Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9950 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9950 Anno 2015
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente –

contro
Berica Hygiene spa,

in persona del

legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in
Roma Via dei Monti Paioli 48, presso lo studio del
Prof. Avv.to Giuseppe Marini, che la rappresenta e
difende in forza di procura speciale a margine del
controricorso
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/16/2008 della Commissione
Tributaria regionale del Veneto, depositata il
22/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 30/01/2015 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi l’Avvocato dello Stato, Barbara Tidore, per
parte ricorrente, e l’Avv.to Ulisse Corea, su
delega, per parte controricorrente;

Data pubblicazione: 15/05/2015

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale e per
l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto
dell’incidentale.
Ritenuto in fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per
cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti

Commissione Tributaria Regionale del Veneto n.
34/16/2008, depositata in data 22/12/2008, con la
quale – in una controversia concernente
l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso
per maggiori IRPEG ed IRAP dovute nell’anno 2002, a
seguito di rettifica del reddito d’impresa e del
mancato riconoscimento della deducibilità di costi
per acquisti di merce effettuati nei paesi facenti
parte della c.d. “black list”, aventi regimi
fiscali privilegiati, spese non separatamente
indicate,

“nei

righi

RF32

e RF50”,

della

dichiarazione dei redditi (avendo peraltro la
contribuente,

nell’agosto

2005,

prima

della

notifica dell’avviso di accertamento, ma
successivamente alla notifica del processo verbale
di constatazione, presentato, ai sensi dell’art.2
comma 8 DPR 322/1998, dichiarazione integrativa per
correggere l’errore commesso nella precedente
dichiarazione dei redditi, con indicazione separata
della spesa sostenuta con impresa domiciliata in un
Paese a fiscalità privilegiata) – è stata
parzialmente confermata la decisione di primo
grado, che aveva accolto il ricorso della
contribuente.
I giudici di primo grado,
l’effettività

dell’operazione

2

considerato che
commerciale,

della Berica Hygiene srl, avverso la sentenza della

b.

richiesta dal comma 11 prima parte dell’art.110 del
TUIR (già art.76), non era stata neppure contestata
dall’Ufficio,

“mera formalità”

ritenevano una

l’omessa separata indicazione, nella dichiarazione
dei redditi, dei relativi ammontari dedotti.
I giudici d’appello, nel rigettare in parte il
gravame dell’Agenzia delle Entrate (fondato sulla
nuova disciplina introdotta con la Finanziaria del

more del giudizio di secondo grado),

hanno

sostenuto che, come emergente dall’esame degli
atti, l’operazione commerciale, sebbene effettuata
con un Paese (la Malesia) rientrante nella c.d.
“black list”,

aveva avuto un effettivo interesse

economico ed una concreta esecuzione. Inoltre, la
ditta

Berica

integrativa

aveva
per

presentato

sanare

dichiarazione

l’errore

formale,

dichiarazione integrativa cui non è assimilabile
l’istituto

del

ravvedimento

operoso,

non

determinandosi alcuna rettifica né in aumento né in
diminuzione del reddito. I giudici hanno, peraltro,
rideterminato le sanzioni dovute in C 750,00.
L’intimata ha depositato controricorso e ricorso
incidentale, affidato a quattro motivi.
La stessa parte ha altresì depositato memoria ex
art.378 c.p.c.
Considerato in diritto.
1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con
unico motivo, la violazione e falsa applicazione,
ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt.1, commi 302 e
303 legge 296/2006, 2, comma 8, DPR 322/1998, 8,
comma 3 bis, d.lgs. 471/1997 e 13 d.lgs. 472/1997,
avendo i giudici respinto la richiesta dell’Ufficio
di rideterminazione della sanzione nella misura
proporzionale del 10% dei costi non dichiarati

