Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9949 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9949 Anno 2015
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 17610 – 2008 proposto da:
MARANO ENZO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
PANAMA 74, presso lo studio dell’avvocato GIANNI
EMILIO IACOBELLI, che lo rappresenta e difende giusta
delega a margine;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del

Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 15/05/2015

nonchè contro
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, AGENZIA DELLE ENTRATE
DIREZIONE CENTRALE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI
ROMA 6;
– intimati
60/2007

della COMM.TRIB.REG.

di ROMA, depositata il 15/05/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

30/01/2015

dal Consigliere Dott.

MARIO

CIGNA;

udito per il controricorrente l’Avvocato TIDORE che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per 1’inammissibilità1 in subordine rigetto del
ricorso.

avverso la sentenza n.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Marano Enzo ha impugnato dinanzi alla CTP di Roma l’avviso con il quale l’Ufficio delle II.DD. di Roma
aveva accertato, ai fini IPEF, ILOR e SSN, un maggior reddito imponibile per l’anno 1995.
L’adita CTP ha rigettato il ricorso.
Con sentenza depositata il 15-5-2007 la CTR Lazio ha rigettato l’appello del contribuente; in
mentre il contribuente non aveva fornito alcuna prova certa contraria tale da ridurre il reddito
presunto e consentire la determinazione dell’effettivo reddito conseguito.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato a cinque motivi; ha
resistito l’Agenzia con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo, denunziante “omessa insufficiente o contradditoria motivazione (art. 360 n. 5 cpc):
violazione e falsa applicazione dell’art. 3 e dell’art. 7 della L. 241/90 ed omessa motivazione circa un
punto decisivo della controversia”, si conclude ponendo alla Corte il seguente quesito di diritto:
“l’avviso di accertamento è atto amministrativo e deve contenere la motivazione idonea a giustificarne
i presupposti con la conseguenza che la mancata o insufficiente motivazione costituisce causa di nullità
ed illegittimità del medesimo per violazione degli artt. 3 e 7 della legge 241/90”.
Con secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 cpc per omessa pronuncia sulle
domande proposte dal ricorrente di nullità ed illegittimità dell’atto di accertamento.
Con il terzo motivo, denunziante “violazione e falsa applicazione dell’art. 32 dpr 600/73 e dell’art.
2697 cc (per non avere l’Amministrazione Finanziaria prima e la CTR dopo valutato le risultanze
probatorie a favore del contribuente rilevabili dal supplemento di indagine svolto dalla Procura della
repubblica di Roma e confluite nel processo verbale, accertamenti prodotti in primo grado dal
ricorrente)” nonché “violazione dell’art. 115 e dell’art. 116 cpc” e, infine “insufficiente e contradditoria
motivazione art. 360 comma 5 cpc”, il ricorrente chiede a questa Corte di pronunciarsi sul seguente
“principio di diritto”: “la presunzione di cui all’art. 32, commi 2 e 7, del d.p.r. 600/1973 necessita
comunque di elementi di fatto che siano tali da configurare a carico del contribuente l’illecito
tributario a lui contestato non potendosi, in mancanza di tali elementi, anche parziale, addossare al
medesimo contribuente la prova di fatti inesistenti. Il giudice del merito nell’esame dell’accertamento
deve procedere all’esame di tutti gli allegati al medesimo atto di accertamento, non potendo
presumere a priori la legittimità dell’atto in assenza della documentazione richiamata nel medesimo
avviso di accertamento, con ciò violando il disposto degli articoli 115 e 116 c.p.c. La presunzione
all’art. 32 del d.p.r. 600/1973 richiede l’accertamento secondo il principio di cui all’art. 116 c.p.c.

particolare la CTR ha sostenuto che l’accertamento si fondava su elementi gravi, precisi e concordanti

