Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9954 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 15/04/2021), n.9954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIOTTI Lucio – Presidente –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 35117/2019 R.G., proposto da:

l’Agenzia delle Entrate con sede in Roma, in persona del Direttore

Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;

– ricorrente –

contro

P.P.;

– intimato –

Avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale

della Basilicata il 13 settembre 2018 n. 439/03/2018, non

notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata (mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28

ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, convertito nella L. 18

dicembre 2020 n. 176, con le modalità stabilite dal decreto reso

dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del

Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020) del 23 febbraio 2021

dal Dott. Lo Sardo Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata il 13 settembre 2018 n. 439/03/2018, non notificata, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento per l’IVA relativa all’anno d’imposta 2006, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti di P.P. avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Potenza il 6 marzo 2014 n. 243/03/2014, con compensazione delle spese giudiziali. La Commissione Tributaria Regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che l’amministrazione finanziaria non avesse adempiuto all’obbligo di avvertire il contribuente circa la preclusione all’utilizzo in sede amministrativa e contenziosa di documenti ed atti non allegati su sua richiesta. P.P. è rimasto intimato. Ritenuta la sussistenza delle condizioni per definire il ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., la proposta formulata dai relatore è stata notificata al difensore della parte costituita con il decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. In vista dell’odierna adunanza non sono state presentate memorie.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver erroneamente ritenuto che le notizie fornite ed i documenti prodotti dal contribuente potessero trovare ingresso nella sede contenziosa, in mancanza dell’avvertimento di inutilizzabilità in sede amministrativa ed in sede contenziosa di documenti ed atti non allegati su sua richiesta.

2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51 e 55 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente ritenuto che l’amministrazione finanziaria fosse stata inadempiente all’obbligo di avvertire il contribuente circa la preclusione all’utilizzo in sede amministrativa e contenziosa di documenti ed atti non allegati su sua richiesta.

Ritenuto che:

1. I motivi – di cui è opportuno l’esame congiunto per la stretta ed intima connessione – sono fondati.

1.1 Invero, in tema di accertamento fiscale, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa soltanto ove l’amministrazione finanziaria dimostri che vi era stata una puntuale richiesta degli stessi, accompagnata dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza, e che il contribuente ne aveva rifiutato l’esibizione, dichiarando di non possederli, o comunque sottraendoli al controllo, con uno specifico comportamento doloso volto ad eludere la verifica (tra le altre: Cass., Sez. 5, 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., Sez. 5, 7 dicembre 2018, n. 31721).

Si è detto, infatti, che l’invio del questionario da parte dell’amministrazione finanziaria, previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 4, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51, comma 5, assolve alla funzione di assicurare – in rispondenza ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione propri degli obblighi di solidarietà della materia tributaria – un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per favorire la definizione delle reciproche posizioni, essendo necessario che l’amministrazione finanziaria fissi un termine minimo per l’adempimento degli inviti o delle richieste, avvertendo il contribuente delle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle stesse senza che, in caso di mancato rispetto della suddetta sequenza procedimentale (la prova della cui compiuta realizzazione incombe sull’amministrazione finanziaria), sia invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo con l’introduzione del processo tributario, trattandosi di obblighi di informativa espressione del medesimo principio di lealtà, il quale deve connotare – ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, artt. 6 e 10 – l’azione dell’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5″, 27 settembre 2013, n. 22126; Cass., Sez. 5, 24 novembre 2020, n. 2646).

1.2 Aggiungasi che la dichiarazione del contribuente di non aver potuto rispondere al questionario su invito dell’amministrazione finanziaria per causa a lui non imputabile – che egli, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 5, , può formulare al fine di impedire la produzione degli effetti previsti dal comma 4 (impossibilità che le notizie non fornite siano prese in considerazione a suo favore) – deve essere fatta in modo chiaro ed esplicito nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, pur non richiedendosi la prova contestuale della non imputabilità della causa dell’inadempimento (Cass., Sez. 5″, 30 dicembre 2009, n. 28049).

1.3 Tale indirizzo è stato recentemente ribadito da questa Corte con la precisazione che la mancata risposta al questionario costituisce logicamente rifiuto di produrre la documentazione richiesta e, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 5, è inutilizzabile la documentazione non prodotta in risposta al questionario salva l’ipotesi (non ricorrente nella fattispecie in esame), dell’eventuale giustificazione della mancata produzione in sede di risposta al questionario (Cass., Sez. 5, 4 settembre 2020, n. 18405);

1.4 Nella specie, il giudice di appello ha fatto malgoverno dei principi enunciati, trascurando di rilevare che l’avvertimento (con l’espressa indicazione delle conseguenze dell’inottemperanza) era inequivocabilmente contenuto nel corpo del questionario in discussione ed era corredato dalla specifica elencazione dei documenti richiesti al contribuente (pagina 7 del ricorso, ove si legge la seguente trascrizione dell’avviso di accertamento: “Il sottoscritto Direttore (…) avverte che: (…) 2) le notizie e i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, come integrato dalla L. 18 febbraio 1999, n. 28, art. 25”; “Ai fini del controllo sostanziale imposte dirette, IRAP e IVA si richiede l’esibizione di tutta la documentazione amministrativa contabile come da sottindicata elencazione: – registro IVA acquisti; registro IVA fatture emesse; – registro IRPEF pagamenti e incassi; registro beni ammortizzabili; – le fatture attive e passive dell’anno

2005; i documenti di contabilità non IVA (es.: contabili bancarie, etc.,) dell’anno 2006; – copia dei libri matricola e paga con esibizione degli originali per autentica delle copie da parte dell’addetto al ritiro della documentazione (…); – la dichiarazione fiscale per il periodo di imposta 2006 presentata nell’anno 2007 (IPREF, IRAP, IVA e sostituti di imposta) con le attestazioni di presentazione dell’originale; – altra eventuale documentazione in vostro possesso (comunicazione dati certificati di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi)”). 2. Alla stregua delle precedenti argomentazioni, si deve accogliere il ricorso e cassare la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Basilicata, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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