3

2007, la legge 296/2006, entrata in vigore nelle

originariamente (da un minimo di C 500,00 ad un
massimo di C 50.000,00), prevista dall’art.1 comma
302, 1.296/2006 (nuovo comma 3 bis dell’art.8
d.lgs. 471/1997), in sostituzione della più grave
sanzione della indeducibilità dei costi, anche per
le violazioni anteriori alla sua entrata in vigore
(a condizione che il contribuente fornisca la prova
di cui all’art.110, comma l, del TUIR), non essendo

contribuente, dopo l’avvio dei controlli fiscali,
di una dichiarazione di rettifica o correzione
della dichiarazione.
2. La contribuente, nel ricorso incidentale, ha
proposto quattro motivi, in relazione alla parte
della sentenza in cui la CTR ha statuito, in danno
della stessa, l’irrogazione della sanzione di E
750,00, ed alla pronuncia di compensazione delle
spese processuali.
Con il primo motivo, la società lamenta l’omessa
e/o l’insufficiente motivazione circa un fatto
decisivo e controverso, ex art.360 n. 5 c.p.c., non
avendo i giudici d’appello motivato circa la
quantificazione in C 750,00 della sanzione
comminata a carico della stessa contribuente. In
riferimento alla stessa statuizione, la ricorrente
incidentale denuncia altresì la violazione e falsa
applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., dell’art.8
comma primo, d.lgs. 471/1997 e 12 d.lgs. 472/1997,
in quanto i giudici d’appello avrebbero dovuto
quantificare la sanzione in C 322,50 (C 258,00,
minimo edittale previsto dal coma l ° dell’art.8
d.lgs. 471/1997, aumentato di un quarto ai sensi
dell’art.12 d.lgs. 472/1997), trattandosi di
violazione

relativa

al

contenuto

ed

alla

documentazione delle dichiarazioni, posta in essere

4

ostativa la presentazione, da parte della

con una sola omissione e che ha comportato la
violazione di due distinte disposizioni in materia
di dichiarazione, ai fini IRPEG ed IRAP.
Con il terzo ed il quarto motivo, la ricorrente in
via incidentale censura poi la statuizione della
sentenza impugnata in punto di compensazione delle
spese processuali, nonostante la sostanziale
soccombenza dell’Agenzia delle Entrate, denunciando

contraddittoria motivazione, ex art.360 n. 5
c.p.c., sia un vizio di violazione e/o falsa
applicazione, ex art.360 n. 3 c.p.c., degli artt.15
d.lgs. 546/1992 e 91 comma primo c.p.c..
3. La censura del ricorso principale è fondata.
3.1. Nella versione in vigore sino al 31 dicembre
2003, l’art. 76 d.p.r. 917/1986 recita:

“…7-bis.

Non sono ammessi in deduzione le spese e
gli

altri componenti negativi derivanti da

operazioni intercorse tra imprese residenti ed
imprese domi ciliate fiscalmente

in

Stati

o

territori non appartenenti all’Unione europea
aventi regimi fiscali privilegiati. … 7-ter. Le
disposizioni di cui al comma

7-bis

non

si

applicano quando le imprese residenti in Italia
forniscano

che le imprese estere

la prova

svolgono prevalentemente un’attività commerciale
effettiva, ovvero che le operazioni poste in essere
rispondono ad un effettivo interesse economico e
che le stesse hanno avuto concreta esecuzione).
… La deduzione delle spese e

degli

altri

componenti negativi di cui al comma 7-bis è
comunque subordinata alla separata indicazione
nella dichiarazione del redditi dei relativi
ammontari dedotti …”.
In termini perfettamente identici si esprime, ai

5

sia un vizio di omessa, insufficiente o

commi 10 e 11,

l’art. 110 d.p.r. 917/1986, nel

testo in vigore dal l gennaio 2004 all’i gennaio
2007.
Le norme vigenti sino al 31 dicembre 2006, dunque,
sancivano l’indeducibilità dei costi scaturenti da
operazioni intercorse con soggetti residenti in
Stati o territori a fiscalità privilegiata (cd.
Paesi black list),

ove non risultasse provato che i

commerciale ovvero che le operazioni poste in
essere rispondevano ad un effettivo interesse
economico ed avevano avuto concreta esecuzione e,
in ogni caso, ove i costi non fossero stati
separatamente indicati in dichiarazione.
3.2. Con decorrenza dall’i gennaio 2007, l’art. l,
comma 301, l. 296/2006 (finanziaria 2007) ha
modificato il testo dell’art. 110 d.p.r. 917/1986,
nella parte rilevante ai fini della presente
controversia, nei termini seguenti:

“10. Non sono

ammessi in deduzione le spese e gli altri
componenti

negativi

derivanti

da

operazioni

intercorse tra imprese residenti ed imprese
domiciliate fiscalmente in Stati o territori non
appartenenti all’Unione europea aventi regimi
fiscali privilegiati. 11. Le disposizioni di
cui al comma 10 non si applicano quando le
imprese residenti in Italia forniscano la prova che
le imprese estere svolgono prevalentemente
un’attività commerciale effettiva, ovvero che le
operazioni poste in essere rispondono ad un
effettivo interesse economico e che le stesse hanno
avuto concreta esecuzione. Le spese e gli altri
componenti negativi deducibili

ai

sensi

primo periodo sono separatamente indicati
dichiarazione del redditi …”.