’ fatti ritenuti oggetto di presunzione con la conseguenza che l’omesso esame e la mancata motivazione
costituisce violazione di tale ultima disposizione”.
..g.
Con il quarto motivo, denunziante “violazione degli art. 16(17 del decreto legislativo 472/1997violazione dell’art. 12 decreto legislativo 472/1997- errata valutazione della prova- violazione dell’art.
116 cpc- insufficiente e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia (mancata
valutazione nella sentenza impugnata delle eccezioni sollevate dalla ricorrente in ordine alle criterio di
quesito di diritto: “nella verifica, se richiesta, della determinazione dell’importo delle sanzioni
applicate in sede di accertamento, il giudice del merito, in caso di modifica della base imponibile
dell’evasione, deve, in applicazione degli art. 16 e 17 del decreto legislativo 472/1997, indicare e
determinare l’importo dovuto a tale titolo, annullando parzialmente l’accertamento impugnato. Nella
determinazione dell’ammontare complessivo delle sanzioni, il giudice del merito deve, se oggetto di
espressa censura, tenere necessariamente conto delle prescrizioni previste dall’art. 12 del decreto
legislativo 417/1997 e vagliarle puntualmente in comparazione alle risultanze di cui all’accertamento
impugnato con la conseguenza che in caso di rideterminazione del valore dell’evasione deve annullare
ti
l’accertamento fissando ove ne ricorrano i presupposti il diverso ammontare delle medesime.
Con il quinto motivo, denunziante “contradditoria motivazione circa un punto decisivo della
li
controversia -violazione dell’art. 101 cpc e dell’art. 115 e 116 cpc -, il ricorrente pone a questa Corte il
seguente quesito di diritto. “il giudice tributario non può statuire su fatti oggetto di contradditorio nei
confronti di un terzo estraneo al processo e nella valutazione della prova che riguarda fatti provenienti
dal terzo deve verificare l’esito degli accertamenti effettuati e la documentazione allegata ai medesimi,
violando la mancanza il disposto degli artt. 101, 115 e 116”.
Detti motivi sono tutti inammissibili per violazione dell’art. 366 bis cpc, ratione temporis vigente; gli
stessi, invero, non si concludono né, per quanto riguarda i dedotti vizi di violazione di legge, con un
idoneo “quesito di diritto” da sottoporre a questa Corte, né, per quanto concerne i vizi motivazionali,
con la chiara indicazione del fatto controverso e con un “momento di sintesi”.
Al riguardo è sufficiente osservare, in ordine alla violazione di legge, che, per costante e condiviso
principio di questa Corte, a norma dell’art. 366 “bis” cod. proc. civ., è inammissibile il motivo di ricorso
per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione, quale quella di specie, di carattere
generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua
riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa
nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o
integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Cass
unite 6420/2008).

determinazione della sanzione amministrativa irrogata”, il ricorrente pone alla Corte il seguente

In ordine poi ai denunciati vizi di motivazione, va rilevato che, per altrettanto costante e condiviso
principio di questa Corte, l’illustrazione di ciascun motivo del ricorso per cassazione deve contenere, a
pena di inammissibilità, sia la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria, sia le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, e cioè un momento di sintesi (omologo
del quesito di diritto), contenente un’indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris
rispetto all’illustrazione del motivo e che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non

anche quando l’indicazione del fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura; nel caso in esame il motivo non contiene la chiara indicazione del fatto controverso e non si
conclude con il necessario “momento di sintesi”.
In particolare, poi, in ordine al secondo ed al quarto motivo, va ribadito che, come è stato più volte
precisato da questa Corte “affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa
pronunzia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano
state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed
inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e,
dall’altro, che tali istanze siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini e non genericamente
ovvero per riassunto del loro contenuto, nel ricorso per cassazione, con l’indicazione specifica, altresì,
dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde
consentire al giudice di verificarne, “in primis”, la ritualità e la tempestività ed, in secondo luogo, la
decisività delle questioni prospettatevi. Ove, quindi, si deduca la violazione, nel giudizio di merito, del
citato art. 112 cod. proc. civ., rieonducibile alla prospettazione di un’ipotesi di “error in procedendo”
per il quale la Corte di cassazione è giudice anche del “fatto processuale”, detto vizio, non essendo
rilevabile d’ufficio, comporta pur sempre che il potere-dovere del giudice di legittimità di esaminare
direttamente gli atti processuali sia condizionato, a pena di inammissibilità, all’adempimento da parte
del ricorrente – per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione che non consente, tra
l’altro, il rinvio “per relationem” agli atti della fase di merito – dell’onere di indicarli compiutamente,
non essendo legittimato il suddetto giudice a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una
verifica degli stessi” (Cass. 15367/2014); siffatta indicazione manca completamente nel secondo
motivo, mentre nel quarto non viene in alcun modo indicato ove, nel corso del giudizio di merito, è
stata richiesta la rideterminazione delle sanzioni.
In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. q. M.

ingenerare incertezze in sede dì formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità; ciò

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/191116
N. 131 TAR. ALI_ R. – N. 3
MATERIA TRIBUTARIA
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 15.000,00, oltre spese prenotate a
debito.

Così deciso in Roma il 30-1-2015.

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