Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9946 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. I, 26/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9946

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16086-2008 proposto da:

T.C. (c.f. (OMISSIS)), T.

C. (c.f. (OMISSIS)), T.G. (c.f.

(OMISSIS)), domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dagli avvocati ABATE ANTONIO, ORSINI MARIA GRECA, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

01/02/2008; n. 404/05 C.C.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 12.07-2005, M.S. adiva la Corte di appello di Salerno chiedendo che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrisponderle l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848. Deceduta la M. il, processo veniva proseguito dai suoi eredi T. C., Co. e G..

Con decreto del 10.05.2007-1.02.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero della Giustizia al pagamento in favore dei T. ed in proporzione alle rispettive quote ereditarie, della complessiva somma attualizzata di Euro 11.000,00, con interessi legali dalla domanda, nonchè al pagamento del 50% delle spese processuali, compensate per la residua parte. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che la M. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo civile inerente alla sopraelevazione di un fabbricato, con richieste di riduzione in pristino e di risarcimento dei danni, da lei introdotto con citazione del 22.11.1994, dinanzi al Pretore di Lamezia Terme, processo nel quale la prima comparizione era avvenuta il 27.11.1974 e che era stato deciso con sentenza n. 25 del 2.12.2003 – 13.01.2004;

– che la durata ragionevole di detto processo, di complessità superiore a quella ordinaria, dipanatosi in numerosissime udienze, con l’acquisizione di documenti, l’espletamento di CTU e lo svolgimento di prova testimoniale, poteva essere fissata in anni 4 e mesi 6, mentre invece dal 27.11.1974 alla data d’inizio del presente giudizio si era protratto per 30 anni e 4 mesi;

– che a carico delle parti doveva essere posto il tempo, pari complessivamente 12 anni e 4 mesi, occupato da (n. 38) rinvii non d’ufficio ma chiesti dalle stesse parti o a cui comunque esse avevano dato causa, non finalizzati al celere procedere del rito, posto anche che il fatto che il giudice li avesse consentiti non poteva essere ritorto a posteriori a carico dell’organizzazione pubblica del servizio;

– che non erano stati allegati nè dimostrati danni patrimoniali;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in anni 13 e mesi 8, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato all’attualità, avuto anche riguardo agli standards sovranazionali (secondo cui la base di partenza doveva essere individuata in importo compreso tra i 1.000,00 ed i 1.500,00 euro ad anno), nella misura di Euro 800,00 ad anno di ritardo, tenuto pure conto della posta in gioco e del fatto che non erano stati evidenziati specifici fattori individualizzanti la condizione afflittiva, sicchè il patema d’animo poteva considerarsi circoscritto.

Avverso questo decreto i T. hanno proposto ricorso per Cassazione, notificato il 23.06.2008. Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso i T. denunciano, con conclusiva formulazione di quesiti di diritto in ossequio al disposto dell’art. 366 bis c.p.c..

1. “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, p.1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ratificata in Italia con L. n. 848 del 1955, con riferimento all’art. 175 c.p.c.; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

2. “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, p.1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ratificata in Italia con L. n. 848 del 1955, con riferimento all’art. 81 disp. att. c.p.c., comma 2; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”;

3. “Violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6, p.1 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, ratificata in Italia con L. n. 848 del 1955, con riferimento ai parametri adottati Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in materia d’indennizzo del danno non patrimoniale; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

4. “Erronea e/o insufficiente motivazione in ordine a un fatto controverso e decisivo della controversia; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