6

del
nella

contraenti esteri svolgevano effettiva attività

Il contestuale art. l, comma 302, 1. 296/2006 ha,
poi, sancito:

“All’articolo 8 del decreto

legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il
comma 3 è aggiunto il seguente: “3-bis. Quando
l’omissione o incompletezza riguarda l’indicazione
delle spese e degli altri componenti negativi di
cui all’articolo 110, comma 11, del testo unico
delle imposte sui redditi, di cui al decreto del

917, si applica una sanzione amministrativa pari
al 10 per cento dell’importo complessivo delle
spese e dei componenti negativi non indicati nella
dichiarazione dei redditi, con un minimo di euro
500 ed un massimo di curo 50.000”.
Per la normativa entrata in vigore 1’1 gennaio
2007, dunque, la deducibilità dei costi scaturenti
da operazioni intercorse con soggetti residenti in
Paesi

Black list

risulta subordinata solo alla

prova dell’operatività dell’impresa estera
contraente o dell’effettività della transazione
commerciale. La separata indicazione in
dichiarazione dei costi suddetti è degradata,
invece, da presupposto sostanziale di relativa
deducibilità ad obbligo di carattere formale (a
garanzia, evidentemente, delle esigenze di
controllo degli uffici finanziari), passibile di
corrispondente sanzione amministrativa.
Sul tema in rassegna, l’art. l 1. 296/2006,

al

comma 303, ha, infine, ulteriormente disposto in
via transitoria:

“303. La disposizione del comma

302 si applica anche per le violazioni
commesse prima della data di entrata in vigore
della presente legge, sempre che il contribuente
fornisca la prova di cui all’articolo 110, comma
11, primo periodo, del citato testo unico delle

7
(//

Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.

imposte sui redditi. Resta ferma
l’applicazione della
all’articolo

8,

in

sanzione

comma

1,

tal
di

del

caso
cui
decreto

legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.
Il comma l sopra richiamato dell’art.8 d.lgs.
471/1997

(“Violazioni relative al contenuto ed alla

documentazione delle dichiarazioni”)

stabilisce che

“fuori dei casi previsti negli articoli 1, 2 e 5,

dell’imposta sul valore aggiunto compresa quella
periodica non è redatta in conformità al modello
approvato dal Ministro delle finanze ovvero in essa
sono omessi o non sono indicati in maniera esatta e
completa dati rilevanti per l’individuazione del
contribuente e, se diverso da persona fisica, del
suo rappresentante, nonché per la determinazione
del tributo, oppure non è indicato in maniera
esatta e completa ogni altro elemento prescritto
per il compimento dei controlli, si applica la
sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.065″.
3.3. Così delineata l’evoluzione del quadro
normativo di riferimento, dirimente ai fini della
soluzione della presente controversia si rivela
stabilire se la retroattività della normativa
innovativa sia circoscritta alla disciplina
sanzionatoria o coinvolga, invece, anche il profilo
dell’abolizione del regime di assoluta
indeducibilità dei costi non separatamente indicati
in dichiarazione.
In tale prospettiva, il dato letterale sembra
escludere la retroattività della sopravvenuta
eliminazione del previgente regime
d’indeducibilità, se non separatamente indicati in
dichiarazione, dei costi scaturenti da operazioni
intercorse con soggetti residenti e fiscalmente
/7
f”
8

se la dichiarazione ai fini delle imposte dirette o

domiciliati in Stati o territori
privilegiata”;

“a fiscalità

regime incontrastamente sancito

dalle norme succedutesi sino al 31 dicembre 2006.
Indicativa è, al riguardo, la circostanza che la
disposizione transitoria di cui all’art. l, comma
303, l. 296/2006 attribuisce, in termini testuali,
portata retroattiva esclusivamente al precedente
comma 302, che dispone in tema di sanzioni, e non

