la morte in incidente stradale di G.G., promosso il 17 febbraio 1990 e definito in primo grado dal Tribunale di Rimini il 14 novembre 2003.

Ricorrono per cassazione G.L., G.L. e G. E., rispettivamente madre e fratelli del defunto G. G., e deducono violazione di legge e vizio di motivazione.

Lamentano in particolare che i giudici del merito non abbiano computalo la durata del processo penale, conclusosi con una sentenza di patteggiamento, abbiano limitato a soli nove anni, anzichè determinarla in dieci anni e nove mesi, la durata dei processo civile eccedente la ragionevolezza, abbiano sottovalutato la portata del giudizio e considerato di scarsa entità il pregiudizio subito da C.E., sol perchè minorenne all’epoca dell’inizio del giudizio civile, negando comunque la liquidazione di un danno esistenziale e biologico, per il cui accertamento avevano vanamente richiesto l’ammissione di una consulenza d’ufficio.

Resiste con controricorso il Ministero convenuto, che ha altresì proposto ricorso incidentale, lamentando la mancata considerazione della complessità del procedimento ai fini, della determinazione della sua durata ragionevole.

I ricorrenti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ha disposto la riunione del ricorso principale e di quello incidentale ai sensi dell’art. (Ndr: testo originale non comprensibile).

Il ricorso principale è fondato nei limiti di cui si dirà.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, “il giudice investito della domanda di equa riparazione del danno derivante dalla irragionevole durata dei processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, deve preliminarmente accertare se sia stato violato i termine di ragionevole durata, identificando puntualmente quale sia la misura della durata ragionevole del processo in questione, essendo questo un elemento imprescindibile, logicamente e giuridicamente preliminare, per il corretto accertamento dell’esistenza del danno e per l’eventuale liquidazione dell’indennizzo” (Cass., sez. 1, 9 settembre 2005, n. 17999, m. 584619).

Nel caso in esame i giudici del merito hanno determinato in quattro anni la durata ragionevole della procedura e, quindi, in nove anni L’eccedenza irragionevole della sua durata.

Questa valutazione non è corretta, perchè, secondo la giurisprudenza di questa corte, non è ragionevole la durata di un giudizio di primo grado che si protragga per oltre tre anni. Me la pluralità di parti rende di per se particolarmente complesso un procedimento per omicidio colposo da incidente stradale. Deve pertanto determinarsi in dieci anni e nove mesi la durata irragionevole del processo civile di primo grado, respingendo il ricorso Incidentale dell’amministrazione.

I ricorrenti hanno richiesto il computo anche della durata del giudizio penale. Ma non hanno neppure allegato di essersi costituite parti civili in quel giudizio, peraltro durato non oltre due anni; e quindi non possono lamentarne la durata irragionevole (Cass., sez. 1, 10 febbraio 2006, n. 2969, m. 588803).

Errata è anche la determinazione dell’indennizzo in favore di G.E., posto che la sua minore età non può giustificare da sola il dimezzamento dell’indennizzo. Nè appare corretta la determinazione dell’indennizzo in favore di G.L. e G. L..

In realtà la giurisprudenza ha “individuato nell’importo compreso tra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 la base di calcolo dell’indennizzo per ciascun anno in relazione al danno non patrimoniale, da quantificare poi in concreto avendo riguardo alla natura e alle caratteristiche di ciascuna controversia” (Cass., sez. 1, 26 gennaio 2006, n. 1630, ti. 585927). E quindi, considerata in dieci anni e nove mesi la durata irragionevole del giudizio di primo grado, va determinata in Euro 11.000 la misura dell’indennizzo da liquidare a G.L. e G.L..

Considerata la natura della controversia e l’età che il ricorrente aveva all’inizio del giudizio, l’indennizzo va analogamente rideterminato anche per G.E. in complessivi Euro 11.000, in ragione Euro 1.000 per ciascun anno di ritardo.

I ricorrenti hanno lamentato anche il mancato riconoscimento del danno esistenziale e del danno biologico. Ma il danno esistenziale non costituisce una categoria autonoma di pregiudizio, rientrando nel danno non patrimoniale già liquidato (Cass., sez. un., 16 febbraio 2009, n. 3677, m. 608130); mentre il danno biologico, che non è presunto (Cass., sez. 1, 16 marzo 2007, n. 6294, m. 599903), non può essere invocato senza almeno allegare una specifica malattia.

Il decreto impugnato va pertanto cassato. Tuttavia, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la cassazione può essere disposta senza rinvio e l’indennizzo determinato come già precisato.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, accoglie il ricorsi principali, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento in favore di ciascuna ricorrente della somma di Euro 11.000,00, oltre interessi legali dalla domanda. Condanna l’amministrazione resistente alle spese, liquidando quelle relative alla fase di merito in complessivi Euro 1.500, di cui Euro 800 per onorari ed Euro 600 per diritti, quelle relative alla fase di legittimità in complessivi Euro 1.400, di cui Euro 1.300 per onorari.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

 

 

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