Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9946 del 15/05/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 9946 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA
sul ricorso 27060-2010 proposto da:
IMMOBILIARE CHIANTIPRESENTA SRL in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato,
in ROMA PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio
dell’avvocato LUIGI SPAZIANI, rappresentata, e difeso,
dagli avvocati ANTONIO COTTINI, SILVIA ZAZZERI giusta
delega in calce;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato, in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 15/05/2015

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controrícorrente nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI
FIRENZE;

avverso la sentenza n. 119/2009 della COMM.TRIB.REG.
di FIRENZE, depositata 1’11/11/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito per il ricorrente l’Avvocato RESTIVO delega
Avvocato COTTINI che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARCHINI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– intimatct –

RITENUTO IN FATTO
L’Ufficio Iva di Firenze rettificava la dichiarazione Iva relativa all’anno 1989
della società “Immobiliare Chiantipresenta s.r.l.”, ritenendo indebita la
detrazione del credito di £ 74.979.000, originato dalla compravendita di terreni
agricoli e fabbricati rurali di pertinenza, da ritenersi fuori campo Iva, ex art. 2,
comma 3, lett. c), D.P.R. n. 633/72, ed assoggettabili ad imposta di registro.
Con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, la società
eccepiva che i beni, benché iscritti al catasto terreni, erano da ritenersi fabbricati

Area Senese” aveva rilasciato parere favorevole Okk alla loro deruralizzazione.
L’appello proposto dall’amministrazione finanziaria contro la sentenza di
primo grado, che aveva accolto il ricorso della contribuente, veniva dichiarato
inammissibile dalla Commissione tributaria regionale della Toscana, per
illeggibilità della firma apposta sull’autorizzazione ex art. 52, D.Lgs. n. 546/92.
La decisione veniva riformata da questa Corte, con sentenza n. 8846 del 7
aprile 2008, ed il giudice del rinvio accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate,
ritenendo decisiva la natura rurale degli immobili ceduti, come tali non soggetti
ad Iva, restando ininfluente il fatto che alla data della cessione (28.9.1989) fosse
stata avviata la procedura di deruralizzazione, conclusasi con il rilascio di
concessione edilizia solo in data 18.9.1991.
Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Toscana n. 119/30/09, la società contribuente ha proposto ricorso affidato a due
motivi, cui l’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, la società “Immobiliare Chiantipresenta
s.r.l.” censura la sentenza impugnata deducendo la «violazione e falsa
applicazione dell’art. 2 comma 3, lett. c) DPR 633/72, anche in relazione al
combinato disposto degli artt. 2 paragrafo 1 e 4 paragrafo 3 della sesta direttiva
n. 77/388/CEE, per avere erroneamente assimilato la vendita di un complesso di
fabbricati alla vendita di un terreno, in relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c.».
2. Con il secondo mezzo lamenta altresì la «violazione e falsa applicazione
dell’art. 19 DPR 633/72, anche in relazione all’art. 18 paragrafo 1 lett. a) e d)
della sesta direttiva n. 77/388/CEE, per avere contestato il diritto del
contribuente alla detrazione dell’IVA regolarmente indicata in fattura di vendita
ed assolta, in relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c., posto che, in forza del principio di
neutralità fiscale, la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto a monte deve
essere accordata se gli obblighi sostanziali sono soddisfatti».
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile, per difetto di autosufficienza.

ud. 9 dicembre 2014

27060/10 R.G.

urbani, e quindi soggetti ad Iva, tanto che la “Associazione Intercomunale 30

3.1. Con esso la società ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe
ritenuto la ruralità dei beni sulla base del mero dato formale della loro iscrizione
al Catasto Terreni, “tralasciando di considerare due aspetti fondamentali della
vicenda e cioè sia la natura effettiva dei fabbricati detti, sia la loro consistenza
ed estensione in rapporto al terreno circostante”.
3.2. A tal fine, dopo aver premesso, in linea generale, che l’art. 2, comma 3,
lett. c), del d.P.R. n. 633/72, non considera cessione di beni, a fini Iva, quella
che abbia “per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria a