(peraltro con esplicito riferimento alla sola
previsione dell’art. 110 d.p.r. 917/1986 e non
anche alla corrispondente disposizione ancora
precedentemente vigente) del regime
d’indeducibilità dei costi in rassegna se non
separatamente indicati.
La

soluzione

non

risulta,

d’altro

canto,

inconciliabile, in termini assoluti, con il dato
sistematico; la limitazione della retroattività al
solo nuovo regime sanzionatorio può infatti, in
tale ottica, trovare una propria autonoma e
coerente giustificazione nella finalità,
evidenziata dall’Agenzia, di anticipare – fermo
restando il regime d’indeducibilità dei costi non
separatamente dichiarati – almeno l’operatività del
nuovo sistema sanzionatorio, ispirato al
sopravvenuto riconoscimento del carattere meramente
formale della violazione, sostituendolo, in via di
applicazione retroattiva, a quello previgente (cfr.
art. 1 d.lgs. 471/1997) correlato alla natura
sostanziale in allora riconosciuta alla violazione.
3.4. Tanto premesso, questa Corte ha ritenuto
necessaria una rivisitazione dell’orientamento in
materia già espresso in precedenza (cfr. Cass.
20081/14; Cass. 5398/12) nel senso
dell’irretroattività dell’abolizione del regime di

9

anche al comma 301, introducente l’eliminazione

assoluta indeducibilità dei costi non separatamente
indicati in dichiarazione.
Per quanto riguarda la disciplina “a regime”, le
innovazioni apportate dalla l. 296/2006 alla
normativa in tema di deducibilità di costi inerenti
ad operazioni commerciali intercorse con fornitori
aventi sede in Paesi a fiscalità privilegiata
sottende, indubitabilmente, l’intenzione di trovare

contribuente, rispetto a quello precedentemente
definito, nel contemperamento dell’interesse del
contribuente medesimo a poter dedurre i costi
effettivamente sostenuti, seppur nell’ambito di
operazioni intercorse con soggetti operanti in aree
fiscalmente sospette, con l’interesse erariale a
veder assicurata, in relazione ai costi riferiti ad
operazioni obiettivamente suscettibili di
ragionevole sospetto, un’efficace azione di
controllo. Punto di equilibrio che si è ritenuto di
poter raggiungere, trasformando la separata
indicazione in dichiarazione dei costi in oggetto,
da presupposto di deducibilità dei costi medesimi,
in obbligo dichiarativo amministrativamente
sanzionato; in tal modo coniugando la deducibilità
dei costi che il contribuente dimostri effettivi ed
inerenti, indipendentemente dalla relativa separata
indicazione in dichiarazione, con il mantenimento,
a fini di controllo (seppur con effetti più
circoscritti), dell’obbligo d’indicazione separata
in dichiarazione.
La ratio dell’innovazione legislativa “a regime” aderente, peraltro, ai canoni costituzionali della
capacità contributiva e dell’uguaglianza tributaria
– si proietta inevitabilmente sulla relativa
disciplina transitoria e, facendo aggio sul dato

10

un punto di equilibrio meno gravoso per il

testuale,

induce

a

leggerla

nel

senso

dell’estensione dell’applicazione retroattiva anche
all’abolizione del regime di assoluta
indeducibilità dei costi non separatamente indicati
in dichiarazione.
3.5. Peraltro, pur nella grave ambiguità del
complessivo contesto normativo, dato a conforto
della soluzione qui prescelta sembra cogliersi

296/2006, che – in esito all’affermazione
dell’efficacia retroattiva
all’art.

8,

comma

3

della sanzione di cui
bis,

d.lgs.

471/1997,

introdotto dal precedente comma 302, in ipotesi di
mancata indicazione separata dei costi black list
tuttavia comprovati nella loro effettività recita:

“Resta ferma in tal caso l’applicazione

della sanzione di cui all’articolo 8, comma 1, del
decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471”.
La norma prevede indubitabilmente, per le sole
violazioni dell’obbligo di separata indicazione
riferibili a situazioni di diritto transitorio, il
cumulo della sanzione proporzionale del 10% (entro
limiti prescritti), disposta dal sopravvenuto comma
3 bis, con la sanzione, definita nel minimo e nel
massimo, di cui al comma l dell’art. 8 d.lgs.
471/1997 e, trovando ragion d’essere solo sul
presupposto dell’estensione della retroattività
anche

all’abolizione

d’indeducibilità,

la

del

previgente

legittima

finendo, così, con il costituire

a

sua

regime
volta,

clausola di

chiusura dell’intera disciplina.
Considerata la maggior gravità per il contribuente
del previgente regime di radicale indeducibilità e,
altresì, della sanzione di cui all’art. l, comma 2,
d.lgs. 471/1997 ad esso ricollegabile, la norma non

11

nell’ultima proposizione dell’art. 1, comma 303, 1.

viola, d’altro canto, il principio di legalità. Né,
per effetto della stessa previsione normativa, può,
per le situazioni di diritto transitorio, evocarsi
il criterio di specificità.
Detti principi, che il Collegio condivide, sono
stati già affermati nelle recenti pronunce di
questa Corte nn. 4030/2015 e 6205/2015.
3.6. Inoltre, la sentenza impugnata parrebbe avere

sanzione in misura proporzionale introdotta dalla
Novella del 2006, alla dichiarazione integrativa
presentata dalla contribuente, al fine di
correggere l’omissione dell’obbligo di separata
indicazione dei costi in oggetto, successivamente
alla notifica del processo verbale di constatazione
ma prima della notifica dell’avviso di
accertamento. Ma questa Corte ha più volte ribadito
che

“dopo la contestazione della violazione, è

preclusa ogni possibilità di regolarizzazione”,
quanto,

in

“ove fosse possibile, porre rimedio alla

mancata separata indicazione delle deduzioni in
oggetto (o a qualunque altra irregolarità) anche
dopo la contestazione della violazione, la
correzione stessa si risolverebbe (come rilevato da
C. Cost 392/02) in un inammissibile strumento di
elusione delle sanzioni predisposte dal legislatore
per l’inosservanza della correlativa prescrizione”
(Cass. 5398/2012; Cass. 5670/2014).
3.7.

Di conseguenza,

il motivo del

ricorso

dell’Agenzia, nella parte in cui essa si duole
della mancata applicazione della nuova sanzione
proporzionale fissata dal comma 3 bis dell’art.8
d.lgs. 471/1997, è fondato.
4.11 primo ed il secondo motivo del ricorso
incidentale sono inammissibili.

12

dato rilievo, nel non riconoscere la debenza della

Il primo motivo, implicante vizio di omessa
motivazione,

ex art.360 n.

5 c.p.c.,

difetta

anzitutto, secondo quanto prescritto dalla seconda
parte dell’art.366 bis c.p.c., applicabile ratione
temporis,
formali

della esposizione, libera da rigidità
ma

chiara

e

sintetica,

del

fatto

controverso e decisivo, in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria.

indicata interpretazione del dettato normativo, la
sanzione di cui al comma 1 0 art.8 d.lgs. 471/1997,
per la quale il legislatore fissa un minimo ed un
massimo

(“da euro 258 a euro 2.065”), i

suddetti

motivi, da esaminarsi unitariamente in quanto
connessi,

introducono,

in

questa

sede

di

legittimità, questione nuova, quale quella
dell’applicazione del regime del cumulo giuridico
delle sanzioni, previsto dall’art. 12 del d.lgs. 18
dicembre 1997, n. 472 (cfr. Cass. 28354/2005:

“In

tema di sanzioni amministrative per la violazione
di norme tributarie, l’applicazione del regime del
cumulo giuridico delle sanzioni previsto dall’art.
12 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 può essere
richiesta soltanto nell’ambito di un “iter”
processuale corretto, che, per quanto attiene al
giudizio di legittimità, presuppone la formulazione
della richiesta nel giudizio di merito, affinché
essa possa essere riproposta, se rigettata o non
valutata, nel giudizio di cassazione, essendo
l’applicazione d’ufficio di leggi innovative
possibile soltanto ove lo “ius superveniens”
sopravvenga nel corso del processo”;

conf. Cass.

26457/2014). L’applicazione del cumulo giuridico
postula difatti accertamenti di fatto, concernenti
la commissione di violazioni di diverse imposte

13

In ogni caso, restando ferma, secondo la sopra

commesse con unica azione o omissione.
I motivi terzo e quarto del ricorso incidentale
sono assorbiti.
5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso
principale deve essere accolto, respinti i primi
due motivi ed assorbiti i restanti motivi del
ricorso incidentale, e la sentenza impugnata deve
essere cassata, con rinvio ad altra sezione della

giudice del rinvio provvederà anche alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, respinge i
primi due motivi del ricorso incidentale, assorbiti
i restanti motivi del suddetto ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in
punto di spese di legittimità, ad altra Sezione
della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.
Deciso in Roma, il 30/01/2015.

Commissione Tributaria Regionale del Veneto; il

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