5. “Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Riassuntivamente ed in sintesi i ricorrenti si dolgono, pure per il profilo motivazionale, in primo luogo (motivi primo, secondo e parte del quarto) del fatto che la Corte distrettuale abbia addebitato alle parti e quindi defalcato dal periodo di ritardo indennizzabile anche l’intero arco di tempo delle udienze svoltesi tra il 15.12.1977 e il 11.07.1996, pari a 10 anni e 3 mesi, non considerando sia che esso era decorso pure per negligente avallo (violazione art. 175 c.p.c.) da parte del giudice di congiunte e per 23 volte consecutive richieste di mero rinvio della causa, già affetta da ritardo di definizione, e sia che in ogni caso i concessi rinvii avevano superato il termine di giorni 15 previsto dall’art. 81 disp. att. c.p.c., comma 2; Deducono, inoltre, (motivi terzo e in parte quarto) l’insufficienza dell’indennizzo accordato per il danno non patrimoniale sofferto dalla loro dante causa, che conclusivamente assumono essere a loro dovuto nella misura di Euro 2.000,00 o quanto meno di Euro 1.500,00 per ciascuno degli anni di ritardo. Invocano, infine, (motivo quinto) la riconsiderazione del regime delle spese stabilito nel pregresso grado, una volta accolti i motivi di gravame.

1 primi due motivi del ricorso ed il quarto, nella parte in cui si censurano le argomentazioni inerenti all’espunzione di anni 12 e mesi 4 dal periodo di ritardo indennizzabile sono fondati.

In tema di ragionevole durata del processo, i rinvii dovuti ad espresse richieste della parte ricorrente o dei suoi difensori, o da costoro accettati espressamente o non contestati, costituiscono circostanze di fatto la cui valutazione è rimessa al giudice di merito. Tale valutazione non si risolve in un mero computo aritmetico, ma implica un giudizio, nell’ambito del quale detti rinvii, pur dovendo in linea di massima essere attribuiti esclusivamente a comportamenti delle parti, possono essere imputati in parte anche all’apparato giudiziario, quando risultino violati i termini ordinatori dei rinvii di cui alle norme di rito, in genere ritenuti irrilevanti ai fini del computo nella durata ragionevole del processo (cfr. Cass. 200518589; 200624357). L’imputabilità alle parti di uno o più rinvii della causa non basta ad escludere l’indennizzabilità, a norma della legge n. 89 del 2001, del conseguente ritardo nella definizione del processo laddove – e nella misura in cui – alla non ragionevole durata del giudizio abbia concorso anche l’eccessiva dilazione di tempo tra l’una e l’altra udienza, dovuta a ragioni organizzative riferibili all’amministrazione giudiziaria (cfr. Cass. 200406856; 200504298;

200518924; 200619943; 200800009). Nella specie la Corte territoriale ha espunto l’intero arco temporale di anni 12 e mesi 4 perchè esso era occorso per rinvii chiesti dalle stesse parti o a cui comunque esse avevano dato causa e perchè il fatto che il giudice li avesse consentiti non poteva essere ritorto a posteriori a carico dell’organizzazione pubblica del servizio. Si tratta di ragioni generiche, sommarie, obiettivamente insufficienti ed inadeguate, sul piano logico, a suffragare il convincimento espresso sul punto, e, comunque, prive di una più specifica considerazione circa il numero, la provenienza e l’incidenza reali (anche in esito all’eventuale concorso del comportamento tenuto dall’autorità procedente) delle domande di rinvio, come tali affette anche dai denunciati vizi motivazionali, che appaiono tanto più apprezzabili in relazione alla prospettazione di cui al ricorso, in cui è stato analiticamente illustrato (pagine da 2 a 8) l’intero corso del giudizio, vuoi precisando le attività processuali compiute e, segnatamente, i rinvii delle udienze, vuoi indicando altresì l’origine (ovvero la causa) di ciascuno di detti rinvii, nonchè quanta parte di ogni corrispondente allungamento del processo possa imputarsi ai contendenti e quanta parte, invece, possa riferirsi all’ufficio giudiziario adito.

Conclusivamente, devono essere accolti il primo, il secondo e parte del quarto motivo di ricorso, con assorbimento delle ulteriori censure inerenti alla quantificazione della riparazione ed al regime delle spese processuali, di cui al terzo, a parte del quarto ed al quinto motivo del ricorso, e conseguentemente cassato l’impugnato decreto, con rinvio alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione, cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi del ricorso nonchè il quarto motivo nei limiti di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

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