vigore del D.L. n. 557/93, la ruralità di un fabbricato “non poteva che essere
riconosciuta in base a criteri di effettività della destinazione dei beni medesimi, a
prescindere dalla formale categoria di appartenenza”, con riguardo all’effettivo
asservimento dei fabbricati ai terreni sui quali insistono, nonché alle destinazioni
di cui all’art. 39, d.P.R. n. 917/86 – a) abitazione delle persone addette alla
coltivazione della terra, alla custodia dei fondi, del bestiame e degli edifici rurali
e alla vigilanza dei lavoratori agricoli; b) ricovero degli animali; c) custodia delle
macchine, attrezzi e scorte; d) protezione di piante, conservazione dei prodotti
agricoli ecc. – (pag. 7 del ricorso), parte ricorrente deduce che

“dagli atti

acquisiti nei pregressi gradi del giudizio risulta che gli immobili non avevano, al
momento della cessione, alcuna delle destinazioni suddette, erano dunque privi
dei requisiti di ruralità e non potevano in nessun caso essere assimilati a terreni”
(pag. 8 del ricorso), senza però indicare né specificare il contenuto dei suddetti
atti (salvo il riferimento alla dichiarazione del sig. Pratesi, contenuta nell’atto di
compravendita del 30.12.1988, di aver presentato domanda di deruralizzazione
e di aver ottenuto, nella stessa data del 30.12.1988, la deliberazione del parere
favorevole della “Associazione Intercomunale 30 Area Senese”), dai quali
dovrebbe ricavarsi la effettiva non ruralità dei fabbricati in questione.
3.3. Analogamente, dopo aver dedotto che le condizioni di ruralità non
sarebbero state soddisfatte nemmeno ai sensi della disciplina introdotta dal D.L.
n. 557/93 – il cui art. 9 la riconosce a fini fiscali subordinatamente alla
“sussistenza di una serie di condizioni oggettive ed effettive”, tra le quali la
“estensione minima del fondo cui il fabbricato è asservito”, pari a mq. 10.000 per
ciascun fabbricato asservito al fondo – parte ricorrente aggiunge (pag. 11 del
ricorso) che “risulta dagli atti che del primo complesso in località Le Piazze
facevano parte tre fabbricati (uno principale e due edifici ulteriori), mentre del
secondo complesso in località Fornace facevano parte un fabbricato principale ed
un altro edificio accessorio”, e che “il terreno ceduto con i due complessi risulta
avere avuto superficie pari a circa 1,5 ha a fronte della contemporanea cessione

ud. 9 dicembre 2014

1

1/09 R.G.

norma delle vigenti disposizioni” (pag. 6 del ricorso) e che, prima dell’entrata in

di n. 5 fabbricati con minima superficie strumentale ed ampia superficie
abitativa”, senza tuttavia indicare gli atti dai quali risulterebbero tali circostanze.
3.4. Peraltro, la sentenza impugnata dichiara espressamente irrilevante
l’avvio della procedura di deruralizzazione, con l’acquisizione del parere
favorevole dell’Associazione Intercomunale dell’Area Senese, dovendo ai fini
impositivi accertarsi la natura dei beni al momento della compravendita, a
prescindere dalle eventuali “procedure in corso, ancorché correttamente
avviate”. In effetti, è la stessa ricorrente a dare atto che solo in data 18.9.1991

(dunque oltre un anno dopo la compravendita). Al riguardo, questa Corte ha
anche avuto occasione di sostenere, sia pure ad altri fini, la prevalenza delle
risultanze catastali rispetto alle potenzialità edificatorie di fatto o alle intenzioni
delle parti contraenti (v. Cass. n. 15631/2014 e n. 4150/2014, nel senso che
l’amministrazione non può qualificare come cessione di area fabbricabile la
cessione di una casa di civile abitazione, ovvero di un capannone, con relative
pertinenze, come tali censiti al catasto, a nulla rilevando che l’immobile sorga su
un terreno con ulteriore potenzialità edificatoria, o che in base alle intenzioni
delle parti esso sia destinato alla demolizione; cfr. Cass. n. 20161/2014 e n.
15321/2013).
4. Il secondo motivo è infondato.
4.1. Con esso la ricorrente deduce che, anche nella denegata ipotesi in cui si
ritenesse l’operazione soggetta ad Iva, spetterebbe comunque al contribuente il
diritto alla detrazione Iva erroneamente addebitata in rivalsa.
4.2. Al contrario, per consolidato orientamento di questa Corte (ex multis,
Cass. s.u. n. 10136/2009; Cass. n. 20700/2014, n. 17299/2014, n. 15178/2014,
n. 20977/2013, n. 13314/2013, n. 13313/2013, n. 17969/2013, n. 12146/2009,
n. 4419/2003, n. 8959/2003, n. 11110/2003, n. 8959/2003, n. 12756/2002, n.
8786/2001, n. 5733/1998, n. 7602/1993), fondato su conforme giurisprudenza
eurounitaria (Corte Giustiza UE, 13 dicembre 1989, causa C-342/87, Genius
Holding, p.to 13; 19 settembre 2000, causa C-454/98, Schmeink &amp, Cofreth
AG &amp, Co. KG, Cofreth e Strobel, p.to 53; 6 novembre 2003, cause riunite
C-78/02 C-80/02, Karageorgou e altri, p.to 50; 15 marzo 2007, causa C35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken GmbH, p.to 23; 31 gennaio 2013, causa
C-643/11, LVK – 56 EOOD, p.to 34), si ritiene che in tema di IVA – ai sensi del
D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ed in conformità all’art. 17 della sesta direttiva
del Consiglio CEE, 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE, nonché agli artt. 167 e 63
della successiva direttiva 2006/112 – la detrazione dell’imposta pagata “a monte”
per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi
necessari all’impresa, non è ammessa in ogni caso, purchè le suddette
ud. 9 dicembre 2014

14 1/09 R.G.

è stata ottenuta la concessione edilizia, su domanda depositata il 3.10.1990

operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, ma è invece
indispensabile che esse siano effettivamente assoggettabili all’IVA, nella misura
dovuta. Pertanto, ove l’operazione sia stata solo erroneamente assoggettata
all’IVA, restano privi di fondamento sia il pagamento dell’imposta da parte del
cedente, sia la rivalsa da costui effettuata nei confronti del cessionario, sia la
detrazione da quest’ultimo operata nella sua dichiarazione IVA, con la
conseguenza che il cedente ha diritto di chiedere all’amministrazione il rimborso
dell’IVA, il cessionario ha diritto di chiedere al cedente la restituzione dell’IVA

detrazione dell’IVA pagata in rivalsa dalla dichiarazione IVA presentata dal
cessionario. Per quanto qui rileva, quindi, l’esercizio del diritto di detrazione è
limitato alle imposte dovute, per tali intendendosi quelle corrispondenti ad
un’operazione soggetta all’IVA o versate in quanto effettivamente dovute.
4.3. La stessa Corte europea ha precisato che, in via di principio, il rischio
di perdita di gettito fiscale non è eliminato completamente finchè il destinatario
di una fattura che indica un’IVA non dovuta possa utilizzarla ai fini dell’esercizio
del diritto alla detrazione previsto dagli artt. 167 ss. della direttiva 2006/112,
sicchè l’obbligo stabilito dal successivo art. 203 mira proprio ad eliminare quel
rischio. Inoltre, il meccanismo delle rivalse sopra descritto – che legittima il
cedente a chiedere allo Stato il rimborso dell’IVA in eccedenza, ed il cessionario
a chiedere analogo rimborso nei confronti del cedente – è proprio finalizzato a
scongiurare sia un indebito arricchimento dell’erario, sia la violazione del
principio di neutralità, consustanziale al regime dell’IVA (cfr. Corte giustizia 5
marzo 2007, cit., per cui i principi di neutralità, effettività e non discriminazione
non ostano ad una legislazione nazionale, quale quella italiana, in base alla quale
soltanto il prestatore di servizi è legittimato a chiedere il rimborso delle somme
indebitamente versate alle autorità tributarie a titolo di IVA, mentre il
destinatario dei servizi può esercitare un’azione civilistica di ripetizione
dell’indebito nei confronti del prestatore).
5. In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente
alla rifusione delle spese del giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in € 5.500,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 dicembre 2014.

versata in via di rivalsa, e l’amministrazione ha il potere-dovere di escludere la

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA